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L'antirazzismo isterico che ha provato a censurare le foto di Gian Butturini

Valeria Sforzini

Il suo libro al macero per uno scatto che ritraeva una donna e un gorilla in due gabbie. Ora una campagna prova a riabilitare la sua arte. Ferdinando Scianna: “Il 2020 è un’epoca di streghe”

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Nel '68 guidava una Harley-Davidson rosa shocking, faceva entrare gli amici nel suo studio dalla porta sul retro perché l’ingresso era sorvegliato dai fascisti e li abbonava di nascosto al Manifesto con degli stratagemmi. Gian Butturini ha dedicato la sua vita a raccontare il mondo degli ultimi: dalle morti bianche, a Cuba, agli anni trascorsi insieme a Basaglia a scattare i manicomi del Friuli. La lista dei suoi reportage di denuncia arriva fino al Messico, passando per l’Eritrea e l’India e non solo. Butturini poteva essere definito una persona limpida: era difficile fraintendere le sue posizioni. Questo finché il suo primo libro, London by Gian Butturini”, quello che ha segnato il suo passaggio dal design alla fotografia, non è stato accusato di contenere un’immagine razzista: una donna di colore in un gabbiotto che distribuiva i biglietti della metropolitana accostata a quella del più celebre gorilla dello zoo londinese. La miccia che ha portato il libro a essere ritirato dal mercato e destinato al macero, e Butturini a essere cancellato senza rinvio a giudizio, senza potersi difendere.

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Nel '68 guidava una Harley-Davidson rosa shocking, faceva entrare gli amici nel suo studio dalla porta sul retro perché l’ingresso era sorvegliato dai fascisti e li abbonava di nascosto al Manifesto con degli stratagemmi. Gian Butturini ha dedicato la sua vita a raccontare il mondo degli ultimi: dalle morti bianche, a Cuba, agli anni trascorsi insieme a Basaglia a scattare i manicomi del Friuli. La lista dei suoi reportage di denuncia arriva fino al Messico, passando per l’Eritrea e l’India e non solo. Butturini poteva essere definito una persona limpida: era difficile fraintendere le sue posizioni. Questo finché il suo primo libro, London by Gian Butturini”, quello che ha segnato il suo passaggio dal design alla fotografia, non è stato accusato di contenere un’immagine razzista: una donna di colore in un gabbiotto che distribuiva i biglietti della metropolitana accostata a quella del più celebre gorilla dello zoo londinese. La miccia che ha portato il libro a essere ritirato dal mercato e destinato al macero, e Butturini a essere cancellato senza rinvio a giudizio, senza potersi difendere.

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Lo aveva realizzato nel 1969, quando aveva 35 anni e si trovava a Londra per lavoro. Girava per le strade con la sua Nikon e documentava una realtà lontana da quella fatta di libertà e minigonne che si leggeva nelle riviste. La sua formazione da pubblicitario si intuisce dalla struttura del libro, dove immagini che raccontano due mondi diversi vengono giustapposte per creare una narrazione. “Europe Europe” di Allen Ginsberg, riportata accanto ad alcuni degli scatti, racconta l’isolamento e la solitudine che le persone ai margini vivevano nella città. Il libro è riemerso dal silenzio dopo quasi cinquant’anni grazie alla decisione del fotografo dell’agenzia Magnum Martin Parr di curare una sua riedizione, pubblicata nel 2017. Nel 2019 è iniziata la gogna mediatica nei suoi confronti, quando una studentessa inglese di Antropologia è rimasta “totalmente disgustata e offesa” dalle due immagini contrapposte nel libro. Quello che per Butturini era il racconto di due gabbie, una sociale e una fisica, e della diversa reazione dei due segregati alla loro condizione, per la studentessa era invece la più becera delle metafore razziste. A quel punto è partita la macchina della cancel culture: Parr, a sua volta vittima di boicottaggio, si è dimesso dal ruolo di direttore artistico del Bristol Photo Festival e si è scusato pubblicamente, mentre l’editore ha ritirato il libro, destinando tutte le copie al macero.

   

“Non ci potevamo credere – spiega Tiziano Butturini, figlio del fotografo – ci sembrava che avessero sbagliato indirizzo”. I due figli di Butturini, Tiziano e Marta, hanno quindi deciso di lanciare la campagna “Save the book ‘London’ by Gian Butturini”: aggrappandosi a una clausola del contratto sono riusciti a ottenere che l’editore non distruggesse tutti i libri, ma li restituisse a loro. “Non ce n’eravamo praticamente accorti – continua – ma in Inghilterra stava succedendo il putiferio”. Marta e Tiziano Butturini stanno ancora cercando di ottenere la restituzione di tutte le copie rimanenti del libro, circa duemila, la maggior parte delle quali si trovavano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. “Una volta rientrati in possesso delle copie inglesi abbiamo deciso di regalarle – spiega Marta Butturini – In cambio chiediamo una donazione per poter pagare le spese di restituzione, anche di quelle americane”. Per mantenere in vita il libro e mostrarlo, malgrado l’operazione di censura lanciata nei suoi confronti, a Milano, allo spazio d’arte Scoglio di Quarto e online, ha inaugurato la mostra dedicata a “London”, visibile fino al 23 dicembre, curata da Gigliola Foschi: “Una risposta alla violenza subita dall’autore”.

   

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Come diceva Flaiano, adesso anche gli imbecilli hanno delle idee. E non solo hanno delle idee, ma hanno anche degli strumenti per propagarle. La cosa terribile è che questo clima fa sì che gli altri si autocensurino – spiega il fotografo Ferdinando Scianna, che il 18 dicembre parteciperà a uno degli eventi organizzati dall’associazione Gian Butturini per la campagna ‘Save the book’ – L’accusa in sé è assolutamente risibile e non andrebbe presa nemmeno in considerazione”. Scianna, 78 anni, uno dei più celebri fotografi italiani ha conosciuto Butturini verso la fine della sua carriera. “Il 2020 è un’epoca di streghe, hanno persino dipinto di giallo la statua di Voltaire che ci ha insegnato la libertà e la laicità. Butturini era un fotografo impegnato nel raccontare il male della società, ma basta un isterico a decidere che una persona perbene è stato uno schifoso razzista e bisogna ritirare il suo libro”.

 

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