Minority Report

Non è solo colpa di Zuckerberg, l'uomo per natura si fa influenzare da tutto

Giovanni Maddalena

Cambridge Analytica, il nostro abito mentale e la libertà

Mark Zuckerberg può stare tranquillo. Non è solo colpa sua. Il meccanismo di Cambridge Analytica per influenzare i votanti ha radici ben più profonde della pianta di Menlo Park. Sì, noi esseri umani ci facciamo influenzare. E’ la natura plastica della nostra mente, che, contrariamente a quanto vorrebbero versioni un po’ eteree, astratte e spiritualiste, è un organismo che si abitua, che assume percorsi di pensiero come si assumono percorsi stradali. Capire, decidere, giudicare sono abiti di azione. E’ agendo che capiamo davvero e non possiamo dire di aver capito senza sapere come agire. Lasciarsi influenzare significa assumere un abito d’azione mentale diverso dal solito, una variazione dal solito. Ci facciamo influenzare perché ci adattiamo e in ciò consiste la nostra gloria e la nostra debolezza. E’ a questa capacità plastica che si deve infatti la nostra capacità di evoluzione, di invenzione, di vita sociale. Alcuni studi del linguaggio sostengono che parliamo solo per convincere e influenzare, qualunque osservazione stiamo facendo. Ci influenza la moglie, il marito, l’amante, il capoufficio, la guida spirituale, il gruppo di amici. Ci influenzano la televisione e il giornale.

 

A proposito delle elezioni americane che da un anno sono il tarlo di mezzo mondo della comunicazione, sono certo che negli Stati Uniti ha influenzato più gente il New York Times che Cambridge Analytica. Sul medesimo NYT del 22 marzo un articolo di Ross Douthat notava che Trump ha influenzato l’elettorato per anni con “The Apprentice”, show condotto sulla tradizionale tv. Le campagne elettorali fanno solo emergere la natura di tentato convincimento di ogni discorso e la plasticità della nostra mente, dati di per sé estremamente positivi perché ci permettono di cambiare e di vivere insieme. Ovviamente questa capacità plastica è alle volte la nostra rovina. I mezzi di comunicazione di massa e, più tardi, la rivoluzione digitale degli ultimi venti anni hanno svelato a tutti il lato oscuro di questa abilità. Facendosi influenzare, la mente umana si è piegata a pensare qualsiasi cosa, anche contraria a quanto già detto e giudicato come vero, sotto il peso dell’adorazione del capo, della menzogna, della propaganda, della violenza.

 

Tutto il XX secolo ci ha mostrato questa umiliante versione del grande dono della plasticità della mente umana, che anche oggi in occidente, finite le tragedie novecentesche, si mostra sempre nella sua quotidiana debolezza. Zuck ha di certo molte responsabilità sul procedere di un capitalismo e di un pensiero unici, ma non può incidere sulla natura umana, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Tornando a Cambridge Analytica e alla sua influenza sugli elettorati, occorre ricordare che se è vero che ci facciamo influenzare facilmente, è anche vero che gli abiti di azione si modificano solo a partire da un pregresso e che non ci facciamo influenzare se non quando vi siamo già predisposti e preparati.

 

Se qualcuno si è lasciato convincere, è perché si trattava di messaggi vicini a qualche suo solito abito mentale. Non solo, proprio perché influenzabili anche in positivo, basta anche solo una persona o un pugno di persone che resistano al mainstream dominante per invertire i percorsi di interi popoli. E’ la lunga vicenda della libertà umana, più forte di ogni determinismo e di ogni propaganda. Riassorbito nelle giuste proporzioni lo scandalo di Cambridge Analytica, e fatti tutti gli assestamenti giuridici necessari, sarà poi forse il momento di accettare che le persone, nonostante ogni influenza palese e occulta, hanno votato non come previsto e voluto dai grandi media, ma per la maggior parte secondo la loro libertà e coscienza. Anche quando non si è d’accordo con i vincitori, questo è un vanto e non una vergogna dell’essere umani.

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