Il caso

Con FS e Cdp Draghi abbatte gli ultimi fortini M5s. Conte arranca: è una polveriera

L'ex premier fuori dal valzer, Palazzo Chigi avvisa Di Maio delle novità. Intanto c'è anche il fronte Napoli, altra grana per rossogialli

Simone Canettieri

Le nomine del premier prendono in contropiede i grillini (e anche gli altri partiti). A Ferrovie ecco Ferraris ad e Giadrossi presidente. Poi tocca a Cassa depositi e prestiti, ultimo totem pentastellato

“Forse Giuseppe  dobbiamo riunirci con una certa urgenza”. L’ambasciata fatta recapitare a Conte porta la firma dei ministri M5s e dei capigruppo di Camera e Senato, tutti abbastanza in affanno. Frastornati.

Ecco perché alle 8.30 di giovedì l’ex premier riunirà su Zoom i colonnelli grillini che a oggi contano più del generale, ancora impantanato. Due esempi su tutti:   il “mistero napoletano” delle amministrative e soprattutto le nomine.  Su Ferrovie è arrivato il primo colpo di benna. E oggi tocca a Cdp. Per il M5s Draghi ha comunicato le sue scelte a Di Maio. 

 

Il metodo Draghi, dunque. Ancora una volta. E cioè: un giro di telefonate partite nel pomeriggio da Palazzo Chigi per informare – o condividere a cose fatte, diciamo – i nuovi assetti di Ferrovie con i ministri più rappresentativi dei partiti di maggioranza e anche qualche leader politico.

Nessuna sorpresa rispetto agli ultimi pronostici.  Il nuovo ad di Ferrovie è Luigi Ferraris, ex numero uno di Terna, che prende il posto di Gianfranco Battisti, nominato nel 2018 dai grillini e molto gradito all’allora ministro Danilo Toninelli. Una donna alla presidenza di Fs: si tratta di Nicoletta Giadrossi, triestina con laurea in matematica a Yale, con esperienza già a Fincantieri (2016)  e a Brembo (2017).  

E questo non è che un debutto se si pensa a quando andrà in scena il vero cambio della guardia a Cassa depositi e prestiti. Con l’arrivo, dato per scontato, di Dario Scannapieco al posto di Fabrizio Palermo.

 

Un altro colpo, secco e ben assestato, al sistema di potere targato Conte e che si aggiunge alle nomine effettuate in questi cento giorni (l’ultima di una lunga teoria: la svolta al Dis con Elisabetta Belloni al posto di Gennaro Vecchione). Ferrovie e Cdp saranno  binari fondamentali su cui correrà il Recovery plan. Conte non è stato interpellato dal premier, nemmeno quando la svolta è risultata chiara a tutto il mondo, con i lanci di agenzia che raccontavano dell’incontro mattutino Draghi-Franco. “Mi aspetto una polveriera”, è stato il commento  dell’ex premier a proposito di una partita che ha visto il M5s alle prese con tutta la sua debolezza. Quella di un partito di maggioranza relativa che da tre mesi aspetta l’ostensione del nuovo leader e il lancio del “nuovo movimento” (lo scorso 24 aprile Conte ha scritto su Facebook: “Conto di poter presentare all’assemblea degli iscritti il nuovo statuto e la Carta dei principi e dei valori all’inizio di maggio nel corso di un grande evento on line, aperto e partecipato”).

 

E dunque mentre i grillini si affannavano, costruivano intergruppi sulle nomine e cercavano di raccapezzarci qualcosa, Draghi a Palazzo Chigi metteva in fila i dossier delle partecipate, smontando e rimontando postazioni di potere. Tutte   riconducibili all’èra Conte, che intanto è impegnatissimo nella difesa del superbonus (“ma io sono un politico, non un tecnico”, ama dire)  e ieri si è collegato sempre su Zoom con il gruppo dei consiglieri M5s in regione Lombardia. Questione di tempi che non tornano.

 

Anche perché a specchio, e nemmeno tanto sullo sfondo, c’è la vicenda di Napoli: riusciranno i nostri eroi (Pd e M5s) a trovare almeno in questa città un candidato condiviso? Gaetano Manfredi, che fu ministro rossogiallo dell’Università, è pronto a ribadire il suo no. A nulla è valso dunque il pressing di Enrico Letta e dell’ex premier per tentare di convincere l’ex rettore della Federico II. Anche un gruppo politico-tecnico, capitanato dalla viceministra M5s Laura Castelli, nei giorni scorsi ha provato a spiegare lo spazio di manovra reale per salvare dal dissesto il comune di Napoli, partendo dai primi fondi (circa 200milioni) contenuti nel decreto Sostegni bis. Rassicurazioni che però non sono bastate a Manfredi, sempre più convinto di  non voler correre.

 

E qui si ritorna in zona turbamenti e “che fare?”. Il presidente della Camera Roberto Fico si è tirato fuori, Vincenzo Spadafora pensa a terminare la sua esperienza da deputato semplice. I candidati grillini sono finiti e si ritorna così nel campo degli alleati. Il nome che circola  è quello di Enzo Amendola, sottosegretario agli Affari europei. Che però, interpellato dal Foglio, si limita a dire: “Leggo dai giornali. Quindi non posso commentare  cose che non so”.  Insomma, manca la proposta formale. E soprattutto la risposta del diretto interessato. Un altro grattacapo per Conte (e Letta): costretto a rincorrere candidati e nomine mentre tutto si compie in maniera veloce.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.