La strana coppia

Meloni premier? La credibilità in Europa passa per Draghi al Colle

Simone Canettieri

L'intesa tra il premier e la leader di FdI. Lei è pronta a votarlo, dopo il Cav. Lui è l’unico in grado di tranquillizzare la Ue se la sovranista va al governo. “Mario? Il nostro ombrello”, dice un colonnello

“Guardate che con Draghi ci parla molto più Giorgia di me”. Giovedì sera ad Atreju, nel backstage della festa di Fratelli d’Italia, a Enrico Letta è scappata questa battuta. Tuttavia il segretario del Pd ha illuminato un fatto reale. Giorgia Meloni, dall’opposizione, ha costruito un ponte solido con il premier. I due si sono visti tre volte. Durante le consultazioni il 5 febbraio, il 3 giugno e il 3 novembre. Ogni tanto si telefonano. Oppure, capita, che sia il gabinetto di Palazzo Chigi a parlare con la leader di FdI per cercare sponde, dicono i maligni, contro la Lega. Lei definisce il rapporto con Draghi “buono e cordiale”. Migliore rispetto a quello “che ha il premier con Salvini”, raccontano dalla festa di Natale dei conservatori.

    

Questa intesa – “che non va enfatizzata” – guarda alla presidenza della Repubblica. Giorgia, come tutto il centrodestra, è “impallata” (copyright dei meloniani) sulla candidatura del Cav. Ma se dovesse sfumare è pronta a votare Draghi. Per tre motivi. Il primo: l’ipotesi che si rotoli verso le elezioni anticipate. Il secondo: qualora, al contrario, si formasse un altro governo sarebbe comunque debole e le offrirebbe una prateria.

   

Ma soprattutto: solo Draghi al Quirinale può fare da garante con l’Europa davanti alla possibilità di Meloni premier. Solo l’ex banchiere, insomma, potrebbe darle l’incarico di formare un governo, senza scatenare le reazioni di mercati, cancellerie e Ue davanti allo scenario di una sovranista a Palazzo Chigi. “Sì, Draghi può essere la nostra garanzia, il nostro ombrello”, ammette un colonnello di Fratelli d’Italia. 

     
Meloni ha pensato di invitare il premier alla festa che si svolge a due passi dal Vaticano (domenica la chiusura della leader in contemporanea con l’Angelus del Papa: yo soy Francesco, yo soy Giorgia). Ma ha preferito lasciar perdere per “non mettere in difficoltà il presidente”. A cui riconosce di aver gestito bene la pandemia. “Nessuno lo dice: ma il 70 per cento dei provvedimenti del governo è passato finora con i nostri voti favorevoli o al massimo ci siamo astenuti”, dice Ignazio La Russa. Meloni quando va a Palazzo Chigi trova un interlocutore “attento alle nostre proposte”. Altro che Giuseppe Conte, dicono da destra. Da questo rapporto “sano”, come spiegano dal governo, è scaturita forse anche la direzione di una testata, Rai News, in quota FdI. Segnali di attenzione, appunto. Che potranno tornare utili a entrambi fra un mese e un fra un anno.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.