Qui Nazareno

Letta resiste, ma nel Pd cresce il fronte della mediazione sul ddl Zan

Il capogruppo di Italia viva al Senato pensa all'intesa con Forza Italia per le regionali in Sicilia. Ma la videochat coi suoi si trasforma in un mezzo rodeo. La mediazione della Boschi

Valerio Valentini

"Nessun ripensamento", dicono al Nazareno. Ma anche nella segreteria dem c'è chi teme di precludersi il dialogo con Forza Italia, anche in ottica Quirinale. Gli sbuffi di Franceschini, lo stupore di Guerini. E intanto Renzi lavora all'accordo col centrodestra in Sicilia

Il mezzo ripensamento, se ci sarà starà tutto nella tattica, e non certo nel convincimento. “Perché l’importante è portare a casa il risultato”, ripete Enrico Letta ai membri della sua segreteria che lo interpellano. Solo che, se fino a una settimana fa la tentazione della bella morte del ddl Zan era forte (“Così dimostreremo che Renzi è una quinta colonna della destra”), ora la strategia inizia a contemplare un’eventuale via più lunga. Quella, cioè, che dopo la calendarizzazione del testo (si voterà oggi, e l’esito appare scontato: si andrà in Aula il 13 luglio), prevederebbe delle modifiche al ddl. E questo un po’ per stanare lo stesso leader di Iv, oltreché Matteo Salvini, e un po’ perché, col M5s in subbuglio, la necessità di riaprire il dialogo con Forza Italia è tornata concreta.

 

Perché tra i rischi da evitare, per il Pd, c’è anche questo: precludersi i rapporti di buon vicinato con un pezzo di FI, specie in vista della battaglia per il Quirinale, restando impantanati nella perenne crisi degli alleati grillini. D’altronde, non è un mistero che a suggerire a Renzi la necessità dello spariglio, sia stata anche la voglia di filare la lana insieme a un pezzo dei berlusconiani. Né è casuale che a dettare la fuga in avanti verso la presentazione degli emendamenti al ddl Zan sia stato proprio quel Davide Faraone, capogruppo di Iv al Senato, che come pochi altri lavora a un’intesa solida con gli azzurri nell’attesa delle regionali del prossimo anno nella sua Sicilia. Uno scenario ancora da definire, certo, ma su cui il luogotenente renziano discute da tempo col presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. E infatti Gabriella Giammanco, senatrice azzurra di Palermo, pur mettendo le mani avanti (“Si tratta di ipotesi  che necessitano della giusta riflessione dei leader di partito”), non nasconde l’interesse al progetto che prevederebbe un affrancamento di FI dal resto della destra: “Una grande formazione di centro, immune dalle tentazioni degli opposti estremismi, sarebbe sicuramente attrattiva per il nostro elettorato. Potrebbe essere un esperimento interessante anche in vista delle prossime elezioni politiche”.

 

Ed ecco allora l’attivismo di Faraone, che ha di fatto blindato l’accordo col centrodestra nella riunione dei capigruppo prima ancora di ottenerne il mandato dai suoi senatori. E infatti quando poi, giovedì scorso, ha convocato una riunione in videochat, s’è dovuto sorbire i rimbrotti di chi, come Donatella Conzatti, gli rimproverava che no, non è così che si fa: “Se vuoi chiederci ora una ratifica delle proposte che hai già fatto ieri, il mio no è categorico”. Di lì il malumore si diffondeva al gruppo dei deputati, risentiti per non essere stati neanche lontanamente consultati, prima che toccasse a Maria Elena Boschi metterci una pezza, suggerendo di recuperare il vecchio disegno di legge di Ivan Scalfarotto per trovare una mediazione buona per tutti.

 

Insomma, piccole o grandi che siano, le manovre al centro si intensificano, visto che anche Emma Bonino stramba in modo inaspettato, nell’ottica del Nazareno, consigliando a Letta “di fare bene di conto”. “Se passa la calendarizzazione del testo in Aula, non vedo perché non dovrebbero esserci anche i voti per approvare il ddl”, dice il capogruppo dem in commissione Giustizia, Franco Mirabelli. Al che la Bonino, a sentire equiparare un voto palese sul calendario con decine di voti segreti sul provvedimento, se la ride: “Mischiamo le mele con le pere?”.

 

Certo, “magari da FI arriveranno i voti che Iv negherà”, dice Mirabelli. Ma l’azzardo sarebbe  enorme: e l’idea di rivendicare una gloriosa sconfitta non  riceverebbe il plauso di tutti i maggiorenti del partito, se già Dario Franceschini sbuffa non poco, mentre Lorenzo Guerini ai suoi amici va ripetendo che lui questa indisponibilità alla mediazione del Pd, perfino dopo le parole del segretario di stato Parolin, la trova assurda. Ed ecco perché Letta si confronta coi suoi consiglieri politici, poi dopo pranzo incontra le due capigruppo e i responsabili sul tema. La linea che ne esce, formalmente, resta quella della fermezza. “Chi può fidarsi delle offerte di Salvini?”, protestano dal Nazareno di fronte alle aperture al dialogo del leghista. “Sulla carta il ddl Zan ha i numeri in Senato, e quindi siamo pronti ad andare in Aula”, ripetono dall’entourage di Letta. Eppure, intorno al segretario, perfino tra i suoi uomini più fidati, per la prima volta qualche incertezza inizia a percepirsi. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.