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L'editoriale dell'elefantino

Meno Gustavo Zagrebelsky, più Janan Ganesh

Giuliano Ferrara

L’editorialista britannico ricorda come il modello Westminster nel Regno Unito sia stato antidoto a populismi e sovranismi. Forse un passo verso il Cancellierato sarebbe gradito in Italia anche dal costituzionalista di Rep.

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Janan Ganesh è un giovane brillantissimo editorialista del Financial Times. Gustavo Zagrebelsky un venerato costituzionalista di Repubblica e, all’occasione, del Fatto. Il primo scrive, sembrerebbe a ragione, che il Regno Unito è un paese maledetto, per tanti motivi, e non si può non criticarlo per altrettanti motivi. Tuttavia è vaccinato alla grande da populismi e destrismi più o meno vocalizzanti, la sua continuità e tenacia nella difesa della democrazia europea è splendente, da Churchill a Boris a Rishi Sunak, un domani eventualmente con Starmer, e i conservatori ne hanno fatte di cotte e di crude, d’accordo, ma il Covid lo hanno combattuto con efficacia, i complottisti demenziali e no vax li hanno ghigliottinati senza nemmeno pensarci, come una volta decapitavano il re, per primi, prima dei francesi, e la Brexit sarà anche stata una ventata di middleclassismo autoriferito e nazionale isolano, ma è stata decisa in un referendum e portata a casa, costi quel che costi (e la democrazia, come scrive Carlo Galli, costa). 

Questo per Ganesh, che osserva come invece in Europa, dalla Germania all’Italia, fino alla Spagna e alla Francia, non siano poche le situazioni di tensione populista e nazionalista e sovranista a chiacchiere, mentre il sovranismo imperiale degli inglesi è una vecchia scuola fuori questione, e sempre è stato usato per confermare la multinazionalità culturale di un paese ormai retto da indiani e sudafricani e musulmani, sempre usato per affermare e consolidare istituzioni liberali e corrispondenti tradizioni. Che la cosa abbia a che fare con la legge maggioritaria pura, first past the post, che sconsiglia avventure, con il bipartitismo, che sconsiglia centrismi vari, con il modello Westminster, beh, è il sospetto di Ganesh, condivisibile. 

Zagrebelsky invece chiama al lavoro e alla lotta per la riuscita della manifestazione in difesa della Costituzione convocata per il prossimo 7 ottobre. Dobbiamo in effetti difendere la Costituzione perché ce l’abbiamo. Non è gravemente in pericolo, anzi l’alternanza ne garantisce la bilateralità o bipartisanship dopo gli anni consociativi, ma dobbiamo comunque difenderla. Gli inglesi gli scozzesi e gli irlandesi del nord non hanno una Costituzione scritta, hanno una tradizione di Common Law, una pratica delle libertà che continua a soddisfarli da molti decenni, forse da secoli. E che è un rifugio a prova di bomba dalle avventure populiste. Da ultimo, la Brexit ha spazzato via quelli che l’hanno voluta per affermare una vena populista e sovranista all’europea. Ben scavato vecchia talpa, direbbe Marx che è sepolto a Hampstead ma qui vive in Marco Rizzo, Fiorella Mannoia, Massimo Cacciari e Fausto Bertinotti, i 99 Posse del nuovo partito pacifista di sfumatura russo-sovietica. 

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Ora è noto che le riforme costituzionali e istituzionali in Italia, paese più conservatore di quanto immagini perfino Meloni, sono la tomba dei governi. Ma se si facesse un passo verso il Cancellierato o il modello Westminster, chissà che non si realizzino le aspirazioni costituzionalistiche delle folle che sfileranno il 7 ottobre. Meno Zagrebelsky, più Ganesh.

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