Il ministro del Sud Mara Carfagna (foto Ansa)

l'intervista

“Chi sta con Orbán rema contro l'Italia”, ci dice la Carfagna

Valerio Valentini

“Il bipartitismo non funziona. Se cambia la legge elettorale, può nascere un fronte della ripartenza. Zan? Così il Pd lo affossa”. Parla la ministra del Sud

Con Draghi, non certo con Orbán: “Perché lavorare all’internazionale dei sovranisti mentre l’Italia si fa promotrice di una stagione di maggiore integrazione significa remare contro la collocazione europea dell’Italia”. Per il ddl Zan, sì, “sempre che il Pd non porti ad affossarlo con la sua indisponibilità al dialogo”. Oltre le suggestioni del partito unico, “che non è praticabile”. Convinta che esista nel Paese una “voglia di ripartenza” che la politica deve intercettare.

Mara Carfagna risponde al telefono dal suo ufficio romano proprio mentre a Strasburgo gli europarlamentari leghisti intervengono per difendere il governo ungherese “dai ricatti e dalle minacce dell’Ue”. E insomma viene subito da chiederle se nel futuribile partito unico del centrodestra si starebbe con Viktor Orbán o con Ursula von der Leyen. “Ma la fusione tra forze politiche italiane che appartengono a famiglie europee diverse non è fattibile, infatti”, dice la ministra per il Sud. “Berlusconi del resto vuole un partito unico. Salvini una federazione. La Meloni né l’uno né l’altra. La semplificazione del quadro politico è una grande intuizione del nostro presidente di FI, ma il bipartitismo in Italia non è praticabile”.

 

Eppure, osserviamo, è proprio in quella direzione che Lega e Pd si ostinano ad andare. O no? “I grandi partiti, mi pare, ripropongono vecchie contrapposizioni: non stanno cogliendo un grande fermento che c’è nel pensiero degli italiani”; dice Carfagna. “Il nazionalpopulismo s’è affermato, anni fa, dando voce alle paure della gente. Oggi c’è una nuova richiesta di protezione, che coincide con la speranza di vedere ripartire l’Italia, tornare a crescere. Gli indici straordinari di consenso del presidente Draghi lo dimostrano. Ecco, bisogna chiedersi se c’è qualcuno che sia attrezzato a raccogliere questa nuova istanza diffusa”. E c’è? “Finché non cambia la legge elettorale, credo sia difficile aspettarsi sviluppi in tal senso”. 

Lei, però, la ministra del Sud, in quell’area sembra la più corteggiata: Carlo Calenda invita Enrico Letta ad abbandonare Grillo e Conte e guardare alla Carfagna; Matteo Renzi dice che è un bene che a gestire i fondi del mezzogiorno ci sia la Carfagna e non più Peppe Provenzano. Lusingata? “Renzi e Calenda esprimono il loro libero pensiero, e ne prendo atto. Peraltro il leader di Italia viva si è volutamente scelto un ruolo da irregolare, rispetto ai due schieramenti contrapposti, e mi pare che molto spesso dia voce a dei malumori che sono molto più diffusi di quanto non si pensi anche nel mondo del Pd. Quanto al corteggiamento, queste mi sembrano più che altro semplificazioni giornalistiche. E del resto mi pare che nei retroscena Renzi sarebbe già passato dal corteggiare me all’intendersela con Salvini in vista dell’elezione al Quirinale”. Lo dice e sorride, la ministra. “Sorrido perché, al di là dei retroscena, ormai siamo succubi della sindrome dell’inciucio. Non so come andrà l’elezione del nuovo capo dello stato. So però che se la Costituzione impone dei quorum molto alti per i primi tre scrutini, è proprio perché sollecita le forze politiche a trovare ampie convergenze”.

E invece qui siamo al manicheismo: come sul ddl Zan. “Questa intransigenza del Pd  mi preoccupa, perché temo che porterà all’affossamento di una legge che tanti elettori, anche di centrodestra, attendono da anni”. Se i vostri la attendono, le direbbe Letta, perché non la votate al Senato? “Perché se anche una persona come Stefano Fassina suggerisce la necessità di alcune correzioni sulla questione dell’identità di genere, forse c’è qualcosa che va oltre il sabotaggio di pochi. A me pare che, anche qui, si preferisca piantare delle bandierine: ricercare il conflitto anziché il dialogo, che su certi temi è fondamentale. Quella del Pd è mancanza di realismo. Spero davvero in un sussulto di dignità del Parlamento, che porti a una mediazione sul ddl”.

E lo auspica anche sul tema del suicidio assistito, su cui la Camera ha approvato un discusso testo base? “Capisco la sofferenza delle famiglie ma personalmente sono contraria a legiferare sull’eutanasia. E voglio sperare che non si esca da un dibattito a sciabolate sull’omofobia per entrare in un altro dibattito a sciabolate sull’eutanasia”. Intanto si litiga anche sulla riforma del processo penale, col M5s in preda alle convulsioni. “La ministra Cartabia sta facendo un lavoro prezioso e coraggioso. Le tensioni ci saranno, ma una soluzione si troverà. Anche perché, a differenza del passato, sulla riforma della giustizia, così come sulla legge sulla concorrenza, c’è la vigilanza dell’Ue a imporci serietà”.

 

E allora eccoci che si torna all’Europa. E, dunque, alle divergenze nel centrodestra. “Avevo chiesto a Salvini, giorni fa, di impegnarsi per aderire al Ppe, se voleva dare credibilità al suo progetto di federazione. Lui, poche ore dopo, ha firmato la Carta dei Valori con Orbán”. L’ha letta? “Ce l’ho qui, sulla scrivania. E francamente mi sembra un testo assurdo, con tratti catastrofisti e ammicamenti al complottismo mondialista. In sostanza i firmatari del documento chiedono che s’interrompa qualsiasi processo di integrazione europea, vista come una sorta di macchinazione finalizzata a sopprimere le identità dei popoli. Il tutto, proprio mentre l’Ue cambia prospettiva, passando dai valori del rigore a quelli della solidarietà, e proprio mentre l’Italia è impegnata a stimolare un maggiore coordinamento sui temi fiscali e sul dumping salariale, oltreché sulla gestione dei migranti. Quella carta invece torna all’esaltazione dell’isolazionismo, dell’ognun per sé, salvo poi concepire l’Ue come un bancomat da cui pretendere i fondi europei del Recovery. Insomma, è un testo inconciliabile coi valori popolari ed europeisti di FI, e che soprattutto danneggia il nostro paese. A meno che quest’atto non vada visto come una semplice trovata propagandistica. Del resto il presidente Draghi ha rimarcato sin dall’inizio il profilo europeista e atlantista del nostro governo, così come l’impegno verso una maggiore integrazione tra gli stati membri per consentire all’Ue di diventare quel colosso in grado di competere con Cina e Usa. Però, se anche fosse solo un’iniziativa elettorale, firmare un documento che, in un simile contesto, torna a invocare il mito degli stati nazione, sarebbe comunque poco comprensibile”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.