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L'intervista

Conte: "I decreti Sicurezza furono un errore. Sì a riforme condivise con Meloni"

Simone Canettieri

Il capo del M5s al Foglio: "Al netto della propaganda che ne fece Salvini non firmerei più quei provvedimenti. Ritornare con Letta e magari con il Terzo polo? No ai carrozzoni. Draghi poco efficace sulla crisi energetica" 

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“Non firmerei più i decreti Sicurezza. Al netto della propaganda che ne fece Matteo Salvini, visto che non prevedevano di tenere le persone sulle barche, ma un principio ben diverso sulla distribuzione dei migranti. Detto questo, riguardando la mia esperienza da premier, ammetto che fu un errore, anche se vanno considerate le condizioni politiche della maggioranza che rappresentavo”.

Giuseppe Conte ha da poco terminato l’intervista a questo giornale negli studi di Utopia. E prima di tornare a trottare, tutto ringalluzzito, in campagna elettorale si concede ancora al Foglio per rispondere a qualche domanda fuori busta. E’ raggiante. I suoi collaboratori – c’è anche Rocco Casalino – dicono sottovoce, e toccando ferro, che agganciare il Pd non è un sogno proibito. Chissà.  “Come vedo Letta il 26 settembre? Non lo vedo e non lo sento da un pezzo...”. 


Al contrario il capo del M5s dice di sentire tutti i giorni Beppe Grillo. Chissà se è vero. In fin dei conti dopo essersi sbarazzato di Casaleggio, di Di Maio, di Dibba, mancherebbe l’ultimo tassello.  L’argomento è scivoloso, e dunque l’imperativo è: non svegliare l’Elevato che dorme. In compenso il fu riferimento altissimo dei progressisti, per incoronazione dell’ex segretario del Pd Nicola Zingaretti, dopo un anno e nove mesi si sente comodissimo in questo vestito. “Calenda, Renzi e Letta inseguono l’agenda Draghi che non esiste: facciano. Io sto dalla parte dei cittadini”. Andrea Orlando, la sinistra del Pd, dice per esempio che dopo le elezioni il Terzo polo, i dem e il M5s dovranno tornare insieme. Conte mette su un sorrisetto furbo.

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E spara: “Orlando fa i conti senza l’oste, la proposta di una grande coalizione non ha alcun senso in queste condizioni, con questi vertici del Pd”. Ma dopo le politiche ci saranno le regionali nel Lazio, in Lombardia e in Friuli Venezia Giulia: senza accordi siete spacciati. “Fate decidere agli elettori. Chi vota il M5s non vota cartelli elettorali last minute, ma un programma che si propone di durare 5 anni, che ci impegniamo a portare avanti costi quel che costi. Noi stiamo chiedendo il voto a chi condivide i nostri obiettivi politici, altrimenti non ci votate”.

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Durante l’intervista, davanti alle telecamere di Utopia, l’avvocato del popolo ha provato a spiegare come possano convivere l’orgoglio per la controffensiva ucraina e lo stop all’invio di nuove armi.  Esercizio retorico non semplice: “Vogliamo capire  quale sia la nostra strategia, il nostro obiettivo non deve essere sconfiggere militarmente la Russia, ma lavorare a una soluzione politica e a un negoziato di pace. Nuovi invii di armi in tempi di recessione economica non sono opportuni. Continuino Usa e Uk, noi possiamo aiutare a costruire un percorso di pace credibile, questo deve essere il nostro contributo”. E se adesso Putin le telefonasse cosa gli direbbe? “A Putin direi che un negoziato conviene anche a lui, se non soprattutto a lui. E lo convincerei che una pace, nell’integrità territoriale dell’Ucraina, è l’unica prospettiva che ci consente di superare la situazione attuale. Poi l’aggressione militare la deve pagare, ma deve guardare al futuro. Vuole dipendere dalla Cina? Lo stuzzicherei su questo: cadere nelle braccia esclusive del gigante cinese non converrebbe alla Russia”.

Ma le sanzioni vanno tolte come sostiene Salvini? “Assolutamente no, non possiamo dire abbiamo scherzato. Poi se devo dirmi convinto che stanno distruggendo l’economia russa no, l’economia russa è strutturata in modo da reggerle”.

Per Conte, Mario Draghi è stato colui che ha proseguito il lavoro del precedente governo su pandemia e Pnrr. “Ma gli è mancata visione strategica sulle conseguenze energetiche della guerra in Russia, fossi stato io premier mi sarei piantato a Bruxelles per convincere gli altri paesi a una strategia collettiva”. Il capo dei grillini, che forse ormai sono “contini” o meglio tutti contiani, si infervora, guarda la telecamera, e rilancia: “E’ immorale non risolvere la questione dei crediti incagliati del Superbonus, non siamo pronti a ritirare tutti gli emendamenti al dl Aiuti bis, ma il governo faccia qualcosa o se ne assumerà le responsabilità”.  

A Draghi e al Pd, l’ex premier imputa anche la scissione di Luigi Di Maio (“inviterete anche lui o lo avete già abbandonato?”, domanda maramaldo). In quanto gli avrebbero permesso di “organizzare una scissione e di mandare in fibrillazione il governo  in un momento di crisi internazionale”.
Il Conte rosso è convinto che alla fine il suo partito sarà il più votato al sud, scommette sul big bang del Pd e quindi in qualche modo vorrebbe sostituirsi a Letta anche come punto di riferimento, dall’opposizione, di un ipotetico governo Meloni.   E quindi sulla possibilità di partecipare a una bicamerale sulle riforme pattina (come sull’Ucraina e le armi), ma non si sottrae, alla fine. “Da sempre noi sosteniamo la necessità di intervenire costituzionalmente per stabilizzare gli esecutivi, ma è sbagliato fare delle riforme istituzionali un argomento di discussione in campagna elettorale per prendere voti”. E quindi? “Il dibattito sul presidenzialismo deve essere separato da logiche di parte. Il M5s  ha le sue proposte, siamo disposti a confrontarci con Fratelli d’Italia, dopo aver verificato che ci siano le condizioni per migliorare il quadro costituzionale”. Stop alla diretta, inizia l’abiura: “I decreti sicurezza furono un errore”. 
 

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