Atreju, la festa dei giovani di Fratelli d'Italia (Ansa)

La festa di Fratelli d'Italia

Atreju: a Roma l'epifania dei conservatori

Andrea Venanzoni

Durante gli incontri con la controparte politica e istituzionale, da Conte a Di Maio e Cartabia, si poteva quasi cogliere il pentimento del partito per non essere al governo, perdendo l'occasione di istituzionalizzarsi. Ma da qui può ripartire Meloni, mentre emergono le contraddizioni a sinistra

 

Nella suggestiva cornice romana di Piazza Risorgimento, si è tenuta la ricchissima edizione 2021 della festa di Fratelli d’Italia, che da anni ormai ha mutuato il proprio nome dal protagonista del romanzo di Michael Ende, ‘La storia infinita’: il giovane Atreju, indomito antagonista dell’avanzata del Nulla, ha fatto perdere per via alla destra italiana i riferimenti, d’epoca MSI, agli Hobbit e a un certo nostalgismo che in genere segnava le fortune di giornalisti di sinistra sempre desiderosi di dispensare patentini di democraticità e attenti nel rovistare tra i libri in esposizione per tirarsene fuori dal mucchio gli Julius Evola, i Franco Freda, le memorie di qualche reduce della RSI, e imbastirci poi sopra lo scandaletto del weekend.

Quei libri non ci sono più, sostituiti dal gotha culturale del pensiero conservatore.

‘Natale dei conservatori’, recita infatti il nome della festa, divenuta a tutti gli effetti approdo di una vasta umanità politica estranea al perimetro di riferimento del partito padrone di casa e oscillante da Enrico Letta a Giuseppe Conte, dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia al ministro degli esteri Luigi Di Maio; intendiamoci, nel bulimico programma dipanatosi per sei giorni, tra interventi dei parlamentari di Fratelli d’Italia e presentazioni di libri, alcuni dei quali direttamente riferibili al pantheon culturale della destra, come ‘I ragazzi del ciclostile’ di Adalberto Baldoni e Alessandro Amorese, o il libro su Tony Augello, non sono mancati i momenti di introspezione e di autocoscienza culturale, spesso anche romanocentrica, di un certo mondo politico che non suole guardare al (rosso) sol dell’avvenire.

 

Più che Natale, è l'epifania 

Nella cornice di Piazza Risorgimento però più che un Natale sembra essere andata in scena l’epifania dei conservatori. Nei colloqui con esponenti della controparte politica, con garbo istituzionale e ascolto rispettoso della platea, si poteva cogliere quasi il ravvedimento di un partito che deve essersi piuttosto pentito della scelta di esser rimasto fuori dal Governo Draghi: e non per consonanza concettuale con il Governo di ‘unità nazionale’, che poi gratta gratta litiga su tutto tanto decide Mario Draghi, quanto per aver compreso, in una epifania solo traslata dalla via di Damasco al Rione Borgo, che quando arriveranno i risultati delle elezioni questi dovranno pur fare i conti con quel gigantesco vincolo esterno che è il Pnrr.

 

L’idea assai sagace della Lega, infatti, è stata quella di ingoiare l’amaro calice della caduta libera nei sondaggi ma di accreditarsi al tempo stesso agli occhi dell’Europa coi suoi ministri, in previsione di quando il governo cambierà ma lo spartito di esecuzione pratica dei target del Pnrr avrà ancora sopra l’occhiuta presenza dell’Europa. La Meloni al contrario è da tempo in gran spolvero nei sondaggi, che poi però gira e rigira in assenza di materiale capitalizzazione, leggasi elezioni, valgono quanto i soldi del Monopoly: mentre al contrario c’è necessità di legittimazione internazionale, per rendere spendibile quel tesoretto di voti se davvero sarà confermato dalle urne, ed allora quale migliore occasione di un ecumenismo altamente istituzionale?

 

Il pericolo fascista era solo avanspettacolo preelettorale

Ma la mossa della Meloni ha anche fatto emergere un aspetto significativo della sinistra, quella stessa sinistra che nelle settimane precedenti la tornata elettorale delle elezioni amministrative non ha fatto altro che gridare al pericolo fascista, mettendo nel metaforico mirino la presunta impresentabilità politica di FdI, passando sotto la lente di ingrandimento le singole candidature, echeggiando le inchieste su Baroni Neri ed eurodeputati, tentando improbi paragoni con Forza Nuova, e con tanto di ex ministro Giuseppe Provenzano che era arrivato a cinguettare la estraneità di FdI all’arco costituzionale: tutto quel pericolo, quegli alti lai di vigilanza democratica, sono evaporati come rugiada in una calda mattina primaverile, a fronte dei gentili inviti a salire sul palco per colloquiare amabilmente di politica. Il "pericolo fascista" era solo avanspettacolo preelettorale.

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