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Il ballo del tampone

Maria Carla Sicilia

I nuovi untori sono i “discotecari”. “Contro di noi un accanimento senza senso”, dicono al Foglio

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Roma. Con la curva dei contagi in risalita e alcuni focolai legati a serate in discoteca, il mondo dell’intrattenimento in questi giorni è un sorvegliato speciale. Gli assembramenti nei locali da ballo sembrano un paradosso, se si pensa che per concerti e musica dal vivo le regole in confronto sono molto più rigorose. Eppure si è creata una zona grigia che li ha resi possibili. Finora i decreti Conte hanno lasciato alle regioni la responsabilità di decidere se consentire la riapertura delle discoteche, almeno di quelle che possono garantire uno spazio all’aperto. E’ bastato scrivere delle linee guida sui comportamenti da seguire, sorvolando sul fatto che il distanziamento sociale è quanto di meno praticabile su una pista da ballo, e da fine giugno si è alzato il sipario sulla movida di questa singolare estate. Non c’è da stupirsi allora se, dopo essersi spesi per ottenere il via libera, molti imprenditori del settore hanno ricominciato a lavorare, anche in funzione della stagione turistica. Senza discoteche e locali, perderebbero di fascino diverse località estive prese d’assalto proprio per questo tipo di offerta, un po’ come dire “vieni a ballare in Puglia, ma quest’anno non mettiamo musica”.

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Roma. Con la curva dei contagi in risalita e alcuni focolai legati a serate in discoteca, il mondo dell’intrattenimento in questi giorni è un sorvegliato speciale. Gli assembramenti nei locali da ballo sembrano un paradosso, se si pensa che per concerti e musica dal vivo le regole in confronto sono molto più rigorose. Eppure si è creata una zona grigia che li ha resi possibili. Finora i decreti Conte hanno lasciato alle regioni la responsabilità di decidere se consentire la riapertura delle discoteche, almeno di quelle che possono garantire uno spazio all’aperto. E’ bastato scrivere delle linee guida sui comportamenti da seguire, sorvolando sul fatto che il distanziamento sociale è quanto di meno praticabile su una pista da ballo, e da fine giugno si è alzato il sipario sulla movida di questa singolare estate. Non c’è da stupirsi allora se, dopo essersi spesi per ottenere il via libera, molti imprenditori del settore hanno ricominciato a lavorare, anche in funzione della stagione turistica. Senza discoteche e locali, perderebbero di fascino diverse località estive prese d’assalto proprio per questo tipo di offerta, un po’ come dire “vieni a ballare in Puglia, ma quest’anno non mettiamo musica”.

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I “discotecari”, mossi dalle loro buone ragioni, non ci stanno a passare da untori e prendersi la colpa. “C’è un accanimento nei confronti delle discoteche. Gli assembramenti sono un po’ dappertutto, anche peggiori di quelli sulle piste da ballo. Penso agli stabilimenti balneari”, dice al Foglio Maurizio Pasca, proprietario di una discoteca in Salento e presidente nazionale della Silb-Fipe, associazione che riunisce le imprese del settore. “Governo e regioni si rimpallano le responsabilità. Il primo ci vuole chiusi, le seconde aperte, ma con condizioni impossibili da rispettare al 100 per cento. Indossare la mascherina è responsabilità individuale. Il nostro pubblico è giovanissimo, hanno 15, massimo 19 anni, in molti casi se ne fregano di quello che gli diciamo, non siamo mica forze dell’ordine”. E in effetti anche il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha notato che fare i controlli non è affatto semplice e ha espresso alcuni dubbi, spiegando che “il controllo massivo nelle discoteche porterebbe degli effetti devastanti” e che “non ha senso militarizzare la movida”. 

 

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Come si fa dunque a garantire l’ordine e la possibilità di divertirsi nell’estate della pandemia? Si chiude dopo Ferragosto, come ha detto ieri il ministro Francesco Boccia? “Se chiudono le discoteche devono chiudere anche gli stabilimenti balneari, i disco bar e tutti i luoghi che fanno intrattenimento dove ci sono assembramenti. Ma poi – provoca Pasca – se chiudiamo noi, dove vanno le migliaia di giovani che frequentano le discoteche? Se chi governa pensa che vadano a casa a dormire sbaglia. Andranno a cercarsi il loro divertimento in luoghi abusivi e non controllabili”. Perché almeno in discoteca un tracciamento si può fare, e una volta segnalato un caso positivo la Asl si attiva e propone il tampone a tutti quelli venuti in contatto con il locale, come è successo in Sardegna e Toscana nelle scorse settimane.

 

Oltre al tema sanitario, chiudere o meno significa anche tenere conto delle conseguenze economiche. Per tenersi pronto al peggio, il ministro Stefano Patuanelli ha già incontrato virtualmente la Silb-Fipe: sul tavolo proiezioni e volume di affari di un settore che in caso di chiusura rischia il fallimento e che in tempi pre Covid fatturava 4 miliardi all’anno, dando lavoro a 90 mila persone. “E’ un settore al collasso. Non abbiamo avuto accesso a nessun contributo – continua Pasca – il 70 per cento delle discoteche è chiuso da fine febbraio e senza un intervento dedicato ipotizzo che falliranno”. Un assaggio di quello che potrebbe succedere lo si sta vedendo in queste ore in Calabria, dove giovedì tutte le discoteche sono state chiuse. “I colleghi calabresi stanno piangendo, sono sul lastrico. Chiudere all’improvviso ha delle conseguenze, non può ricadere tutto sulle spalle dei gestori”.

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In Puglia la situazione sembra invece reggersi su un equilibrio precario. Con il Salento sold out nella settimana di Ferragosto, le discoteche lavorano e a pieno regime, ma preoccupa l’ultima ordinanza di Michele Emiliano. “Sono misure troppo severe, se inaspriscono i controlli in molti chiuderanno”, dice Pasca. Eppure finora non sembrano esserci stati casi di coronavirus legati alla movida. “La discoteca Praja, a Gallipoli, ha fatto 100 mila presenze dal 18 giugno a oggi e nemmeno un contagio. La verità è che siamo il caprio espiatorio di questa estate”. Un po’ come i runner a primavera, ogni stagione insomma ha il suo untore.

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