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La penitenza dei giovani untori

Redazione

Sensi di colpa e scuse sui giornali. Non trasformiamo i ragazzi in capri espiatori

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Assistiamo da qualche giorno al successo di un nuovo genere giornalistico, la lettera-confessione di un ragazzo risultato positivo al Covid che si sente in colpa per avere contagiato i parenti e magari fatto ammalare uno dei genitori. Sono righe piene di angoscia, e pentimento non per avere fatto qualcosa di proibito o vietato, ma per essere magari stati a ballare in un locale.

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Assistiamo da qualche giorno al successo di un nuovo genere giornalistico, la lettera-confessione di un ragazzo risultato positivo al Covid che si sente in colpa per avere contagiato i parenti e magari fatto ammalare uno dei genitori. Sono righe piene di angoscia, e pentimento non per avere fatto qualcosa di proibito o vietato, ma per essere magari stati a ballare in un locale.

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Il Corriere della Sera ieri ospitava la lettera di una certa Martina, il cui padre è ora in terapia intensiva dopo essersi ammalato di Covid. La colpevole, naturalmente, è la stessa Martina, che racconta l’errore fatale di una sera dopo settimane passate a evitare luoghi affollati: il compleanno di un amico in discoteca, la tosse sottovalutata dal suo medico, la scoperta che a quella festa c’era un positivo asintomatico, il tampone a lei e ai suoi famigliari, i primi sintomi di suo papà e poi il ricovero. “Sta lottando con tutte le sue forze, e io non posso vederlo, non posso aiutarlo, non posso ritornare indietro. Non me lo potrò mai perdonare”, scrive Martina, che conclude dicendo di sperare “almeno che la mia storia possa essere utile ai miei coetanei”.

 

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Dopo essercela presa con i runner, gli aperitivi, i migranti, i turisti, nel mirino della ricerca di un colpevole a tutti i costi ci sono finiti i giovani che hanno frequentato le discoteche (riaperte come da indicazioni del governo, non rave party abusivi). Abbiamo a che fare con un virus subdolo che contagia con estrema facilità, ma il tribunale di stampa e tv ha già sentenziato che gli untori sono i giovani che sono andati a ballare potendolo fare. E quale migliore espiazione delle proprie colpe se non ammettere di avere sbagliato, chiedere perdono (un perdono che soltanto la medicina potrà dare, guarendo le persone che questi giovani hanno infettato, altrimenti la dannazione sarà eterna), sperare almeno di essere un esempio da non imitare?

 

Negare l’esistenza del virus e sottovalutarne le conseguenze è stupido e pericoloso, ma siamo sicuri che l’alternativa, a livello di comunicazione e informazione, sia puntare tutto sul senso di colpa del capro espiatorio del momento, creando nuovi mostri per cui indignarci e di fronte a cui sentirci migliori? E a che pro?

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