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Il retroscena

Grillo: "Avanti con Draghi fino al 2023: sta lavorando bene"

Lo sbarco a Roma del fondatore del Movimento continua a essere rimandato. Si fida poco del nuovo capo politico. E per ora lo evita

Simone Canettieri

Le telefonate fra il Garante M5s e il premier continuano a essere frequenti. Così Palazzo Chigi trova nel comico la sponda che non ha con Giuseppe Conte

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Beppe Grillo pensa che Mario Draghi debba portare a termine il lavoro che sta facendo, “e bene”, fino al 2023. Lo dice sempre. Soprattutto di questi tempi. Il Garante del M5s  nutre nei confronti del “premier grillino”, come lo  apostrofò ai tempi della nascita del governo, una stima concreta. I due si sentono con regolarità.

È accaduto a settembre, ma anche a ottobre per la manovra. E, di solito, la telefonata parte da Palazzo Chigi e raggiunge il buen retiro genovese del comico.  La strana coppia si è presa in simpatia. Tra loro scherzano.  Ma soprattutto si confrontano.  Draghi cerca in Grillo ciò che non riesce a trovare in Giuseppe Conte? Forse una sponda. Magari, a volte, un aiuto.  E, chissà,  una bussola per i mesi futuri. Il rapporto tra il comico e l’ex banchiere è solido.

Di fatto il governo è nato da una telefonata notturna, di due ore, fra queste due persone così agli antipodi. Un feeling, chissà quanto strumentale, che regge e va avanti. E che fa notizia rispetto alle fredde diplomazie che intercorrono fra il premier e il suo predecessore. Giuseppe Conte anche l’altra sera in tv si è precipitato a dire il contrario, che il filo con Draghi è solido e che, per una questione di stile evita di farsi pubblicità come Matteo Salvini tutte le volte che esce da quel Palazzo che ha governato per quasi tre anni. 
Grillo è convinto che l’Avvocato del popolo in qualche modo, al di là delle smentite di rito del diretto interessato, punti più di una fiche sul voto anticipato appena chiusa la partita del Colle. 

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Il Garante non si fida del nuovo capo politico del M5s. Qualcosa si è rotto. E  pensa che le urne saranno il vero spartiacque della transizione grillina: pochi eletti, ma quasi tutti di stretta osservanza contiana, il volano di un progetto che dopo mesi non riesce a decollare. 

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Grillo in questi mesi si è messo di lato, ma a modo suo. Sul blog ha portato avanti battaglie e proposte “visionarie” (su ambiente, stato sociale e geopolitica) ma allo stesso tempo ha continuato a ricevere le telefonate dei parlamentari e dei big scontenti del nuovo corso del Movimento. E quindi di Conte.

 

Tutte le settimane il comico è atteso a Roma per parlare alle truppe, magari in compagnia del nuovo capo. Una voce che spesso e volentieri viene messa in circolo proprio dal giro dell’ex premier per evitare questo gioco di sponda in cui è finito in mezzo (c’è sempre Luigi Di Maio da seguire in questo periodo: pronto ad arrivare primo su tutte le palle, dalla Rai alla faccenda dei capigruppo fino al collocamento europeo). 

E così anche ieri Grillo era atteso alla congiunta dei parlamentari pentastellati. Ma alla fine non si è visto. C’è chi dice che si presenterà oggi nella Capitale e chi ci crede davvero poco. Inutile ricordare che  l’ultimo blitz romano del Garante portò in dote parole poco lusinghiere per Conte (“non ha visione politica né capacità manageriali”). Da lì si iniziò con una lunga trattativa per evitare una scissione che alla fine produsse l’elezione dell’ex premier a capo del Movimento, seppur depotenziato in partenza vista la tara di Grillo. Una mezza soap opera culminata con il classico pranzo. Era luglio: i due si videro a Marina di Bibbona, al ristorante La Bolognese. E non a Villa Corallina. Un segnale. “Conte? E’ meglio se non lo incontro”, si sfoga in questi giorni Grillo a chi gli dice “dai vieni a Roma, magari vedi Giuseppe, abbiamo bisogno di te”. Il fondatore del Movimento ce l’ha con il capo politico per una serie di passaggi burocratici che non ha ancora svolto. A partire dalla votazione di ratifica online della cinquina dei vicepresidenti cooptati.

Un'altra votazione andrebbe fatta ad hoc per il vicepresidente con funzioni da vicario (Paola Taverna). Conte dice che metterà in rete tutto il pacchetto di nomine che presto chiuderà (una serie infinita di comitati e piccole poltrone distribuite per accontentare tutti).  Noiosa burocrazia interna, certo. Dettagli che rilevano un certo malcontento interno che rischia di diventare esplosivo quando a gennaio inizierà il grande gioco del Quirinale. Su questo aspetto l’ex premier dice di Draghi “che è prioritario che rimanga a Palazzo Chigi e che non è fungibile”. E dunque di difficile scambio se dovesse essere eletto capo dello stato. Conte continua ad assicurare ai parlamentari grillini l’unica cosa che interessa loro: la legislatura andrà avanti. Ma non sa scendere nei dettagli (come d’altronde gli altri leader). E qui entra in campo Grillo che nell’ombra continua a essere considerato molto più affidabile da Draghi. Soprattutto in vista dei prossimi mesi.

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