Aperitivo a Palazzo Chigi

L'incontro Meloni-von der Leyen: apertura sul Pnrr, stallo sui migranti

Simone Canettieri

L’incontro romano ha un valore politico per Meloni, ma su Mes, Bce e Francia la presidente Ue resta scettica. Martedì la premier vede Papa Francesco

Ursula va in città. Il lunedì romano di von der Leyen è bagnato, frenetico e double face: prima la memoria di David Sassoli, poi la ricerca di sintonia con Giorgia Meloni, premier e capa dei Conservatori, sempre più ingolosita dal Ppe. Nuvoloni abbaiano alla capitale. Piove, smette, ricomincia. Spleen brussellese. Ursula sfodera una giacca rosa merkeliano su noto  sorriso cibernetico. La presidente della Commissione Ue, laboratorio politico vivente di una stagione sfumata almeno da queste parti, incontra Romano Prodi al Sofitel. Poi scende dalla Maserati ed entra al Quirino. E’ il fatal teatro del Pd.

  

Qui nel 2014 l’ex procuratore Giuseppe Pignatone a una conferenza dem annunciò il patto “mafia-corrotti”. Quattro giorni dopo ecco la retata del “Mondo di mezzo”. Questa volta un bel pezzo di Pd, ala cattolica democratica da Castagnetti a Franceschini, è in fila per la “Saggezza e l’audacia”, come da titolo del libro che raccoglie i discorsi  dell’ex presidente del Parlamento europeo scomparso lo scorso 11 gennaio. Intervengono Antonio Tajani, Prodi, Enrico Letta e Roberto Gualtieri (il sindaco parlerà in disparte “all’amica Ursula” della candidatura di Roma all’Expo e all’Autorità antiriciclaggio). Modera Lucia Annunziata. Che ricorda: “La presidente fra poco ci dovrà lasciare”. L’attende Meloni a Palazzo Chigi.  

 
La premier accoglie l’ospite con una cartella di due pagine di promemoria. Con lei l’unico politico è il ministro per gli Affari esteri Raffaele Fitto, poi ci sono gli ambasciatori Francesco Talò e Pietro Benassi. 

 

L’incontro con von der Leyen, il secondo dopo il debutto meloniano a Bruxelles dello scorso novembre, dura poco meno di un’ora. Nemmeno il tempo di un pranzo. Si piluccano dei paninetti farciti accompagnati da acqua e prosecco. Insomma un aperitivo rinforzato. Niente pranzo, non c’è tempo. Quattro i temi trattati: Pnrr, immigrazione, Ucraina, aiuti di stato. Su questi ultimi, risposta europea all’americano Ira (Inflation reduction act di Biden), Meloni si dice d’accordo e si lancia in una stoccata: “Se c’è un coordinamento europeo deve funzionare, altrimenti chi ha più spazio fiscale va per conto proprio”. Il riferimento è alla Germania. 

 
I padroni di casa raccolgono i complimenti della presidente della Commissione sui progetti del Pnrr portati a termine. Ma anche la promessa di “elasticità” per i prossimi, così come non sembrano esserci problemi da Bruxelles sul cambio della governance voluto da Roma per il Pnrr. Si discute anche, a volo di uccello, di RePowerEu, nuovi finanziamenti in chiave energetica per emanciparsi dalla Russia. Sulla guerra in Ucraina c’è totale condivisione durante l’incontro, anche in vista della dichiarazione congiunta Ue-Nato, prevista oggi a Bruxelles. Sui migranti, che è il vero scoglio, le parole ufficiali di ambo le parti parlano di “lavoro comune”. Oggetto del prossimo Consiglio europeo il 9 e il 10 febbraio, il primo sotto la guida della presidenza semestrale svedese. Un’intesa reale sembra lontana.

 

La questione ricollocamenti rimane in sospeso, e non sarà sciolta nell’immediato futuro come fanno capire gli sherpa di Stoccolma. C’è comunque soddisfazione da Palazzo Chigi al termine di questo incontro. Alle 14.20 von der Leyen è già fuori da Palazzo Chigi. C’è un aereo pronto a decollare alle 15.20, traffico permettendo. 

 

E’ stato un faccia a faccia “amichevole”. Meloni sembra essersi dimostrata molto pragmatica su immigrazione e Pnrr. La premier durante il colloquio insiste sull’opportunità di trovare accordi con i paesi del nord Africa (lei lo chiama piano Mattei). Dalla Commissione, anche se la presidente non lo esplicita, si augurano tre cose: basta attacchi alla Bce, sì alla ratifica, che è diversa dall’utilizzo, del Mes e infine pace con la Francia dunque con Emmanuel Macron. Ma per certi sensi la visita di Ursula a Roma, nata per partecipare all’iniziativa per Sassoli, ha anche un forte sapore politico in ottica europea. E’ un riconoscimento. La presidente della Commissione è espressione del Ppe certo, ma è il simbolo di un patto di governo con i Socialisti che sembra vacillare. O che almeno Meloni punta a ribaltare con i Conservatori, complice anche il Qatar gate, l’anno prossimo quando ci saranno le elezioni. Dunque giusto avere buoni rapporti di vicinato. Non si sa mai. Nessuna benedizione, dunque. Al contrario di quella che riceverà oggi Meloni: attesa in Vaticano per la prima udienza da Papa Francesco.

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.