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Il racconto

Vittoria di misura. Meloni sospetta di Salvini. I conti nella coalizione. La premier: “Ora restiamo uniti”

Simone Canettieri

Prima sconfitta per la leader di Fratelli d'Italia che ha voluto a tutti i costi Truzzu. Sospetti sul voto disgiunto della Lega e del Partito sardo d'azione. Il vicepremier annulla l'intervista da Porro

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Le sarebbe bastato prendere un taxi a Cagliari per capire che il suo Truzzu, detto Trux, non avrebbe fatto il pieno nella città che ha governato (e male secondo il Sole 24 Ore). Invece Giorgia Meloni si è impuntata. Ne ha rivendicato la scelta, anche sul palco della Fiera tipo Pippo Baudo: “L’ho voluto io!!!!”. E questi dettagli della campagna elettorale sono ritornati ieri, come un boomerang, dentro la maggioranza di centrodestra che per tutta la giornata ha fatto i conti con uno scenario nuovo: la sconfitta. Che così risulta essere nel momento in cui questo giornale va in stampa. La prima del ciclo meloniano. Roba piccola, ma nemmeno da prendere e fischiettarci sopra.

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Le sarebbe bastato prendere un taxi a Cagliari per capire che il suo Truzzu, detto Trux, non avrebbe fatto il pieno nella città che ha governato (e male secondo il Sole 24 Ore). Invece Giorgia Meloni si è impuntata. Ne ha rivendicato la scelta, anche sul palco della Fiera tipo Pippo Baudo: “L’ho voluto io!!!!”. E questi dettagli della campagna elettorale sono ritornati ieri, come un boomerang, dentro la maggioranza di centrodestra che per tutta la giornata ha fatto i conti con uno scenario nuovo: la sconfitta. Che così risulta essere nel momento in cui questo giornale va in stampa. La prima del ciclo meloniano. Roba piccola, ma nemmeno da prendere e fischiettarci sopra.

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Consapevole della malaparata la premier a pranzo, prima del Cdmi, incontra i suoi vice Tajani e Salvini. A entrambi, ma soprattutto al leghista, chiede una prova di compattezza, comunque vada in Sardegna. Gli occhi, e le solite ombre, cadono sul capo del Carroccio che oggi sarà in Abruzzo dove si vota fra meno di due settimane.

   
Fin dalla mattina non tira una bella aria sull’isola. Il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, Salvatore Deidda dice che in “questi cinque anni non abbiamo governato brillantemente”. Praticamente sta ammettendo la sconfitta: sono le 9.51. E già dal partito della nazione si cerca un capro espiatorio: Christian Solinas, governatore uscente difeso fino all’ultimo da Matteo Salvini. L’uscita di Deidda – “pronto a scappare nelle Filippine in caso di ko” – non viene presa benissimo tra Via della Scrofa e Palazzo Chigi. Tanto che il deputato nel corso della giornata correggerà il tiro: è testa a testa, non è finita, non abbiamo perso. Ma sono parole che perdono peso a mano a mano che in tarda serata Alessandra Todde inizia a vedere la vittoria, preannunciata dagli arrivi di Giuseppe Conte ed Elly Schlein in Sardegna. Anche dalle parti di Forza Italia Maurizio Gasparri dà un colpetto. Il big azzurro ragiona su Truzzu che non è stato in grado di ribaltare il clima negativo che si portava dietro Solinas. Sono piccoli segnali da cogliere. Per la prima volta da quando Meloni è al governo del paese e del centrodestra non è più un tabù criticare la “capa” e le sue scelte. “Il nostro Pietro Pittalis sarebbe stato un ottimo nome”, ragiona Francesco Battistoni, che in Forza Italia ha la delega agli enti locali. L’amaro sardo è un tonico per gli alleati della premier. In Basilicata la ricandidatura di Vito Bardi appare all’improvviso fortissima, così come quella della leghista Donatella Tesei.

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Meloni non ha voluto sentire storie per candidare Truzzu, già ribattezzato in certi ambienti Michettu, da Enrico Michetti, l’improbabile aspirante sindaco scelto da Fratelli d’Italia per perdere il Campidoglio, tra frizzi e lazzi, nel 2021. “Ma Paolo è uno dei nostri, della generazione Atreju, fa politica da oltre venti anni: non è un parvenu”, dicono dalla Fiamma magica, nucleo ristretto che non passa un bellissimo pomeriggio. Nel dubbio l’asse Palazzo Chigi-Via della Scrofa rifiuta qualsiasi invito in tv per commentare il risultato. Gli autori dei programmi restano a bocca asciutta.

   

Arrivano questi dispacci: oggi di Fratelli d’Italia non parla nessuno. Stop. E’ una chiusura a riccio che non si era mai vista. Nella testa di Meloni si affastellano i cattivi pensieri: ammette di aver fatto il massimo, di averci messo la faccia (come ama dire), ma allo stesso tempo nessuno le toglie dalla mente che qualcosa sia andato storto, che non tutti abbiano remato nel verso giusto.  La somma delle liste che appoggiano il suo candidato sono quattro punti sopra il voto per Truzzu presidente. Il contrario di quanto avviene a Todde, ma anche a Soru, il terzo incomodo piazzato nel campo del centrosinistra.

 

Da una parte si capisce che il “fratello di Sardegna” non è stato in grado di proporsi come un valore aggiunto (la lista si ferma al 13 per cento). Dall’altra serpeggia e prende consistenza l’idea del voto disgiunto. Due indiziati su tutti: la Lega di Salvini (sotto il 4 per cento) e i cugini del Partito sardo d’azione (intorno al 5,5). I sospetti su Salvini sono però difficili da sostanziare. Il vicepremier nelle ultime settimane si è trasferito sull’isola, seppur senza risultati.

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Nel dubbio Salvini annulla l’intervista a Rete 4 con Nicola Porro un’ora prima che vada in onda. Il tramestio del centrodestra da Roma rimbalza a Cagliari e torna indietro. La premier teme che adesso il campo largo possa sentirsi ringalluzzito a partire dalla sfida in Abruzzo, ormai prossima, dove si presenterà di nuovo con tutti i leader per tirare la volata a Marco Marsilio, governatore uscente di Fratelli d’Italia. Meloni durante il pranzo a tre dà agli alleati la consegna del silenzio: “Comunque vada in Sardegna dobbiamo rimanere insieme qualsiasi sia il risultato finale”. E’ un modo per mettere le mani in avanti e scacciare i soliti sospetti su sgambetti e voti disgiunti che servono alla leader per indorare la pillola della sua prima sconfitta politica dopo un anno e mezzo di cavalcata senza ostacoli. Cambierà la scelta di candidarsi alle europee? C’è chi dice di no.

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