Estremista e sovranista: vista da lontano, la destra italiana è sempre quella

Claudio Cerasa

Il tentativo di mostrare in Italia un volto più moderato si infrange sulle alleanze europee di Meloni e Salvini con partiti a forte vocazione populista, nazionalista e anti Ue. Il difetto di essere atlantisti senza essere europeisti

Se la si guarda osservando il nostro ombelico, osservando l’Italia, la politica estera, per il centrodestra, coincide contemporaneamente con un punto di forza e con un punto di debolezza della coalizione BeSaMe mucho (Berlusconi-Salvini-Meloni). Un punto di forza perché è sulla politica estera che Giorgia Meloni ha trovato una sua nuova verginità politica, sposando senza ambiguità la linea atlantista della difesa dell’Ucraina, mettendo da parte negli ultimi mesi i rapporti con Marine Le Pen (non sostenuta alle presidenziali francesi), rifiutandosi di farsi vedere in giro con Viktor Orbán (con cui Meloni sostiene di aver interrotto i rapporti dal giorno successivo all’invasione dell’Ucraina) e condannando i crimini di Vladimir Putin con una forza tale da aver fatto improvvisamente dimenticare tutte le sconsiderate uscite complottiste squadernate durante la campagna vaccinale. Un punto di debolezza perché è sulla politica estera che Matteo Salvini  ha trovato uno specchio spietato, capace di riflettere in ogni istante le sue ambiguità, il suo populismo, il suo nazionalismo, il suo anti europeismo i suoi numerosi scheletri nell’armadio.

   

Quegli scheletri nell’armadio magnificamente riassunti mesi fa dal sindaco polacco di Przemysl che ha mostrato di fronte a Matteo Salvini la t-shirt putiniana che aveva indossato cinque anni prima a Mosca (Salvini ha sottoscritto con il partito di Vladimir Putin un accordo di cooperazione rafforzata nel 2017, confermato dalla Lega nel marzo del 2022). Se la si guarda osservando il nostro ombelico, osservando l’Italia, la politica estera, per il centrodestra, costituisce dunque lo spartiacque tra un populismo che cerca di fare i conti con alcuni tabù del passato e un populismo che i conti con il passato sceglie di farli mettendo la polvere sotto il tappeto della politica.

 

Ma se la politica estera di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini la si osserva allargando ancora di più l’inquadratura, si capirà facilmente e fatalmente che ogni tentativo della destra italiana di mostrare in Italia un suo volto più moderato rischia di essere inficiato in modo irreversibile se si osservano con attenzione i cugini europei e poco europeisti di Salvini e Meloni.

 

Ci sono Le Pen e Orbán per Salvini, e tanto basterebbe a capire qual è il così detto progetto moderato della Lega, ma ci sono, in giro per l’Europa, altri esempi eclatanti di populismi irreversibili. Con chi è alleato in Europa il partito estremista e post nazista chiamato AfD, che sogna di disgregare l’Eurozona, di mettere un punto al piano di condivisione del debito pubblico europeo e che considera doveroso lasciare l’Italia al suo destino quando si parla di migranti? Con la Lega, ovviamente. E con chi è alleato in Europa il partito olandese Forum voor Democratie che durante la fase più acuta della pandemia ha fatto battaglia contro i vaccini e che durante l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha dato la colpa all’occidente? Con Giorgia Meloni, ovviamente. E con chi è alleato in Europa il partito estremista portoghese Chega? Con Matteo Salvini. E con chi è alleato in Europa il partito estremista spagnolo Vox? Con Giorgia Meloni.

  

In Europa, non c’è partito nazionalista, sovranista, antieuropeista e populista che non abbia un qualche rapporto speciale con i due partiti guida della coalizione di centrodestra e ogni volta che in Europa vi è un partito o un movimento che sogna di indebolire l’Unione europea, che sogna di spezzare la solidarietà degli stati sovrani, che sogna di indebolire il tessuto della democrazia liberale, che sogna di portare avanti progetti di disgregazione non troppo diversi rispetto a quelli desiderati da Putin, ogni volta che tutto questo succede è facile imbattersi, in Europa, in un qualche partito con cui vanno a braccetto Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

   

Capita quando si passeggia in Europa, ovviamente, ma capita anche quando si passeggia fuori dall’Europa e ci si imbatte faticosamente nel Partito repubblicano, nel partito di Donald Trump, che i sovranisti italiani considerano ancora oggi, a tutti gli effetti, il simbolo di un mondo che sognano di far vivere in Italia. Si dirà: e che male c’è per un partito di destra nell’identificarsi con il partito conservatore americano? Nessuno. Se non fosse che dal 6 gennaio del 2021 a oggi né Matteo Salvini né Giorgia Meloni hanno trovato il tempo e il modo di commentare con tono negativo e con parole definitive il tentativo di colpo di stato tentato da Trump prima dell’assalto a Capitol Hill. Se la si osserva in Italia, la destra italiana prova in tutti i modi a offrire segnali di normalità, di moderazione, di trasformazione. Se la si osserva fuori dall’Italia, per quello che fa, per quello che sogna, per quello che progetta, la destra italiana continua inesorabilmente a mostrare la sua natura estremista, sovranista e nazionalista. E continua a farlo per una ragione semplice, lineare, che si trova alla radice del suo ineluttabile estremismo: essere atlantisti senza essere europeisti.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.