Foto di Claudio Martinelli, via Ansa 

L'intervista

“La Lega in Veneto è all'ultima spiaggia”. Parla Bano, sindaco dissidente

Francesco Gottardi

Aveva predetto il disastro delle amministrative. Ora il primo cittadino di Noventa Padovana traccia la via per contrastare il sorpasso di Fratelli d’Italia sul Carroccio. “Autonomia, congressi e territorio. Ma in fretta: i veneti non fanno rivoluzioni, piuttosto cambiano cavallo”

Il grande problema non è tanto l’election day, quando Fratelli d’Italia supererà la Lega perfino nell’inespugnabile Veneto. “Anche se l’umiliazione prevista dagli ultimi sondaggi è esagerata: qui abbiamo Zaia e Marcato, una storica presenza amministrativa che reggerà l’urto”. Ma dopo, cosa succederà? “Se non torniamo alla stagione dei congressi, rischiamo di perdere tutto. A partire dal nostro governatore”, il monito dal nordest. E Marcello Bano, sindaco di Noventa Padovana, nell’universo del Carroccio decadente è un po’ come l’uomo folle di Nietzsche, che va annunciando la morte di Dio (Po): gli altri lo ignorano, lo isolano – o soltanto minacciano di espellerlo: “Più delle purghe, ora è il momento di remare uniti verso le urne”.

 

Alla fine però, Bano si è dimostrato profeta in patria. Quasi sempre. “Sono stato il primo a metterci in guardia alle amministrative, quando la Lega romanocentrica candidava Peghin a Padova e appoggiava Sboarina a Verona. E com’è andata a finire?”. Un fragoroso disastro. “Sono stato il primo, lo scorso 19 aprile, a spegnere l’illuminazione pubblica nelle ore notturne per far fronte al caro bollette”. E in effetti, nei mesi a seguire, decine di sindaci ad andargli dietro. “Sono stato anche fra i primi ad opporsi alle sanzioni alla Russia”. Momento. Tu quoque, l’operosa Liga veneta che si mette a scimmiottare Salvini in Piazza Rossa? “Guai a darmi del filo-Putin. Però ragioniamoci sopra”, spiega Bano, parafrasando invece il doge. “Ergersi a difesa della sovranità ucraina in ogni modo possibile ci fa onore. Ma ci fa anche arrivare a fine mese con l’acqua alla gola: non ci possiamo permettere un’economia di guerra, togliendo lavoro ai cittadini. Siamo gente pratica, noi, aggrappata al risultato. E lo stesso vale per l’autonomia”. Cioè? “I veneti non fanno rivoluzioni. Piuttosto cambiano cavallo”.

 

Tradotto: senza una legge costituzionale per la regione a statuto speciale, si fa presto a dilapidare la maggioranza bulgara in quota Lega. “La nostra visione in materia è diametralmente opposta a quella di Fratelli d’Italia”, che pure, attraverso il coordinatore regionale De Carlo assicura che statalismo e federalismo possono convivere. “Di loro non mi fido, si mettano d’accordo”, replica Bano. “Crosetto proprio in queste ore ha detto che l’autonomia viene dopo la crisi e il presidenzialismo. Ma i veneti non hanno più pazienza”. La data simbolo c’è già.

 

E fa scattare la scintilla negli occhi del sindaco di Noventa. “Il 22 ottobre. Nel 2017 fu il coronamento di un sogno, quel referendum che ancora oggi attende di essere rispettato. Nel 1866 fu un plebiscito-truffa”, il veneto leon sotto la corona sabauda, che la storia d’Italia però chiama annessione. “Quindi nel 2022, fra poco più di un mese, mi auguro ci sia rispetto da parte del nuovo governo di centrodestra: l’unica autonomia che abbiamo visto è quella per Roma capitale. Direi che noi la meritiamo di più. Se invece arriverà una roba finta ne prenderemo atto. E saranno dolori”.

 

Ne andrebbe di mezzo anche il governatore più amato d’Italia. “La bolla elettorale non mi preoccupa”, continua Bano. “Anche Renzi una volta prese il 40 per cento e poi sparì. Ma il giorno dopo la vittoria, FdI rivendicherà il prossimo presidente del Veneto. E a quel punto la Lega avrà una sola possibilità per ribaltare la situazione: le europee del 2024. Se perderemo anche lì, addio linea Zaia. Ve li vedete, i meloniani al comando dalle nostre parti?”. Mah. “Per questo bisogna ripristinare i congressi. Subito. Non c’è tempo da perdere per ristrutturarci: il Carroccio continua ad avere un potenziale straordinario, sarebbe un peccato mortale dilapidarlo per sordità nei confronti del territorio. E Roma finora non ci sente”. Anche i candidati ai seggi, tutti di comprovata fede salviniana. “Complice la legge elettorale, i cittadini non scelgono più. In più la Lega deve fare i conti con la realtà: una volta c’erano più sedie che culi, ora è il contrario”.

 

Stoccate sparse. Eppure l’amministratore non si mette ad attaccare il segretario. “Da militare ero paracadutista, il signorsì ci vuole anche nel disaccordo. Davanti a un superiore eletto”. Ma trasforma in boomerang il suo piano nell’ombra: “Salvini trama per indebolire Zaia? Luca ha un ruolo amministrativo, Matteo un ruolo politico. Oneri e onori della leadership: dovrà essere così anche il 25 settembre, comunque vada”. Un solo sconfitto. “Salvini ha bisogno di una Lega forte e questa è Zaia, il frontman che amministra bene. E infatti sui cartelloni usa l’immagine del governatore molto più di quel che fa trapelare in tv. Ora mandiamo giù i bocconi amari, le somme si faranno dopo il voto. Ripeto: la questione non è Salvini, ma ricucire il tessuto fra base e vertici”.

 

Come il partito di lotta che fu. “Quello del mio grande maestro Giancarlo Gentilini: ascolta sempre le difficoltà dei cittadini, mi diceva”. Oggi invece, inaugurando un centro commerciale, perfino il 93enne ex sindaco di Treviso dice “Mussolini, Dio, patria e famiglia”. È proprio l’anno di Meloni, poco da fare.