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“La Fiamma? Io votai per toglierla dal simbolo”. Parla Marsilio

Gianluca De Rosa

 “Sogno che FdI sia una  grande forza popolare. Orbán? Non è il nostro mito”. L'intervista al presidente della regione Abruzzo

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“Pensi che io ero contrario a tenere la fiamma nel simbolo: la nostra scelta non era tornare ad An, ma fare il polo delle libertà che Fini e Berlusconi non erano riusciti a realizzare”. Marco Marsilio, fratello d’Italia al governo della regione Abruzzo e vicepresidente dei conservatori europei, è raggiante. E’ appena tornato dalla direzione del partito durante la quale Giorgia Meloni ha tracciato la strada verso Palazzo Chigi. “C’è un entusiasmo straripante”, ammette prima di tornare sulle radici del partito. Perché è da lì che, sostiene lui che con Giorgia Meloni ha militato fin da ragazzo in Azione Giovani, non ci sono margini di equivoci per collegare FdI alla tradizione post fascista italiana.

 

“All’inizio – ricorda – il simbolo era un nastro tricolore”. Come accade dunque che quella Fiamma rimase poi lì ad ammiccare ai nostalgici del passato che fu? “Un battaglione di ex An in cerca di gloria – racconta il governatore – tentò di mettere le mani sulla fondazione An, e dunque sulla fiamma, noi vincemmo il diritto all’utilizzo del simbolo, a quel punto se non lo avessimo depositato qualcuno nel tentativo di recuperare i voti di alcuni nostalgici missini avrebbe potuto usarlo, io comunque, ripeto, ero contrario anche allora: l’origine autentica di Fratelli d’Italia è quella di fare un partito di centrodestra aperto e inclusivo, una grande forza popolare”. 

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Eppure ancora oggi si riportano inchieste, rapporti imbarazzanti talvolta con esponenti neofascisti. “Se i nostri avversari punteranno su questo – dice Marsilio – faranno un errore. Letta non ci demonizza, ma c’è tutto un mondo collaterale al Pd, che su questo ha già iniziato a martellare”. 

 

Meloni dice che che FdI è affidabile all’estero, ma anche sulla stampa internazionale sono usciti articoli allarmati. “Il New York Times è come Repubblica, è un giornale progressista su Meloni scrive le stesse cose che scrive sui repubblicani americani, è fisiologico”, sostiene Marsilio. Ma se è vero che la posizione di FdI sulla guerra in Ucraina è stata sempre limpidamente atlantista lo è altrettanto che il partito di Meloni ha un rapporto stretto con il presidente ungherese Viktor Orbán, l’unico capo di governo europeo con posizioni fuori linea sul conflitto in Ucrainia. “Orbán non è il nostro mito”, chiarisce subito il governatore. “E’ vero che abbiamo avuto un rapporto con lui, su alcune cose siamo d’accordo, su altre, come la guerra, no, anche per questo non è nel gruppo dei conservatori in Ue”. Anche gli alleati, Salvini in testa hanno posizioni diverse sull’Ucraina. “Forse c’è stata un po’ di timidezza comunicativa”, ammette. “Ma quando c’era da votare gli atti, compreso l’invio di armi all’Ucraina, mi pare che la Lega abbia seguito la linea atlantista del governo Draghi”.

 

Torniamo a FdI. Fascisti no, atlantisti sì, ma con l’Europa? “Sull’europeismo credo ci sia un po’ di confusione: noi non chiediamo meno Europa, ma più Europa. Vera, democratica e popolare, chiediamo che chi la guida, sia eletto dai cittadini europei”, dice Marsilio prima di fare una spiazzante apertura antisovranista. “Così si può davvero avere un’Europa più forte, alla quale siamo disposti a cedere pezzi, anche importanti, di sovranità: esercito comune europeo, difesa comune, integrazione industriale e approvvigionamento delle risorse. L’Europa deve occuparsi delle sfide davvero internazionali, sfrondando le competenze meramente burocratiche che devono essere in campo agli stati e non a una burocrazia autoreferenziale che non deve rendere conto a nessuno, è un principio liberale, la sussidiarietà, si fanno le cose al livello appropriato”.

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Comunque anche per spaventare, prima bisogna vincere. Dica la verità un po’ Salvini vi preoccupa? “Quello che chiede Giorgia è non cadere nella rissa, rimanere seri, fare proposte serie, concrete, senza promesse che non si possono mantenere”, glissa il governatore. Eppure gli alleati ne sparano di ogni… Salvini è abbastanza serio?  “Diciamo che ogni partito avrà un suo programma e noi su quelli degli alleati non potremmo mettere bocca, ma ci sarà anche un  breve programma di coalizione  sul quale ci saranno proposte chiare, condivise, ma soprattutto serie”.

 

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Le frizioni con il Carroccio potrebbero riguardare anche il programma. Il governo di centrodestra, se ci sarà, farà l’autonomia differenziata invocata dai governatori della Lega? “Potrei rispondere così: il governo gialloverde, dove Salvini era vicepremier, l’ha fatta? Ma non mi tiro indietro: sul punto partiamo chiaramente da posizioni diverse, ma la Lega non è più quella della secessioni e noi non siamo più centralisti a tutti i costi. Zaia accettò FdI in coalizione solo dopo aver sottoscritto un documento con Meloni proprio sull’autonomia differenziata, penso si debba ripartire da quel documento. Bisogna individuare le prestazioni e i livelli essenziali di assistenza che devono essere garantiti ovunque grazie al fondo perequativo, fatto quello noi ci siamo”. Basterà ai governatori leghisti del nord? “Penso proprio che saranno contenti rispetto al niente che è stato fatto fino ad adesso”.

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