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Mettere in quarantena l'èra dell'irresponsabilità

Claudio Cerasa

La responsabilità individuale imposta dal vairus è il nuovo zeitgeist e implica una rivoluzione che va oltre la politica

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La decisione del governo di chiudere le scuole anche nelle zone del paese che si trovano distanti dalle cosiddette aree particolarmente a rischio è il primo provvedimento in qualche modo coatto, che crea cioè una costrizione formale, adottato da parte dell’esecutivo italiano. Nella serata di ieri, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha poi ultimato il dpcm contenente alcune misure urgenti per provare a far fronte all’epidemia virale che sta infettando parte dell’Italia – secondo i dati ufficiali della Protezione civile, i contagiati sono arrivati a quota 2.706, di questi 1.605 sono in isolamento domiciliare, 1.346 sono ricoverati con sintomi, 295 sono in terapia intensiva, i decessi rispetto a ieri sono saliti di 28 unità arrivando a quota 107, mentre i guariti sono aumentati in una misura maggiore rispetto ai nuovi malati, più 72,5 per cento contro il 19,4 per cento – ma la caratteristica cruciale della fase storica che sta vivendo il nostro paese ha a che fare con un’espressione utilizzata ieri da alcuni esponenti del governo che merita di essere inquadrata per quello che è: siate tutti responsabili.

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La decisione del governo di chiudere le scuole anche nelle zone del paese che si trovano distanti dalle cosiddette aree particolarmente a rischio è il primo provvedimento in qualche modo coatto, che crea cioè una costrizione formale, adottato da parte dell’esecutivo italiano. Nella serata di ieri, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha poi ultimato il dpcm contenente alcune misure urgenti per provare a far fronte all’epidemia virale che sta infettando parte dell’Italia – secondo i dati ufficiali della Protezione civile, i contagiati sono arrivati a quota 2.706, di questi 1.605 sono in isolamento domiciliare, 1.346 sono ricoverati con sintomi, 295 sono in terapia intensiva, i decessi rispetto a ieri sono saliti di 28 unità arrivando a quota 107, mentre i guariti sono aumentati in una misura maggiore rispetto ai nuovi malati, più 72,5 per cento contro il 19,4 per cento – ma la caratteristica cruciale della fase storica che sta vivendo il nostro paese ha a che fare con un’espressione utilizzata ieri da alcuni esponenti del governo che merita di essere inquadrata per quello che è: siate tutti responsabili.

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L’invito alla responsabilità individuale è la vera cifra del nuovo spirito del tempo e non si tratta solo di una questione retorica ma si tratta anche di una questione pratica. Una volta firmato il dpcm, ovvero il decreto del presidente del Consiglio dei ministri, in realtà l’invito a stare tutti a due metri di distanza, a salutarsi da lontano, a lavarsi continuamente le mani, a non baciarsi, a non abbracciarsi, a rimanere a casa in caso di febbre anche se non si ha alcun sospetto di aver contratto il virus potrebbe diventare qualcosa di più di un semplice invito, considerando il fatto che il nostro codice penale, all’articolo numero 650, prevede che chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a duecentosei euro. Ma dato che, nelle condizioni di panico in cui ci troviamo, è difficile immaginare di fare una multa a chi scelga di dare un bacio a qualcuno per strada si può dire che questa zona grigia tra l’invitare e l’obbligare resta certamente il tema centrale di queste ore. E in questo senso, il precipitare del paese in una sorta e per certi versi ossimorica condizione di quarantena volontaria ci costringe tutti a fare i conti con uno stato d’animo nuovo in cui non basta più la rabbia per fare i conti con la paura.

 

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Naturalmente, la presenza di una grave e spaventosa minaccia invisibile non è una novità della nostra contemporaneità. Ma la differenza per esempio tra una minaccia terroristica e una minaccia pandemica è che quando la minaccia ha a che fare con la sicurezza ci sono leggi che si devono rispettare e ci sono nemici che si possono individuare, mentre di fronte a una minaccia pandemica i nemici non si trovano, i capri espiatori sfuggono, le risposte facili per risolvere problemi complessi iniziano a mancare e così tutti quanti noi ci ritroviamo ad affrontare un problema non da poco: la necessità vitale, più che virale, di combattere e di evitare ogni forma di irresponsabilità.

 

Combattere le responsabilità, in prima battuta, significa ovviamente fare di tutto per occuparsi della propria salute e per evitare di creare problemi a quella degli altri. Ma quando la responsabilità diventa la cornice entro la quale ciascuno di noi deve muoversi diventa anche più semplice mettere a fuoco le altre irresponsabilità che ci circondano. Diventa più semplice, per esempio, distinguere i politici che tentano di mettere in campo soluzioni per risolvere i problemi e i politici che usano invece i problemi per cercare di conquistare consenso. Diventa più semplice, per esempio, distinguere tra i politici che usano i soldi dello stato per regalare marchette ai propri elettori e i politici che usano invece il potere offerto dagli elettori per occuparsi più delle prossime generazioni che delle prossime elezioni. Diventa più semplice, per esempio, distinguere tra chi ha il coraggio di deporre le armi, di fronte agli avversari, in un momento di necessità, e chi invece sfrutta i momenti di difficoltà di un paese per mettere in difficoltà i propri avversari. Diventa più semplice, per esempio, distinguere tra politici che scelgono di trasformare le competenze alternative in un valore aggiunto della propria retorica anticasta e i politici che cercano invece di affidarsi ai competenti per provare a non restare ostaggio della democrazia dei creduloni.

 

L’ingresso dell’Italia in una stagione di quarantena volontaria caratterizzata da una serie di responsabilità necessarie da adottare senza grandi costrizioni formali fa tornare di attualità un libro formidabile scritto qualche anno fa in Francia da Daniel Cohn-Bendit insieme con Hervé Algalarrondo, il cui titolo una volta tradotto in italiano può offrire spunti di riflessione capaci di uscire anche al di fuori del perimetro della cura della nostra salute. “Et si on arrêtait les conneries?”, ovverosia: “E se la finissimo finalmente di sparare cazzate?”.

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