(foto Ansa)

l'anticipazione

La bordata di Giorgetti a Salvini: "Pensi alla credibilità estera, basta con i film alla Bud Spencer"

Luca Roberto

Nel giorno in cui il segretario del Carroccio incontra Bolsonaro, le rivelazioni del ministro: "Voglio portare la Lega nel Ppe, basta con Afd e Le Pen. Con Matteo lavoriamo su un binario comune altrimenti finiamo su un binario morto. Sui candidati alle amministrative ho detto cose che in molti pensano"

"Se vuole istituzionalizzarsi in modo definitivo, Salvini deve fare una scelta precisa. Capisco la gratitudine verso la Le Pen, che dieci anni fa lo accolse nel suo Gruppo. Ma l'alleanza con l'Afd non ha una ragione". Sono parole del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. L'anticipazione di un'intervista contenuta nel nuovo libro di Bruno Vespa "Perché Mussolini rovinò l'Italia (e come Draghi la sta risanando)" in uscita il 4 Novembre per Mondadori Rai Libri. E vengono fuori nelle stesse ore in cui il segretario della Lega incontra a Pistoia il presidente del Brasile Jair Bolsonaro, esponente dell'estrema destra e negazionista del Covid. Creando più di qualche imbarazzo in Forza Italia (e non solo).

"Il problema non è Giorgetti, che una sua credibilità internazionale se l'era creata da tempo. Il problema è se Salvini vuole sposare una nuova linea o starne fuori", insiste il titolare del Mise. "Questa scelta non è ancora avvenuta perché, secondo me, non ha ancora interpretato la parte fino in fondo. Matteo è abituato a essere un campione d'incassi nei film western. Io gli ho proposto di essere attore non protagonista in un film drammatico candidato agli Oscar. È difficile mettere nello stesso film Bud Spencer e Meryl Streep. E non so che cosa abbia deciso…". In pratica, additando proprio quell'ambiguità che in molti hanno imputato al leader del Carroccio negli ultimi mesi. Costantemente dibattuto tra il sostegno al governo Draghi e gli ammiccamenti ai No vax, e sottoposto al peso della pressione esercitata dalla Meloni, che lo insidia dall'opposizione. Una mossa che ha già innescato reazioni nei fedelissimi salviniani. "Sono passati 51 anni da "lo chiamavano Trinità" e ancora adesso se lo riguardo con mio figlio ci divertiamo un mondo. Sono passati pochi anni da "I segreti di Osage County" e secondo me non se lo ricordano più nemmeno quelli che l'hanno girato, anche se c'era Meryl Streep", ha tuittato cripticamente ma non troppo Claudio Borghi, criticando le parole di Giorgetti. 

 

È proprio sulla collocazione futura della Lega che Giorgetti ha dimostrato di avere le idee chiare (sicuramente più del suo segretario, a leggere le prese di posizione di oggi). La Lega nel Ppe "è un'ipotesi che regge se la Cdu non si sposta a sinistra. Armin Laschet, il candidato sconfitto alle elezioni, è un'espressione della nomenklatura del partito. C'è fermento, gli elettori chiedono una partecipazione dal basso, ci si aspetta che si guardi a destra più che a sinistra. La Cdu deve ricrearsi una natura liberale, moderata e conservatrice. Anche guardando al Partito popolare europeo. Io non ho bisogno di un nuovo posto. Io voglio portare la Lega in un altro posto", è il pensiero del ministro. 

Che non si è limitato a delineare il nuovo quadro di alleanze cui la Lega dovrebbe dar seguito. Ma anzi, ha usato parole tutt'altro che equivoche anche sull'adesione dei suoi al governo. E a tal proposito ha detto che con Salvini "continueremo a lavorare così" e a "mantenere un binario comune finché il treno del governo viaggia veloce, altrimenti rischiamo noi di finire su un binario morto". Mentre per quanto riguarda il Quirinale, Giorgetti ha spiegato che "già nell'autunno del 2020 dissi che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi", che rispetto al governo "potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto, in cui il Presidente della Repubblica allarga le sue funzioni approfittando di una politica debole".

Ultima spigolatura sulle amministrative, che per il centrodestra sono state un mezzo disastro. Poco prima del voto Giorgetti aveva fatto un endorsement per Calenda a Roma, innescando le reazioni stizzite dello stesso Salvini ("Giorgetti ha smentito", disse in tv, ma non era vero). Ora nel libro dice che "sono cose che tutti pensano e che nessuno dice". In pratica la smentita alla smentita.