La crisi ucraina

Draghi spinge per le sanzioni alla Russia ma non rinuncia ancora al negoziato

Asse Gentiloni-Di Maio. La prossima settimana il premier parla alle Camere. Telefonata con Macron

Carmelo Caruso

Il governo condanna l'aggressione. Sanzioni mirate in accordo con la Ue. Non cade la possibilità dell'incontro a Mosca. Fastidio per le accuse internazionali mosse all'Italia: "L'Italia non è guerrafondaia ma neppure opportunista"

C’è stata la condanna, ci saranno le sanzioni. E’ falso dire che l’Italia “esita”. Mario Draghi interviene sulla crisi ucraina. L’invasione delle truppe russe? “Esprimo la mia più forte condanna per la decisione del governo russo di riconoscere i due territori separatisti del Donbas”. L’azione di Putin? “Un’inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell’integrità territoriale dell’Ucraina”. Oggi il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, si presenterà in Parlamento. La prossima settimana lo farà Draghi. L’Italia è per applicare nei confronti della Russia sanzioni di tipo progressivo. La possibilità di un incontro a Mosca Draghi-Putin non è caduta.

 
La parola che in questo momento sostituisce il fuoco è “sanzioni”. Il governo ribadirà per voce di Di Maio che la “via del dialogo resta essenziale” ma che la strada delle sanzioni è ora “l’unica percorribile”. Alle 13 il ministro relazionerà al Senato, alle 16 alla Camera. Il Parlamento verrà aggiornato perché l’esecutivo, “racconterà in maniera informata l’evoluzione e gli sviluppi di questa crisi”. Non è bastato. FdI ha costruito intorno alla mancata presenza di Draghi una polemica. Lo ha fatto nella conferenza dei capigruppo. Perché Di Maio e non Draghi? Adolfo Urso, esponente del partito di Giorgia Meloni, e alla guida del Copasir, ieri riunito, in una dotta nota, ha sollecitato il premier a intervenire “in relazione alle possibili ricadute sulla sicurezza nazionale del paese”. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, in questi giorni preso di mira, diviso su tre fronti (gestire le richieste di FdI, incassare il voto del Milleproroghe, porre la questione di fiducia sul dl Covid, il voto sarà proprio oggi) ha verificato la disponibilità di Draghi a essere presente in Aula la prossima settimana. C’è chi ha letto in questa disponibilità di tutto. Per alcuni era superfluo perché tardi, per altri era fisiologico in attesa del possibile incontro con Putin, per altri ancora un modo per distendere i rapporti con l’Aula e aiutare nella mediazione il suo ministro. Una versione ulteriore: un cortocircuito tra il ministro e Chigi. Sono versioni di uno stesso fatto e si riportano solo per completezza. Ma non sono verità.

 

La verità è che per soddisfare le richieste di maggiore coordinamento tra governo e Aula si sta sperimentando qualcosa di nuovo. Ieri, ad esempio, si è tenuta una riunione allargata tra D’Incà, Garofoli, Giancarlo Giorgetti, e il sottosegretario dello Sviluppo economico Pichetto Fratin. Si è esaminato lo stato d’avanzamento del ddl Concorrenza fermo in Senato. In futuro il governo cercherà di coinvolgere i presidenti di commissioni e i relatori dei testi. La politica estera ha tuttavia cambiato il tempo del governo. Oggi il premier sarà in visita a Firenze per partecipare all’incontro dei vescovi e sindaci del Mediterraneo. Potrebbe intervenire nuovamente sulla crisi Ucraina, come ha fatto del resto durante la cerimonia di insediamento del nuovo presidente del Consiglio di stato, Franco Frattini, e parlare di strumenti sovranazionali. Il pragmatismo è insomma disarmo? 

 

L’Italia si è infatti ieri dovuta difendere dall’accusa di tiepidezza. Un editoriale del Wall Street Journal critico nei confronti degli Usa e dell’Europa ha parlato di “crepe nella risolutezza occidentale nei confronti della Russia”. Il bersaglio era però l’Italia. Ritagliando la parte di un ragionamento articolato esposto dal premier nel corso dell’ultima conferenza stampa, il quotidiano ha parlato di “resa preventiva”. Il passaggio che viene contestato a Draghi riguardava proprio le sanzioni che per il premier devono “essere concentrate su settori ristretti, senza comprendere l’energia”. La malizia è che l’Italia dipendendo dalla Russia, per il 90 per cento del suo fabbisogno energetico, non sia nelle condizioni di decidere. Chi è vicino al premier ha dunque parlato di un “pensiero fastidioso”. La risposta sarebbe stata: “Gli italiani non sono guerrafondai ma non sopportiamo di passare per opportunisti”. Non c’è insomma nessun contrasto con la politica delle sanzioni, al modello “Macron-von der Leyen”.

 

Ed è un modello condiviso dal commissario europeo Paolo Gentiloni. Il più convinto sostenitore dell’urgenza delle sanzioni è lui. E’ la spalla salda italiana a Bruxelles di Di Maio che ha ripetuto ancora che la Ue debba essere “ferma e irremovibile nella pretesa di ritirare le truppe dall’Ucraina”. La conversazione tra Gentiloni e il ministro degli Esteri si chiama ormai “riflessione”. Prima era cortesia, ora complicità. Per quanto riguarda le sanzioni si tratta di un pacchetto mirato: vengono colpiti i patrimoni degli oligarchi russi, si impedisce la libertà di circolazione in Europa degli uomini del Cremlino. E’ la politica dei gradi, non sanzioni sistemiche ma appropriate.

 

La possibilità di un conflitto tra Russia e Ucraina è sempre stata valutata da Draghi come uno scenario possibile. Per questa ragione il premier ha chiesto alla Ue di istituire un fondo di compensazione (simile a quello Brexit) per alleggerire l’impatto delle sanzioni sugli stati membri più esposti. Lo spavento del conflitto riduce a una riga la promessa di Draghi. L’ha formulata sempre ieri: “Il governo modificherà presto il codice degli appalti”. A mezza riga l’incontro tra Draghi e Giorgetti al Mise per tagliare il nastro della mostra Italia Geniale. Raccontano che ovviamente (non) hanno parlato solo di mostra.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio