L'analisi

Draghi è pronto ad annunciare il successo del 2021 sul Pnrr. Con un occhio al Quirinale

Valerio Valentini

Si punta a comunicare il raggiungimento dei 51 obiettivi nella conferenza stampa di fine anno, il 22 dicembre. La corsa per inviare il dossier a Bruxelles entro Natale e i 20 miliardi attesi entro Pasqua. Il traguardo parziale spinge Palazzo Chigi a sperare nell'apoteosi quirinalizia del premier. Con uno sguardo sul Portogallo

Essere puntuali è l’imperativo. Stupire, se possibile, l’ambizione. Di certo per ora c’è la data dell’annuncio: il 22 dicembre prossimo, nel corso della conferenza stampa di fine anno, Mario Draghi annuncerà il raggiungimento dei 51 obiettivi fissati nel Pnrr, e dunque l’invio del dossier a Bruxelles. Atto, questo, che secondo gli uffici della Commissione europea potrebbe accadere tra Natale e Capodanno. E che però a Palazzo Chigi, e qui sta il senso dell’ambizione, vorrebbero anticipare, provvedendo già nei prossimi giorni. Passaggio decisivo, in ogni caso, per fare sì che l’Italia possa avere fin d’ora la certezza di ricevere dalla Commissione europea, nel giro di due o tre mesi, la prima tranche ordinaria dei fondi del Recovery. 

E basta la cifra a dare l’idea dell’importanza dell’appuntamento. Perché dalla capacità dell’Italia di ottemperare agli obblighi fissati passano infatti oltre 20 miliardi: 11 di finanziamenti e poco meno di prestiti. E’ quasi il 10 per cento di quello che nel complesso Roma si vedrà recapitare, a patto di rispettare gli impegni del Pnrr, ed è poco meno dei 25 miliardi che, sotto forma di anticipo, il governo ha ricevuto in estate da Bruxelles. Ci vorranno mesi, in realtà, per il bonifico: perché prima la Commissione dovrà vagliare tutti i piani, poi erogherà le risorse. E a Palazzo Berlaymont, dove le formule di cautela sono di prassi, dicono che le operazioni si concluderanno “entro Pasqua”: metà aprile, dunque. 

Ma  non è solo una questione contabile. E’ la voglia e la necessità, da parte di Draghi, di dimostrare che è vero quel che Paolo Gentiloni, da commissario europeo agli Affari economici, dice dell’Italia: e cioè che siamo “well on track”. E occorre dimostrarlo subito, fin dalla prima delle molte scadenze previste. Anche per questioni di spazio diplomatico. Il 2022 sarà infatti l’anno della rinegoziazione del Patto di stabilità e delle normative sugli aiuti di stato. Sarà l’anno, secondo gli auspici di Palazzo Chigi, di un’inversione di rotta sulle politiche finanziarie. “Ma siccome gli altri paesi, compresi i nordici, hanno accettato di tassarsi per finanziare il Recovery di cui l’Italia sarà il principale beneficiario, è per noi essenziale dimostrare – ripete Draghi ai suoi ministri – che questo sforzo sarà ripagato, anche per togliere alibi a chi vuole impedire la revisione dei parametri di bilancio”. Rispettare gli impegni, quindi, per avere potere negoziale nel Consiglio europeo. 

E allora è anche per questo che il premier ha chiesto a tutti i ministeri uno sforzo. A volte anche personalmente, lo ha chiesto, alzando il telefono e chiamando i funzionari dei vari dipartimenti impegnati sui dossier più complicati. Coi tecnici del Mite di Roberto Cingolani, a esempio, qualche problema c’è stato. E anche la normativa sulla revisione degli appalti, gestita direttamente dagli uffici di Palazzo Chigi, ha presentato le sue difficoltà ancora nei giorni passati. Il tutto scandito dal sottosegretario Roberto Garofoli, metronomo e controllore. E se anche gli ultimi dettagli verranno, come sembra, limati nelle prossime ore, allora la cabina di regia insediata presso il Mef riuscirà a mandare il plico a Bruxelles in tempo per la chiusura dell’anno, forse già prima di Natale. Arriveremmo  subito dopo la Spagna, che ha chiuso la pratica  all’inizio del mese, ma insieme a Francia e Grecia, comunque nel novero dei solerti.

Una tabella di marcia che comunque permetterà a Draghi di rivendicare il conseguimento della missione nel corso della conferenza di fine anno. Un incontro con la stampa insolitamente anticipato al 22 dicembre, forse per rendere meno incombente la scadenza quirinalizia e dunque più eludibili le domande che al riguardo di sicuro arriveranno. Ma di certo, nella narrazione che Palazzo Chigi vuole suggerire, il traguardo parziale del Pnrr è un elemento fondamentale. Che darebbe l’idea, pur con una pandemia ancora in corso e non nella sua fase calante, di un paese in ordine. Forse non il migliore del mondo, come vorrebbe l’Economist, ma in ogni caso in grado di concedersi un’elezione del presidente della Repubblica senza vincoli o costrizioni. Senza cioè l’impossibilità, da parte del premier, di trasferirsi al Colle, con ciò che potrebbe conseguirne in termini di efficienza sul Pnrr. Per fine gennaio, quando cioè il risiko quirinalizio sarà stato risolto, sarà forse più chiaro anche l’impatto di eventuali elezioni anticipate sugli impegni di un paese coinvolto nell’attuazione del Recovery. Perché il Portogallo, che al voto  andrà il 30 di quel mese, con Bruxelles ha concordato una tabella di marcia con lievissime variazioni nelle scadenze del suo Pnrr, lasciando però attive, nonostante l’interruzione della legislatura,  le strutture governative preposte alla realizzazione del piano. Sarà il primo osservato speciale. E poi chissà.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.