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Tra libertà individuali e collettive

Siamo pronti a gestire la pandemia nella normalità?

Rosaria Iardino*

Non potendo obbligare tutti a vaccinarsi, serve una comunicazione istituzionale centralizzata, efficace, univoca. O vinceranno fake news e no vax

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La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (art 32 cost). Ma in che stato di salute versa il nostro paese? Potrebbe stare meglio, in effetti. In questi ultimi tempi, coi numeri che ci dicono che molte persone non intendono farsi vaccinare – e come già detto in precedenza non si tratta necessariamente di no vax, ma di persone che per diversi motivi temono l’inoculazione – si sta ricominciando a sentir parlare di rendere obbligatori i vaccini; sull’obbligatorietà mi sono espressa a favore fin dall’inizio, ma chi è più dotto di me mi ha spiegato che non è una strada percorribile in democrazia, e che quello che è importante fare è persuadere i cittadini a vaccinarsi attraverso campagne efficaci di comunicazione.

 

Ha funzionato? In parte. La mia perplessità nel lasciare il libero arbitrio alle persone su un tema che riguarda non solo la libertà del singolo ma la tutela della salute collettiva trova preoccupazione nei dati dei vaccinati in Italia, che si attestano intorno al 35 per cento (il riferimento è chi ha completato il ciclo di vaccinazione). Abbiamo allontanato i sanitari che non volevano vaccinarsi, ma qualcuno sta controllando che sia vero? E in seguito allontaneremo anche quegli insegnanti che hanno la stessa posizione, almeno per quanto riguarda le scuole primarie? E come ci si comporterà nelle aziende e negli uffici, e nella pubblica amministrazione?  Quanti sono vaccinati e quanti no? Chi monitora? È corretto che chi è favorevole alla vaccinazione divida degli spazi con chi invece non lo è? Questa incertezza che non ci fa sapere se la persona che sta di fronte a noi sia portatrice del virus e se possa infettarci o meno ci porta ad avere uno stato d’animo di diffidenza, soprattutto nelle situazioni che per antonomasia dovrebbero essere protette, come le strutture sanitarie giusto per fare un esempio.

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La totale confusione sui danni da vaccino generata dalla comunicazione istituzionale non ha aiutato, e anzi ha contribuito ad alimentare quell’incertezza che i no vax e i complottisti hanno cavalcato con grande gioia, in virtù del fatto che è stato dato loro un terreno fertile su cui coltivare le loro fake news per poi diffonderle  nei gangli di una società già stanca e provata. E lo sappiamo, ormai, che quello delle fake news è un fenomeno difficilmente controllabile che genera una scia di disinformazione i cui confini assumono dimensioni sempre maggiori. Potremmo rendere obbligatorio il vaccino ora? Io credo proprio di no. L’unica arma che abbiamo è quella di limitare l’ingresso nei cinema, nei ristoranti, nei musei e nei teatri, ma questo violerebbe le libertà dell’individuo e per fortuna non si può fare. Quindi che fare? Quindi affronteremo l’autunno sperando nella clemenza del virus, infame e intelligente, sperando che almeno gli oltre due milioni di sessantenni che ancora mancano all’appello si decidano a tutelare loro stessi e gli altri, e che i giovani siano mossi da un sano egoismo verso loro stessi e decidano di vaccinarsi. Questo virus resterà tra noi per tanto tempo, questo lo sappiamo, come sappiamo che non scomparirà e che muterà; noi non siamo per nulla pronti a gestire nella normalità questa pandemia, soprattutto nella comunicazione istituzionale che deve cominciare a essere centralizzata, efficace, univoca e non per imporre un punto di vista, ma per dare delle informazioni chiare.

 

Rosaria Iardino, presidente Fondazione The Bridge

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