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RomaCapoccia - Spina di Borgo

Un anno dopo il Sinodo, i tradizionalisti hanno messo all'angolo il Papa

Matteo Matzuzzi

L'assemblea dello scorso anno in Amazzonia avrà anche aperto nuove strade, ma ai suoi proponenti non è andato giù il finale: manca ancora un documento 

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Sarà anche vero che il Sinodo amazzonico ha avviato processi non chiudendo la porta alle richieste più ardite (viri probati, diaconesse, rito proprio delle regioni sudamericane, eccetera), ma a un anno di distanza dalla sua conclusione i maggiori sostenitori della svolta non hanno ancora digerito il documento finale. Paolo Suess, tedesco trapiantato dal 1966 in Brasile, teologo che criticò aspramente il discorso di Benedetto XVI ad Aparecida (2007) – “Non abbiamo il diritto di fare proselitismo, sminuire una religione piuttosto che un’altra o invogliare alle conversioni. Il popolo deve decidere quale sia la migliore religione per questo momento storico” – è arrabbiato.

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Sarà anche vero che il Sinodo amazzonico ha avviato processi non chiudendo la porta alle richieste più ardite (viri probati, diaconesse, rito proprio delle regioni sudamericane, eccetera), ma a un anno di distanza dalla sua conclusione i maggiori sostenitori della svolta non hanno ancora digerito il documento finale. Paolo Suess, tedesco trapiantato dal 1966 in Brasile, teologo che criticò aspramente il discorso di Benedetto XVI ad Aparecida (2007) – “Non abbiamo il diritto di fare proselitismo, sminuire una religione piuttosto che un’altra o invogliare alle conversioni. Il popolo deve decidere quale sia la migliore religione per questo momento storico” – è arrabbiato.

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Nei dibattiti al Sinodo c’è stata una grande apertura a vere riforme, ma alla fine hanno prevalso i tradizionalisti che volevano il minor cambiamento possibile. Hanno messo all’angolo il Papa e lo hanno persino accusato di avere fomentare divisioni ed eresie, cioè falsi insegnamenti. Di conseguenza – ha aggiunto Suess nel corso di una conferenza in streaming organizzata in Germania – Francesco si è trattenuto molto nell’elaborazione del documento finale”. Tutte le grandi richieste sono rimaste sul tavolo, dunque. Peccato, aggiunge il teologo: “Una forte chiesa locale indigena sarebbe un arricchimento per l’intera chiesa mondiale e in nessun modo una minaccia”. Insomma, dalle parole dell’aperturista Suess si comprende ancora una volta che il Sinodo dell’anno scorso non è andato come i novatori si attendevano, al di là dei processi avviati e delle porte aperte.

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