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Il governo Meloni

Giorgia corre da sola: prende il triplo dei ministri e decide senza informare Lega e FI

Simone Canettieri

Al Colle la premier incaricata fa gli ultimi ritocchi alla lista: “Mi assumo la responsabilità di scelte non concordate”. A Salvini toglie il controllo sui porti e fa l'ultimo sgarro a Forza Italia. Oggi il giuramento, domani Cdm

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“Presidente, mi assumo la responsabilità di alcune scelte non concordate con la coalizione”. Nell’ora e venti minuti  di colloquio con Sergio Mattarella, Giorgia Meloni decide di infliggere gli ultimi due colpi agli alleati. Non bastava il no al Viminale, alla Giustizia e al Mise. Al vicepremier leghista Matteo Salvini la “capa” toglie la delega sui porti e quindi sulle capitanerie e sul controllo degli sbarchi creando il ministero del Sud e del Mare,  affidato all’ex governatore della Sicilia Nello Musumeci, fedelissimo. Allo stesso tempo, la premier scombina i piani di Forza Italia: fuori Gloria Saccani, deputata e amica della quasi moglie del Cav. Marta Fascina, e dentro l’azzurra Anna Maria Bernini. La lista, già supervisionata dal Colle con cura nei giorni scorsi nelle caselle sensibili, non è una sorpresa per il Quirinale ma per gli alleati. Meloni va di fretta. Oggi ci sarà il giuramento. Domani alle 10.30 il passaggio della campanella con Mario Draghi e a seguire alle 12 il primo Consiglio dei ministri


Dal Quirinale apprezzano la velocità perché “non c’è tempo da perdere: troppi sono i problemi del paese”. L’importante è partire, ma le lacerazioni degli ultimi giorni lasciano qualche preoccupazione. L’incontro risolutivo al Colle Giorgia Meloni lo conduce davanti al Capo dello stato, al segretario generale Ugo Zampetti e al consigliere di stato per gli Affari giuridici Daniele Cabras. Ed è in questa occasione che decide l’ultimo strappo con gli alleati. A partire da Matteo Salvini: gli soffia il controllo sui porti. E dalla Lega, in attesa dei decreti per i nuovi ministeri, non la prendono benissimo e dissimulano: “Nessun problema con le deleghe”. Non se l’aspettavano questo depotenziamento, visto che la gestione dei porti era ritenuta fondamentale per le battaglie sul controllo dei flussi migratori. Questione di like e propaganda, insomma. Per il resto, il Carroccio incassa anche l’addio, abbastanza annunciato, al Viminale per Salvini: il ministero va nelle mani di un uomo di stato come Matteo Piantedosi, prefetto di Roma ed ex capo gabinetto del Capitano ai tempi gialloverdi, ma dotato di autonomia e rapporti trasversali.

 

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Meloni balla sul filo, e da sola. Non a caso la consultazione della mattina con tutto il centrodestra dura una decina di minuti. Silvio Berlusconi è silenziato. Nessun siparietto al momento delle dichiarazioni, come quattro anni fa, al massimo qualche simpatica smorfia. Anche se il Cav. al termine dell’incontro mattutino spiega al Capo dello stato che “io sono un atlantista, convinto sostenitore dell’Occidente”.Meloni, ormai donna Giorgia, usa questa tattica: informa i singoli partiti dei loro nomi nella squadra di governo, senza però un quadro d’insieme e con la premessa che “le cose lì dentro potrebbero cambiare”. Alla fine, cognomi e appartenenze politiche alla mano, la premier gioca con lo schema 5-5-15 (più un tecnico indipendente). E’ il manuale Giorgia Cencelli: Fratelli d’Italia, che ha preso il 26 per cento alle elezioni, incassa il triplo dei ministeri rispetto a Lega e Forza Italia che hanno raccolto rispettivamente circa un terzo dei voti (8 per cento). Meloni è pronta a incontrare Macron. Primo cdm sulle bollette.

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