PUBBLICITÁ

convergenze europeiste

L'agenda Draghi valorizza il centro. Ora Renzi, Calenda e FI possono parlarsi davvero

Valerio Valentini

La nuova sfida di Renzi, al Senato e non solo. I colloqui tra Calenda e Carfagna. E poi Cingolani e Colao. Il premier disegna un nuovo Recovery e legittima l'area antisovanista di Forza Italia. Giustizia ed economia: dove può nascere la centralità del centro

PUBBLICITÁ

Matteo Richetti quasi ci si impunta, sulla questione che solo lessicale evidentemente non è. “Non siamo più centristi, ora saremo centrali”, dice il senatore calendiano, mentre s’approssima l’ora del giudizio per il governo che verrà. Ed è proprio analizzando l’organigramma di quell’esecutivo, valutandone la composizione, che un altro Matteo, e cioè Renzi, si concede quasi un ghigno di soddisfazione. Perché Roberto Cingolani, scelto per guidare il ministero strategico della Transizione ecologica, è un fisico che col mondo renziano ha una consuetudine nata sui palchi della Leopolda e proseguita nel tempo, al punto che è stato proprio il direttore scientifico di Leonardo a fornire ai parlamentari di Italia viva gli spunti giusti per sostanziare la loro controproposta di Recovery plan nei capitoli dell’Innovazione. E certo anche Vittorio Colao, scelto per guidare la Transizione digitale, è un nome che suona piacevole, alle orecchie del senatore di Scandicci: non tanto per l’essere, l’ex ad di Vodafone, da sempre stimato da Renzi, ma soprattutto per l’essere stato messo lì, a sovrintendere sull’altra grossa sfida connessa al Recovery, nel governo che liquida quel Giuseppe Conte che al lavoro di Colao aveva sempre guardato con una certa sufficienza.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Matteo Richetti quasi ci si impunta, sulla questione che solo lessicale evidentemente non è. “Non siamo più centristi, ora saremo centrali”, dice il senatore calendiano, mentre s’approssima l’ora del giudizio per il governo che verrà. Ed è proprio analizzando l’organigramma di quell’esecutivo, valutandone la composizione, che un altro Matteo, e cioè Renzi, si concede quasi un ghigno di soddisfazione. Perché Roberto Cingolani, scelto per guidare il ministero strategico della Transizione ecologica, è un fisico che col mondo renziano ha una consuetudine nata sui palchi della Leopolda e proseguita nel tempo, al punto che è stato proprio il direttore scientifico di Leonardo a fornire ai parlamentari di Italia viva gli spunti giusti per sostanziare la loro controproposta di Recovery plan nei capitoli dell’Innovazione. E certo anche Vittorio Colao, scelto per guidare la Transizione digitale, è un nome che suona piacevole, alle orecchie del senatore di Scandicci: non tanto per l’essere, l’ex ad di Vodafone, da sempre stimato da Renzi, ma soprattutto per l’essere stato messo lì, a sovrintendere sull’altra grossa sfida connessa al Recovery, nel governo che liquida quel Giuseppe Conte che al lavoro di Colao aveva sempre guardato con una certa sufficienza.

PUBBLICITÁ

 

Ma non è certo la distribuzione dei ministeri, e la conseguente rivendicazione su personalità troppo autorevoli per essere affiliate a singoli partiti, a poter far sorridere Renzi e chi, come Carlo Calenda, nel protagonismo del centro, in questo nuovo governo di tutti, ci crede. “Ma qui la questione è politica”, dice Richetti. “Spetterà a noi dare slancio politico al progetto di cui Draghi si farà interprete come presidente del Consiglio”, insiste il senatore di Azione. In piena sintonia con Ivan Scalfarotto, colonnello di Iv, che la mette giù ancora più semplice: “Saremo il partito di Draghi, nel senso che inevitabilmente la nostra agenda, i nostri valori, saranno i più vicini a quelli del premier”. E forse è anche per questo se, a quanti dei suoi gli facevano osservare che col nuovo assetto istituzionale Iv ha perduto la sua centralità politica, Renzi replicava nei giorni scorsi spiegando che “saremo in verità più decisivi che mai, specie se l’appiattimento del Pd sul M5s e Leu proseguirà, aprendo così praterie al centro”. E non a caso citava il tema della giustizia - assegnata significativamente a Marta Cartabia - come terreno ideale su cui misurare il ruolo di ago della bilancia dei diciotto senatori di Iv: lo stesso terreno su cui, nel maggio dello scorso anno, nel giro di una settimana l’oscillare del pendolo renziano portò prima a salvare Alfonso Bonafede dalla sfiducia, e poi a rimandare l’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini sulla vicenda della Open Arms.

 

PUBBLICITÁ

E certo non è solo sulla giustizia che questa convergenza al centro può far coagulare un’unione che, come spiega Scalfarotto, “finora è stata impedita dai troppi personalismi”. Anche per questo Calenda, dopo il suo colloquio con Draghi, si diceva convinto che “il momento è quello giusto per aprire un dialogo vero e convinto con quella parte di Forza Italia che nel pentimento di Salvini non crede”. Se ne parla da tempo, certo, di possibili insubordinazioni nel mondo del Cav. Ma anche in questo il nuovo governo potrebbe rivelarsi provvidenziale, malgré soi: perché con l’assegnazione di incarichi ministeriali all’area lettiana di FI (Brunetta, Carfagna, Gelmini) e l’esclusione di Tajani, col conseguente stravolgimento degli assetti interni, le logiche di partito potrebbero cambiare. E quando ci sarà da scegliere tra il maggioritario e il proporzionale, a quel punto la tentazione di liberarsi dall’abbraccio salviniano, per tanti forzisti potrebbe diventare forte. 

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ