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Ti telefono o no

L'atteso contatto tra Schlein e Bonaccini, con l'occhio a capigruppo e segreteria

Marianna Rizzini

"Partite intrecciate". E se Schlein "occupasse" entrambe le caselle alla Camera e al Senato? Cosa si dice nel Pd

La mattina il buio, il primo pomeriggio la nebbia, poi arriva sussurrata la schiarita: “Si sono sentiti”. I protagonisti della telefonata, attesa con trepidante inquietudine da parlamentari e dirigenti pd, sono il governatore dell’Emilia Romagna e presidente dem Stefano Bonaccini e la neosegretaria Elly Schlein. Il contatto avviene dopo vari giorni di silenzio, silenzio che aveva alimentato dubbi da entrambi i lati del nuovo Pd: davvero Schlein e Bonaccini intendono far crescere il partito all’insegna dell’unitarietà? “Dipende come la realizzi, l’unitarietà”, diceva ieri mattina un bonacciniano perplesso. E infatti – a monte della telefonata in cui “finalmente”, per dirla con le colombe sia bonacciniane sia schleiniane, “si è giunti quantomeno a mettere all’ordine del giorno” la non più rinviabile questione dei capigruppo e della segreteria – le voci già dilaganti nel fine settimana e nelle prime ore del lunedì erano diventate montagne di supposizioni: “Più tardano a sentirsi, più è chiaro che Schlein vuole entrambi i capigruppo a lei vicini”, diceva un deputato della minoranza. “Elly si sta prendendo il tempo necessario per fare le scelte giuste”, vaticinava invece un deputato della maggioranza, mentre c’era chi cercava di cogliere i segni e i simboli nella visione ripetuta, settimana scorsa, alla Camera, di una Debora Serracchiani, capogruppo attuale, intenta a confabulare con Chiara Braga, deputata iper-schleiniana considerata papabile per la carica ora ricoperta da Serracchiani — in caso la segretaria non volesse dare corso all’unitarietà fino al punto da lasciare le cose come stanno alla Camera, dove già siede lei stessa come deputata (questo era il timore di una parte dei bonacciniani, a sera diventato quasi certezza).

 

Diceva un parlamentare vicino al presidente dell’Emilia-Romagna: “Sarebbe un peccato perdere l’occasione di dimostrare che una reale volontà di condivisione esiste. D’altronde nessun segretario pd ha agito impulsivamente. Ognuno ha deciso secondo un criterio: Enrico Letta ha voluto due donne a capo dei gruppi parlamentari; Nicola Zingaretti ha lasciato le cose invariate. Matteo Renzi ha scelto Gianni Cuperlo come presidente e ha tenuto Roberto Speranza come capogruppo alla Camera. Dalla decisione di Schlein sui gruppi dipende tutto il resto”. E insomma, nel tardo pomeriggio si intensificavano i contatti per capire se le certezze potessero andare oltre quella finora prevalente: Francesco Boccia capogruppo al Senato. “Le partite sono intrecciate”, diceva un deputato dem: “Schlein deve fare i conti con i desiderata di chi l’ha sostenuta ma si è spesa molto in direzione della gestione unitaria. Una cosa però colpisce: la segretaria non ha ancora incontrato ufficialmente i gruppi parlamentari”.

 

Dal lato Schlein, intanto, i pompieri assicuravano: “La telefonata è stata in linea con le decisioni prese in assemblea il 12 marzo”. Cioè (di nuovo): “Volontà di gestione unitaria”. Bonaccini, intanto – che pure, con il 46 per cento dei consensi alle primarie, si era detto disponibile a un lavoro condiviso – nei giorni precedenti aveva messo sul tavolo l’idea di dare adeguata rappresentanza all’area moderata e garantire libertà di coscienza sui temi eticamente sensibili (vedi diritti e armi all’Ucraina). Fatto sta che, a sera, si affermava la sensazione che Schlein volesse sbloccare la questione gruppi questa settimana, tra mercoledì e giovedì, ma occupando entrambi i posti con due parlamentari a lei vicini (Boccia e Braga, già segretaria d’aula). “Ma nulla è davvero deciso”, dicevano di nuovo i pompieri dal lato Schlein, dove resistevano però le altre certezze per la segreteria: tra gli altri, oltre al braccio destro Marco Furfaro, Chiara Gribaudo, Marco Sarracino, Peppe Provenzano, Alessandro Zan.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.