EDITORIALI

Un altro intoppo sui migranti

Redazione

L’Ue vuole i campi come in Grecia nei paesi di primo ingresso. Roma s’oppone

Un accordo su un meccanismo di ripartizione dei migranti al Consiglio europeo del 24 e 25 giugno sembra essere fuori portata persino per Mario Draghi. Il presidente del Consiglio si scontra con un clima politico ostile nei confronti dell’Italia, che a Bruxelles è accusata al contempo di esagerare l’emergenza degli sbarchi e anche di bloccare i negoziati sul nuovo Patto su migrazione e asilo. Germania e Francia fanno valere che il numero di richieste di asilo da loro è molto più alto. Nel 2020 le domande di protezione internazionale sono state più di 100 mila in Germania e di 80 mila in Francia, contro le 20 mila in Italia. Altri paesi di primo ingresso hanno un numero di richiedenti asilo decisamente più elevato (86 mila in Spagna e 37 mila in Grecia).

Non è un caso se Berlino e Parigi finora non hanno ascoltato gli appelli di Roma a rilanciare l’accordo di Malta, che i due paesi avevano sostenuto nel settembre del 2019. Dopo la richiesta di attivare le “relocation” in seguito all’aumento degli sbarchi a Lampedusa a inizio maggio, solo tre paesi si sono detti disponibili: Irlanda, Lituania e Lussemburgo. Il numero di richiedenti asilo che sarà ricollocato è ridicolo: meno di 30. La priorità di Germania e Francia sono i movimenti secondari, cioè i migranti che sbarcano in Italia e si trasferiscono da loro.

Nei negoziati sul Patto su migrazione e asilo l’Italia si oppone a una misura che dovrebbe scoraggiarli: la cosiddetta procedura di frontiera. Le ragioni di Roma sono giuste. La proposta della Commissione imporrebbe ai paesi di primo ingresso di avere campi come sulle isole greche, dove rinchiudere i migranti illegali in attesa di un improbabile rimpatrio. Ma il problema di fondo rimane. Senza un impegno dell’Italia a bloccare i movimenti secondari, la solidarietà europea ci sarà soltanto in modo limitato e di fronte a emergenze vere.

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