il retroscena

Il destino di Sassoli al Parlamento europeo dipende da Macron

Valerio Valentini

Il presidente uscente cerca la riconferma a Bruxelles. Ma i centristi liberali di En Marche saranno ago della bilancia a gennaio. "In tanti dei nostri preferiscono la maltese scelta dal ppe", dice Calenda. "Attenderemo le proposte", conferma il renziano Danti. Le mosse del Pd, la strategia del presidente francese per blindare Michel al Consiglio europeo

Chissà che non succeda a Bruxelles, quello che tutti temono possa accadere a Roma. Chissà che nella coincidenza di date e di accidenti, di suggestioni che si alimentano a vicenda, i centristi non si rivelino davvero decisivi proprio in Europa. Più nella contesa, in verità, che non nella conta. Perché anzi la minaccia dei numeri sembra funzionale proprio a guadagnarsi preventivamente spazio negoziale, ad alzare il prezzo del proprio sostegno, insomma a fare politica. “Attendiamo di capire le proposte che ci verranno fatte, e poi valuteremo”, sibila, allusivo, Nicola Danti, europarlamentare renziano di Renew, sentinella fedele del leader di Italia viva tra Strasburgo e Bruxelles. E tutto sembra quasi un gioco illusionistico. Perché a metà gennaio si voterà per il Colle, certo. E Matteo Renzi ha già iniziato le manovre preparatorie per dimostrare che, in caso di prova di forza, il basculare della galassia centrista potrebbe decidere delle sorti della sfida quirinalizia. Ma se al momento in Transatlantico questo scenario resta un’ipotesi, nei corridoi dei palazzi europei all’attendismo tattico del gruppo liberale di Renew guardano tutti con reale inquietudine. Specie David Sassoli, che ha attivato i suoi canali diplomatici proprio coi maggiorenti liberali guidati da Emmanuel Macron: sa che da lì passa la sua possibilità di essere confermato alla guida del Parlamento europeo. E sa che il suo passato recente non depone a suo favore.


Perché l’ingordigia con cui Sassoli s’è accaparrato la regia della conferenza sul futuro dell’Europa pare che abbia indispettito assai il liberale belga Guy Verhofstadt, che ora sussurra di avergliela giurata, di voler dirottare almeno una quarantina dei cento voti  del bacino liberale contro il candidato italiano. “Forse anche di più”, azzarda Carlo Calenda, che nel gruppo di Renew c’è entrato da due settimane, dopo aver abbandonato il Pd e i socialisti. “La candidata espressa dal Ppe, la maltese Roberta Metsola, riscuote molto favore tra i nostri”. Poi, certo, “le logiche nazionali vincono spesso su quelle di gruppo”, mette le mani avanti Calenda, “ma la scelta dei Popolari è stata intelligente”. Talmente intelligente che dalle parti del Pd hanno subito cercato buone ragioni per delegittimarla: “E’ una antiabortista convinta”, dicono, “e c’ha pure il marito implicato nei Panama Papers”.

E però quello della conta è un azzardo che Sassoli, e con lui i suoi sostenitori, vorrebbero evitare. La strategia sarebbe cioè quella di tirare in ballo gli equilibri politici generali, e non farne una questione personale. “Perché il punto vero è che senza la riconferma di un socialista alla guida dell’Assemblea, il Pse resterebbe escluso dalle cariche apicali dell’Ue proprio mentre l’Europa, con la vittoria dell’Spd in Germania, prende sempre più un volto progressista”, dice Brando Benifei, capo delegazione del Pd a Bruxelles. Se ne discuterà dunque al prossimo Consiglio europeo, quello del 16 dicembre. Quando i capi di stato e di governo discuteranno degli assetti complessivi della nuova Ue, quella che dovrà affrontare la seconda parte della legislatura. E in tanti guardano proprio a Macron come ago della bilancia. Perché il presidente francese, alla vigilia della sfida per l’Eliseo, della riconferma del “suo” Charles Michel alla guida del Consiglio europeo ne fa una questione non negoziabile. E dunque saprà cosa chiedere, a chi andrà a proporgli un patto, compreso Sassoli. Sempre che il dem non voglia puntare tutto sull’altra grande sfida di gennaio: quella per il Quirinale. Trovandosi però a dover fare i conti, anche lì, con gli ondivaghi centristi.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.