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Il caso

La strana corsa degli ex deputati ai carnet dei treni dell'Alta velocità

Simone Canettieri

Negli ultimi tre mesi della passata legislatura sono triplicati gli acquisti di pacchetti di ticket per Frecciarossa e Italo. Nel mirino i grillini non rieletti. La Camera se n'è accorta e ha fatto decadere il diritto ai titoli di viaggio quando si è insediato il nuovo Parlamento

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Di sicuro avrebbero fatto gola a Giuseppina Giugliano, la famosa bidella pendolare da Caserta a Milano per via degli affitti salati. Pacchi di biglietti di treni ad alta velocità usciti dall’agenzia di viaggi della Camera. Negli ultimi tre mesi della scorsa legislatura un bel gruppo di deputati ha pensato   di assaltare i treni. Con l’Aula praticamente inattiva  si è il triplicato il numero di carnet staccati, da dieci corse ciascuno,   rispetto ai mesi precedenti, quando il governo Draghi, e dunque il Parlamento, era nel pieno esercizio delle sue funzioni. Le richieste sono arrivate in gran parte, secondo quanto risulta al Foglio, da onorevoli del M5s  non rieletti, ma non solo. Funziona così. I deputati hanno diritto (sacrosanto) ai biglietti ferroviari per spostarsi da e per Roma in Italia. Tutte le volte devono passare dall’agenzia Carlson Wagonlit che è convenzionata con la Camera. Basta una mail o una telefonata. Loro chiedono, l’agenzia emette i ticket e poi presenta il conto a Montecitorio. Tac. Una volta a bordo – viaggiano in business – si mostra il  coupon nominativo al controllore insieme al tesserino parlamentare. In rarissimi casi vengono acquistati i carnet da dieci. A marzo ne erano stati venduti per un valore di 3.756 euro (7 per cento della spesa mensile totale per i treni). A luglio – Draghi si dimette il 20 – diventeranno 11.979,5. Ad agosto 10.168, a settembre 9.631 e a ottobre  50.740,5 euro.  

 

Niente furia anticasta, ma faccenda bizzarra sì. Non si discute il diritto degli eletti a viaggiare gratuitamente. Ma la storia ha incuriosito anche gli uffici della Camera che si sono attivati davanti a questi dati così anomali. E il 13 ottobre, quando si è insediato il nuovo Parlamento, hanno fatto in modo che i carnet non fossero più validi per gli ormai ex deputati. Diritto di corsa gratuito decaduto. Chi ne aveva fatto incetta pensava invece che i titoli di viaggio valessero un anno, almeno. Che insomma sopravvivessero alla nuova legislatura e magari alla loro mancata rielezione in una Camera passata da 630 a 400 parlamentari per imposizione grillina.  La strana corsa ai carnet si intreccia con le date della scorsa folle estate della politica. Draghi si dimette il 20 luglio, il presidente della Repubblica scioglie le Camere due giorni dopo e indice le elezioni per il 25 settembre. Il vecchio Parlamento lavora fino al 10 agosto, poi scatta la sosta estiva, e si riunisce in emergenza – c’è da approvare il decreto Aiuti bis – il 15 settembre.

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E’ l’ultimo giorno di scuola per tantissimi, quello dei selfie e degli abbracci. Si notano facce terree.  Tantissimi di loro non rientreranno più nell’emiciclo liberty progettato da Ernesto Basile. Tanti, tantissimi addii. Soprattutto tra le file del M5s, per via anche del vincolo del secondo mandato. Per non parlare dei 49 ex grillini passati con Impegno civico di Luigi Di Maio: l’unico che riuscirà a salvarsi sarà Bruno Tabacci, tutti gli altri no. O i vari gruppi e gruppetti nati dalla lunga stagione di scissioni che ha caratterizzato i  quattro anni dei pentastellati. Colpisce dunque la foga di un gruppo di onorevoli ad accaparrarsi i carnet. Una possibilità a molti ignota visto che di norma i biglietti vengono presi singolarmente, corsa per corsa. Negli ultimi tre mesi della diciottesima legislatura la spesa per i viaggi su Italo e Frecciarossa si abbassa  sensibilmente. C’è la campagna elettorale. Il territorio, seppur i collegi siano più estesi, si batte in macchina più che altro, come dimostrano i costi aumentati per il Telepass.

 

L’unica impennata si registra a ottobre: moltissimi quasi ex onorevoli fanno la spola con Roma per liberare gli uffici. Scampoli dell’ultima legislatura, iniziata con l’impeto del M5s contro il Palazzo – e vai di apriscatole – e terminata ad alta velocità (una volta nemica). La rivoluzione non è un pranzo di gala, ma forse un bel pacchetto di corse sul  Frecciarossa sì.

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