Photo by Steve Harvey on Unsplash 

inclusività sonica

Se i cavi audio non rispettano il pol. corr.

Nicola Contarini

Un blog di ingegneria del suono al femminile accoglie con favore la notizia: chiamare "maschio e femmina" il jack e la sua entrata non va più bene. Ma il richiamo al sesso resta archetipico

Maschio e femmina: chi maneggia cavi audio sa cosa significano. Dagli inestricabili grovigli di jack sui palchi dei concerti al cavetto aux per collegare il telefono in macchina – per i refrattari al bluetooth. Il motivo per chiamare così il cavo in entrata e la sua controparte dove infilarlo è di facile comprensione, e non serve scomodare Freud per riconoscere una volta di più che tutto gira intorno al sesso.

  

Ma il peso delle parole aumenta sempre di più mano a mano che il legame con le cose che indicano si fa sempre più volatile. E così, ai tempi dell'inclusivity come potevano non suscitare alzate di sopracciglia i termini maschio e femmina applicati ai cavi? La Pama, Professional Audio Manufacturers Alliance, un’associazione americana che aggrega produttori di materiale audio, avrebbe distribuito un questionario alle compagnie che ne fanno parte. Obiettivo: raccogliere un feedback a proposito di questo linguaggio “problematico”. 

 

Troppo assurdo per essere vero? La notizia è stata data, tra gli altri, da Musicradar, attendibile sito di informazione musicale di proprietà del grande editore britannico  Future plc. Ma quel che qui importa ancor di più è che l'articolo sia stato accolto con favore e rilanciato sui propri canali social da SoundGirls.org, un gruppo a supporto delle donne che lavorano in ambito musicale. C’è un post su Twitter e Karrie Keyes, direttrice esecutiva dell’associazione nonché monitor engineer dei Pearl Jam per 25 anni, ha commentato: “Brava Pama che cerca di introdurre un linguaggio neutro nell’industria audio. È un’enorme impresa ma bisogna continuare a lavorare per portare cambiamenti significativi in questo settore”.

 

Insomma, male/female è una nomenclatura scomoda: perché non sostituirla con un più neutro plug/socket? Ma proprio “Plug In Baby” cantavano i Muse, con tanto di video tutto giocato sul doppio senso che il jack audio sembra comunque ispirare. 

 

 

Ad aprile un noto forum dedicato ai prodotti e alle attività del settore di ingegneria del suono ha cambiato nome in seguito a una petizione degli utenti: Gearslutz – le “puttane” dell’equipaggiamento audio – è diventato Gearspace.com. Motivo: serviva qualcosa di più “inclusivo”. 

 

E in ambito informatico, legato a doppio filo con l’ingegneria audio, esiste (ancora non per molto) una terminologia da far rizzare i capelli ai paladini del linguaggio neutro: master/slave – padrone/schiavo – per indicare una particolare architettura di rapporto tra hardware in cui uno ha il controllo dell’altro. Le più importanti realtà in ambito IT, da Google ad Android, si stanno attivando per una modifica. Linus Torvalds, primo programmatore di Linux, ha indicato delle linee guida per la sostituzione dei termini con altri come primary/secondary. Del resto, chi ricorda Hegel, saprà che il servo e il padrone non fanno una bella fine.