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Il racconto

Fratelli di che? Storia di un simbolo, con una chicca di Crosetto

Per decidere il nome dell'adesso primo partito del paese secondo i sondaggi ne hanno proposti di ogni, ma quelli che contenevano Italia, patria e nazione erano già stati usati. La fiamma però è rimasta

Il liberale e i fascisti. Il racconto di Guido Crosetto sulla scelta del nome Fratelli d’Italia faceva molto ridere e lui lo ripeteva divertito nel Transatlantico semi deserto parlando di una riunione del giorno prima quando si era verificato che tutte le formule che comprendessero Italia, Patria, Nazione, precondizioni poste da Giorgia Meloni, erano già state usate nella storia della destra e mescolate in mille forme. Storia di frazionismo pari se non superiore a quella della sinistra ma coperta dalle tenebre dell’imprinting nero. Storia di gruppuscoli, scissioni dell’atomo, riviste, ciclostilati in proprio nella lunga e tormentata marcia dal fascismo alla destra di governo ma sempre con un pizzico di nostalgia. 

 

C’erano Giorgia Meloni, Fabio Rampelli, Ignazio La Russa che per il gruppo scissionista al Senato nel dicembre del 2012 aveva già escogitato il nome Centrodestra nazionale e lo difendeva a spada tratta a forza di “digiamo”, Crosetto naturalmente tipo “Lost in Translation”, cathwinianamente in versione che ci faccio qui, assolutamente digiuno dello slalom storico-simbolico che la destra italiana aveva fatto nella storia repubblicana a partire dall’onomastica. Dunque se qualcuno proponeva Nuova Patria si alzava La Russa per dire che in una fase X la corrente tal dei tali aveva assunto quella denominazione, quindi meglio lasciar perdere. E Rampelli su un’altra proposta ripescava una fazione romana che aveva preso quel nome per qualche mese salvo sparire e confluire in altri lidi. 

 

“Non potevo credere che li avessero usati tutti – raccontava Crosetto –. Io che avevo sempre votato Democrazia cristiana e poi Forza Italia pensavo fosse più semplice. Invece tirarono fuori almeno 100 nomi e in qualche modo nessuno andava bene per collegamenti a me sconosciuti. Mi ricordo che pensai: sono finito in una gabbia di matti, questi post fascisti sono ossessivi”. Crosetto, per scherzare, non aveva paura allora usare la parola fascismo. Il racconto va contestualizzato al 2012: Fratelli d’Italia era una start up, tutto era da costruire tranne la solida leadership di una donna forte come Meloni, si trattava di un partito che alla successive elezioni del 2013 prese 9 deputati e zero senatori anziché veleggiare come oggi al 23 per cento con vista su Palazzo Chigi.

 

Dieci anni non facevano paura a nessuno, oggi a molti ma probabilmente non al popolo. A Mameli, al suo inno, alle sue parole di giovane resistente morto in battaglia non avevano mai pensato i camerati delle varie decadi post-ventennio. Fratelli d’Italia dunque era nazionalista, oggi si direbbe sovranista, evocativo, senza controindicazioni, piaceva a Giorgia e a Crosetto, non a La Russa che difendeva l’indifendibile Centrodestra nazionale. Eppoi non si sapeva quanto sarebbe durato, pazienza se l’acronimo è brutto (FdI), se non si sa come chiamare i fratelli nei pastoni dei Tg e negli articoli. Vinse Giorgia che naturalmente lasciò la Fiamma del Msi e di Alleanza nazionale sotto al nome. Per nostalgia, per riprendere i voti smarriti da Gianfranco Fini? Lo capiremo molto presto.

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