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Il Cretinismo collettivo di chi non capisce l'importanza di avere un Draghi al Quirinale

Giuliano Ferrara

Permanenza a Palazzo Chigi o salita al Colle del presidente del Consiglio. Quello che indica la realtà e quello che si vuol credere senza fare i conti in Parlamento. Polemichetta contro il draghismo dell’irrealtà

Si può essere insieme un bravo tipo, un ottimo giornalista, un amico di noi vecchie volpi e un cretino politico? Si può. E il dovere di un amico è di mettere in guardia da sé stesso chi è dotato di intelligenza e talento ma inciampa in evidenti difetti di vanità, di pressappochismo, di faziosità, di ingenuità quando parla di politica. Renzi deve fare attenzione al circuito del Libberale Collettivo, che si vuole leopoldino e arcinemico dei grillozzi, che si dà arie di draghismo ortodosso e oltranzista, ma sono appunto arie: se voglia evitare le trappole del renzismo minore, il buon manovratore, oggi impacciato sul piano del consenso, deve tenersi al quia. (Matto è chi spera che nostra ragione / possa trascorrer la infinita via / che tiene una sustanza in tre persone. / State contenti, umana gente, al quia, / ché, se aveste potuto veder tutto, / mestier non era parturir Maria; / …).

E veniamo a Christian Rocca, interlocutore di questa polemichetta. Il direttore dell’Inchiesta con la kappa non capisce che la politica da un paio di millenni almeno è, al pari della costruzione religiosa e teologica del cristianesimo, il colmo della semplicità, della realtà e del mistero. Come per la Trinità, “una sustanza in tre persone”, anche per la politica “matto è chi spera che nostra ragione possa trascorrer la infinita via” eccetera. L’eccellente direttore grafico ha scritto ieri che i finti draghiani, come Cerasa e i foglianti che seguono “la linea”, concetto largo e molteplice per noi, vogliono spedire il Migliore al Quirinale per aprire la strada alla destra, sciogliere le Camere e inchiappettarsi da criptopopulisti l’Italia della rinascita europeista e delle riforme liberali; invece Draghi deve restare alla presidenza del Consiglio per un annetto che divide la data quirinalizia dalla scadenza della legislatura, poi si vedrà, e nel frattempo si elegge un presidente con i controcoglioni e si fa una riforma elettorale per dare semmai il potere a una grande concentrazione liberal-socialista di gente competente e seria, pronta a rifare il paese alla grande.

 

Il cretinismo di questo scenario è connotato dall’ignoranza di tratti semplici e realisti, oltre che dalla matematica ipotesi dell’irrealtà. Per eleggere un capo dello stato ci vogliono i voti del Parlamento, anche quelli degli aborriti grillozzi e, se è per questo, anche quelli della destra imbarcata da Draghi e Mattarella nel governo di emergenza nazionale. Escludi i grillozzi, bestia nera del Cretinismo collettivo, per quanto comprensibile e condivisibile sia l’ostilità di principio verso il partito di Gribbels Di Maio Conte, e non avrai nessun capo dello stato accettabile. Se poi escludi anche la destra di governo, siamo all’assurdo demenziale e al demenziale più assurdo. Il dato riguarda anche la riforma elettorale. Cerasa aveva argomentato con semplicità e realismo attenendosi al quia, e nessuno esclude una via misteriosa che possa salvare a Palazzo Chigi un uomo formidabile e carismatico, senza logorarlo nella rissa della politichetta, per quei dodici mesi importanti tra la scadenza del settennato di Mattarella e le politiche. Meno misteriosa è la garanzia per sette anni di un’apertura politica intellettuale e programmatica al piano di rinascita europeo e alle riforme Draghi consule nel palazzo dei Papi. E chi può escludere che il primo atto del nuovo presidente della Repubblica, just in case, sia non già quello di sciogliere le Camere ma di avviare un governo fino all’anno successivo per radicare i progetti di riforma e di investimento? Non facile, non impossibile. Di impossibile c’è solo pretendere di essere più draghisti del Drago, ragionando di politica a prescindere dai numeri, che il presidente del Consiglio notoriamente conosce e rispetta. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.