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"Il Pd c'est moi". Così Emiliano in Puglia manda in tilt il partito di cui non è iscritto

Michele De Feudis

Il congresso pugliese ha un solo candidato: è il deputato Marco Lacarra. Ma cinque consiglieri scrivono a Letta e chiedono “un filo diretto con la segreteria nazionale”. Il governatore intanto rivendica gli accordi con il centrodestra e chiosa autocitandosi: “Il Pd è in gran parte Emiliano”

Il Pd Puglia si conferma un partito pirandelliano: ha un solo candidato alla segreteria regionale, il deputato Marco Lacarra (carica che detiene dal 2016) ma la comunità dem è in ebollizione. L’indicazione per la rielezione del parlamentare barese è il punto d’incontro tra il governatore Michele Emiliano e il sindaco di Bari, Antonio Decaro, presidente Anci e volto della sinistra municipale. L’opposizione ai giochi emilianisti si materializza con la formula epistolare: cinque consiglieri regionali hanno scritto al segretario nazionale Enrico Letta per chiedere giustizia, accusando i registi delle attuale manovre di aver deciso questo passaggio politico in una sola stanza (quella della presidenza della Regione).

 

Gli eletti nel parlamentino pugliese, Fabiano Amati, Paolo Campo, Michele Mazzarano, Ruggiero Mennea e Donato Pentassuglia (potente assessore all’Agricoltura), in nome dei consensi reali e delle migliaia di preferenze raccolte nel settembre 2020, chiedono ai vertici nazionali ascolto, contestando di fatto l’Opa del governatore Michele Emiliano sulla guida regionale del partito: "Caro Segretario, ti scriviamo per riportarti la nostra opinione, in qualità di iscritti al Pd, in vista del prossimo congresso”. Poi l’affondo: “Stiamo provando a stimolare la discussione e la partecipazione diretta: il nostro timore è che il congresso regionale non sappia cogliere un fermento che attraversa la Puglia come tutta l’Italia, ma che si limiti a una mera operazione burocratica e che la discussione sui futuri vertici del partito sia troppo autoreferenziale”. La missiva si conclude con un appello che di fatto è una vera delegittimazione per il segretario designato da Michele Emiliano, Lacarra: “Siamo parte di un partito, del più grande partito riformista italiano, e abbiamo bisogno che ci sia un filo diretto con la segreteria nazionale”.

“Ognuno di noi ha i sui motivi per inviare questa lettera. Nessuno ci ha coinvolti nella scelta di Lacarra - chiarisce Amati -. Mi piacerebbe avere un partito vitale e non dominato da un non iscritto”. “E a chi mi chiede perché non ti sei candidato alla leadership regionale, domanda che mi rivolgono in privato anche gli amici di Emiliano, rispondo che hanno tolto le primarie aperte per andare sul sistema più ingiusto che ci sia, le tessere. E quindi mi piace competere, non immolarmi”, conclude con una battuta. “Spero che Letta comprenda il nostro grande disagio all’interno del partito. Il nostro è un allarme trasversale alle correnti”, rincara la dose Mennea.

Emiliano, che non è iscritto dem (essendo magistrato in aspettativa), non si pone certo il problema della dialettica interna. A chi gli contesta le frequentazioni troppo destrorse (a partire da quelle con il sindaco di Nardò, Pippi Mellone), replica con una battuta: “Essere di centrodestra non significa essere di provenienza satanica. Se il progetto è condiviso non vedo motivo di non dover collaborare anche con una persona che ha un’estrazione politica diversa”. E a Foggia, davanti ai giornalisti che lo interrogano sulla differenza tra il Pd emilianista e il Pd pugliese nel suo complesso, chiosa così: “Siccome il Pd è in gran parte Emiliano, non c’è nessuna differenza”. Come dire, il Pd “c'est moi”.

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