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A Roma

La prima uscita di Renzi e Calenda con Renew Europe (e qualche fischio)

Marianna Rizzini

"Veniamo da un grande trauma, non siamo riusciti a fare un partito unico come avevamo promesso", dice il leader di Iv. "È un lavoraccio", risponde il capo di Azione. L'incontro con i partner europei e la strada accidentata del Terzo polo

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Arrivano i francesi, arriva il grande giorno dell’evento romano di Renew Europe al teatro Eliseo, il bar interno si anima di giovani organizzatori atterrati da Bruxelles, e con il grande giorno ricompaiono anche le grandi aspettative che stavano per essere triturate dagli sconquassi tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, rientrati a due passi dal burrone e dalla separazione gruppi di Azione e Italia Viva in Parlamento – aspettative europee e nazionali che, assieme al timore di fare danni irreparabili alle proprie creature politiche ancora prima di cominciare a camminare, hanno per così dire favorito la riconciliazione (apparente o meno in questa fase non ha importanza) tra i due ex litiganti, al primo incontro pubblico dopo la firma della tregua in Senato. E l’incontro internazionale cade comunque, a un certo punto, per forza, nel gorgo nazionale.

 

Renzi con aria baldanzosa sbarca all’Eliseo, dove nel suo intervento parlerà agli europei per parlare a Calenda (se si sta insieme ognuno deve fare un passo indietro, se non facciamo questo Giorgia Meloni prenderà anche Strasburgo, torniamo alla politica, a fare la storia e non le stories, dice, prima di correre allo stadio per la Fiorentina che gioca contro l’Inter la finale di Coppa Italia. Calenda giunge con aria compassata e trafelata (sbucato in motorino, deve penare dieci minuti prima di trovare un parcheggio). E si scusa per il traffico a Roma, da ex candidato sindaco di Roma, prima di rispondere: “Veniamo da un grande trauma. Abbiamo detto agli elettori che avremmo fatto un partito unico e non ci siamo riusciti. Cosa non bisogna fare? L’overpromising, sennò ci facciamo male un’altra volta e invece dobbiamo tenere i gruppi unici alla Camera e al Senato, e cessare ogni tipo di attacco reciproco, oltre a lavorare con grande calma. Il problema non è solo fare lista unica ma fare una lista credibile, ricostruendo un rapporto di fiducia e tenendosi molto distanti dalla sinistra italiana”.

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“Se ci mettiamo a dare e rinforzare un messaggio di deriva totalitaria regaliamo a Meloni dieci anni di governo, perché gli italiani questa cosa non la sentono, e lei è molto intelligente perché il populismo è oggi uno strumento di marketing, come si è visto già con i Cinque Stelle”. Tutto questo, dice Calenda, “è un lavoraccio”, e non solo perché “non siamo personalità facili, io, Renzi e la Bonino. Facciamo questo lavoro con serietà e pragmatismo, senza fare una sommatoria”. Al terzo accenno alla necessità di cessare le ostilità con Italia Viva si sente qualche fischio dal pubblico, e lui bacchetta i fischiatori: “Se fate così, la chiudiamo qui”. “Boni, state boni”, dice. Qual è il costo della lista unitaria per le Europee, ha intanto chiesto l’eurodeputata svedese di origine irachena, e il professor Giuseppe Benedetto, dalla fondazione Einaudi, ci spera: il matrimonio che dura non è quello d’amore ma quello di interesse, dice. Da +Europa, Riccardo Magi si rammarica: “Quello che sta avvenendo nel Terzo polo ha molto a che fare con il metodo scelto per i processi decisionali. Il pericolo nei conservatori europei è invece quello di una deriva illiberale, tanto più che Giorgia Meloni insiste sullo stato nazionale e tanto più, dice, che alla Camera oggi si discute di rendere reato universale la gestazione per altri”.

 

E chissà se i francesi, a partire dal presidente di Renew Europe Stéphane Séjourné, e i riformisti europei che guardano alla terza via tra sovranismi di destra e populismi di sinistra hanno capito, a distanza, l’entità del contendere tra Azione e Italia Viva, fino a due giorni fa. Fuori dal teatro Eliseo, l’eurodeputato di Renew Europe Sandro Gozi parla di “volontà comune” di arrivare a un’unica lista per le Europee. Dentro, fa gli onori di casa Nicola Danti, eurodeputato di Iv e vicepresidente di Renew: “Ci si aspetta molto dall’Italia”, dice: “Siamo qui per lanciare un’Europa più forte, perché non si passi da maggioranza Ursula a maggioranza Giorgia”. Scorrono i panel sui diritti e sull’economia (tra gli altri, il deputato di Iv Luigi Marattin parla di fisco, sostenibilità e lavoro con Andrea Marcucci, al primo evento pubblico dopo l’uscita dal Pd). La strada di Renew, vista dall’Europa, sembra in discesa; vista dall’Italia è accidentata. Sejourné conclude: “Mi hanno sempre insegnato che l’unità comincia con un dibattito invece che con un combattimento”.

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