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Tra navi e politica, la continuità salva Salvini

Riccardo Lo Verso

L'ultima udienza del caso Gregoretti fa intravedere la luce in fondo al tunnel al leader della Lega: "Le scelte politiche non possono essere sindacate dalla magistratura", dichiara il suo legale. Mentre lui rilancia (con frecciatina a Lamorgese): "Torneremo al Viminale"

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La parolina magica al processo a Matteo Salvini sul caso della nave Gregoretti è "continuità". Miracoli del nuovo clima politico. Perché è politico l'ombrello sotto cui il leader della Lega può ripararsi dalle accuse di sequestro di persona e abuso in atti di ufficio per la vicenda dei migranti a cui fu impedito di sbarcare in Sicilia. Non è poco, visto che rischia una condanna pesante. Continuità fra il governo Conte, con Matteo Salvini ministro dell'Interno, e il Conte II con Luciana Lamorgese al Viminale. Ed è quest'ultima a parlare di "continuità di azione tra i casi Diciotti, Gregoretti e Ocean Viking" (la prima nave di una Ong con a bordo dei migranti a chiedere di sbarcare dopo l'insediamento del Conte II), durante la sua deposizione all'udienza preliminare di Catania.

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La parolina magica al processo a Matteo Salvini sul caso della nave Gregoretti è "continuità". Miracoli del nuovo clima politico. Perché è politico l'ombrello sotto cui il leader della Lega può ripararsi dalle accuse di sequestro di persona e abuso in atti di ufficio per la vicenda dei migranti a cui fu impedito di sbarcare in Sicilia. Non è poco, visto che rischia una condanna pesante. Continuità fra il governo Conte, con Matteo Salvini ministro dell'Interno, e il Conte II con Luciana Lamorgese al Viminale. Ed è quest'ultima a parlare di "continuità di azione tra i casi Diciotti, Gregoretti e Ocean Viking" (la prima nave di una Ong con a bordo dei migranti a chiedere di sbarcare dopo l'insediamento del Conte II), durante la sua deposizione all'udienza preliminare di Catania.

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Poi tocca a Luigi Di Maio salire sul banco dei testimoni. Chi era in aula, il processo è a porte chiuse, giura di averli visti scambiarsi saluti e sorrisi. Nemici prima, amici poi nell'esperienza di governo gialloverde, poi di nuovo nemici quando alla Lega subentrò il Pd, e ora compagni di avventura nell'esecutivo di tutti (o quasi) sotto l'insegna di Mario Draghi. Il ministero degli Esteri Di Maio spiega che dopo il no agli sbarchi di Salvini (sul punto sembra avere voluto fare dei distinguo fra il suo modo di vedere la politica sui migranti e quella dell'ex collega), tutti insieme si attivavano per cercare una soluzione a livello comunitario. Di Maio ammette che molte riunioni informali sul tema degli sbarchi tra lui, Conte e Salvini si sono svolte prima del Consiglio dei ministri.

 

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Dopo l'udienza di oggi Salvini potrebbe avere vinto il processo. Lo sa bene il suo legale, l'avvocato Giulia Bongiorno, che si limita a dire che le scelte politiche non possono essere sindacate dalla magistratura. E la scelta politica di allora fu di dare il via libera allo sbarco solo in presenza della garanzia di ricollocamento dei migranti a livello europeo. I tempi e le modalità segnano la vera grande differenza fra Salvini e Lamorgese, che su questo punto ha tenuto a sottolineare che da quando guida il Viminale la richiesta di redistribuzione è sempre stata contestuale al via libera allo sbarco. Non è poco, ma non scalfisce il fatto che Salvini operò seguendo una linea politica comune.

 

Salvini gongola e capisce che è il momento di lanciare la palla in avanti. Il suo discorso si fa strettamente politico. Non solo c'è stata continuità fra i due governi Conte, ma ci sarà pure con quello di Mario Draghi. E sarà un suo uomo a garantirlo. Come? Rientrando al Viminale con un incarico di sottogoverno: "La Lega sarà presente al ministero dell'Interno", dice Salvini. Che aggiunge: "Dalle parole del presidente Draghi emerge una politica europea dei rimpatri che arriva grazie alla nostra azione che ha ridotto gli sbarchi, contrastato i trafficanti, ridotto i morti in mare e svegliato l'Europa".

 

Un leghista accanto a Luciana Lamorgese, che era stata scelta proprio in segno di discontinuità con le scelte di Salvini. Più che un ombrello politico, è un ombrellone. Resta in stand by la richiesta di una delle parti civili di convocare Luca Palamara, l'ex potente presidente dell'Associazione nazionale magistrati, che nelle sue bollentissime chat, fra una nomina e un'altra, scrisse che "Salvini ha ragione ma va attaccato". Erano i giorni in cui la Procura di Agrigento apriva l'inchiesta sui migranti della nave Diciotti. L'avvocato Bongiorno non la tocca piano: "A me interessa enormemente capire se per caso gli input di questo procedimento nascono dall'idea che un politico di destra debba essere fatto fuori dal punto di vista giudiziario".

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Ok dunque all'audizione di Palamara, ma ad una condizione: "Noi ci siamo rimessi al giudice, basta che questo non diventi un processo nel processo". A decidere sarà il giudice per l'udienza preliminare Nunzio Sarpietro, lo stesso giudice seduto al ristorante romano quando i ristoranti dovevano essere chiusi per il Covid, lo stesso giudice che alla scorsa udienza, in trasferta a Palazzo Chigi per sentire Giuseppe Conte, si intrattenne a fare un ampio punto del processo con i giornalisti. Una irrinunciabile passerella.

 

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