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La traccia del male

Giacomo Papi

Dare al presente il potere di scegliersi il passato che vuole significa eliminare la memoria delle tragedie su cui siamo seduti

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I Washington Redskins, una delle squadre storiche del football americano, potrebbero cambiare nome per non offendere i “pellerossa” e accontentare gli sponsor (tra i quali peraltro non risultano nativi americani, ma FedEx, sostenuta da Nike). E’ come se il Cagliari si facesse ridisegnare il logo con i quattro mori bendati dalla United Colors of Benetton, i Chicago Bulls si ribattezzassero Chicago Bovines per evitare discriminazioni di genere e la Juventus diventasse Juventus et Senectus, per non offendere gli anziani. In realtà, la questione è più seria. Il qualunquista che è in me, e in tutti voi, tende a ignorare la forza culturale dei simboli e le sottigliezze politiche del linguaggio. Il fatto è che in tempi normali i vivi lottano per migliorare il futuro, non per abbellire il passato. Dal nome dei Washington Redskins alla cancellazione di “Via col vento” dal catalogo Hbo, dal restyling delle confezioni del riso Uncle Ben’s e dello sciroppo d’acero Antie Jemina, fino alla statua di Montanelli – è sempre più chiaro che lo scontro politico si gioca in gran parte sul terreno della storia.

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I Washington Redskins, una delle squadre storiche del football americano, potrebbero cambiare nome per non offendere i “pellerossa” e accontentare gli sponsor (tra i quali peraltro non risultano nativi americani, ma FedEx, sostenuta da Nike). E’ come se il Cagliari si facesse ridisegnare il logo con i quattro mori bendati dalla United Colors of Benetton, i Chicago Bulls si ribattezzassero Chicago Bovines per evitare discriminazioni di genere e la Juventus diventasse Juventus et Senectus, per non offendere gli anziani. In realtà, la questione è più seria. Il qualunquista che è in me, e in tutti voi, tende a ignorare la forza culturale dei simboli e le sottigliezze politiche del linguaggio. Il fatto è che in tempi normali i vivi lottano per migliorare il futuro, non per abbellire il passato. Dal nome dei Washington Redskins alla cancellazione di “Via col vento” dal catalogo Hbo, dal restyling delle confezioni del riso Uncle Ben’s e dello sciroppo d’acero Antie Jemina, fino alla statua di Montanelli – è sempre più chiaro che lo scontro politico si gioca in gran parte sul terreno della storia.

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Per gli aymara, un milione e mezzo di persone disperse tra Cile, Argentina, Bolivia e Perù, il futuro sta dietro le spalle. Per riferirsi al passato, invece, indicano davanti a sé. E’ uno schema logico – vediamo quello che è stato, ci è ignoto quel che accadrà – di cui in occidente è rimasta traccia non soltanto nell’Angelus Novus di Walter Benjamin che, trascinato nel futuro da una tempesta che gli si è “impigliata nelle ali”, ha il viso rivolto verso “il cumulo delle rovine” del passato che “sale davanti a lui al cielo”. Ma anche, più banalmente, nell’uso di suffissi come ante e post che indicano davanti in senso spaziale, ma dietro in termini temporali: il sedile anteriore sta davanti, gli antenati dietro, i posteri davanti, il posteriore di dietro. L’impressione è che in politica stiamo diventando tutti un po’ aymara, perché il futuro non c’è, o almeno non appare, e il passato sembra diventato l’unica dimensione visibile, l’unico tempo che ci sia dato cambiare.

 

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Da anni si fa un gran parlare dell’importanza della memoria. Il problema è che ripulire la memoria, anche per gli scopi più nobili, rischia di trasformarla in oblio. Il male deve rimanere incrostato nel paesaggio, nelle strade, nei nomi delle cose, perché la storia non diventi un luogo asettico e pacificato. Quando i Washington non saranno più “redskins”, nessun bambino potrà più chiedere al padre perché la squadra si chiama così. Del razzismo endemico su cui, in parte, siamo costruiti, non rimarrà più alcuna traccia. Un presente istantaneo, creato da fiammate intermittenti di indignazione, si sente in diritto, e anche in dovere, di condannare o assolvere un passato sterminato. Ma dura così poco, questo presente, che i suoi decreti verranno immediatamente inghiottiti dall’incalzare di altre incazzature, trasformandosi a loro volta in passato. Ed essere dimenticati.

 

Oggi, dal suo parco di Milano, la statua di Indro Montanelli osserva indisturbata – e transennata – proprietari di cani, mamme con carrozzina, senzatetto addormentati sulle panchine, come se niente fosse accaduto. Lo scontro tra contestualizzatori – tra cui Marco Travaglio, che ha cercato di attutire la colpa puntualizzando che la bambina etiope abusata non avrebbe avuto 12 anni, ma 14 – e condannatori ha avuto il merito di sollevare un pensiero, ma il demerito di lavarsene subito la coscienza attribuendolo al comportamento di un singolo. L’orrore di quella vicenda, invece, è la sua normalità, l’essere inscritta nella cultura maschilista e razzista da cui tutti veniamo. Rimuovere la statua o dare un altro nome al Parco laverebbe via anche il senso di vergogna che dovrebbe riguardare chiunque. Felice è il paese che non ha bisogno di statue, ma visto che le statue ci sono mi pare giusto e democratico che qualcuno possa imbrattarle, che possa scrivere sul piedestallo “razzista stupratore” o mettere in braccio al giornalista la bambola di una bambina africana, come ha fatto un’artista un paio di settimane fa. Scrivere è democratico, cancellare autoritario (per questo mi è sembrato coerente che il compito di ripulire le scritte sia stato affidato ai giovani arditini di Fratelli d’Italia).

 

Per fare cambiare il mondo bisogna avere l’ambizione di inaugurare un tempo futuro. Per questo Cesare Augusto diede il suo nome al mese di agosto e decretò che fosse vacanza, per questo la chiesa piazzò un santo su ogni santo giorno dell’anno, per questo la Rivoluzione francese ribattezzò i mesi del calendario – qualcuno ricorda il 18 brumaio? Impossessarsi del tempo dei vivi è più importante che giudicare quello dei morti. Cambiare la memoria è una conseguenza, non una premessa di questa conquista. Dare al presente il potere di scegliersi il passato che preferisce significa eliminarne la memoria delle tragedie su cui siamo seduti. Significa mettersi, sempre, dalla parte degli innocenti, dove per metodo non si può stare. Significa assegnare alla cronaca il potere di sbiancare la storia.

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