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Il racconto

Nella Babele M5s Conte spera di ritornare premier. Ma Di Maio guarda a Draghi

Il bazooka dell'ex numero della Bce si abbatte sui grillini. Di Battista e molti ex ministri sono pronti a sbarrargli la strada. Crimi evoca Rousseau. Si sentono critiche al Colle.

Simone Canettieri

In questa lotta anche Beppe Grillo viene strumentalizzato e poi si infuria. Ma il ministro degli Esteri è pronto ad aprire a un nuovo scenario se il governo sarà politico o semipolitico

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C’è chi si strugge cullato dai ricordi. Davanti al Caffè Giolitti Luigi Iovino, il più giovane deputato della storia repubblicana, tira fuori il cellulare: “Vedi questa foto? 2011: avevo 18 anni. L’inviato di Santoro, quello riccio, mi stava intervistando a una manifestazione contro Monti. Noi grillini nasciamo così: contro i tecnici, come possiamo abbracciare Draghi?”. A qualche chilometro da qui, tra i marmi della Farnesina, c’è un altro Luigi. Di Maio: “Come posso abbracciare Draghi?”. Ma lui una risposta ce l’ha, forse. 

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C’è chi si strugge cullato dai ricordi. Davanti al Caffè Giolitti Luigi Iovino, il più giovane deputato della storia repubblicana, tira fuori il cellulare: “Vedi questa foto? 2011: avevo 18 anni. L’inviato di Santoro, quello riccio, mi stava intervistando a una manifestazione contro Monti. Noi grillini nasciamo così: contro i tecnici, come possiamo abbracciare Draghi?”. A qualche chilometro da qui, tra i marmi della Farnesina, c’è un altro Luigi. Di Maio: “Come posso abbracciare Draghi?”. Ma lui una risposta ce l’ha, forse. 

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D’altronde tutti nel M5s si ricordano cosa disse Di Maio, proprio al Foglio, lo scorso luglio: “Con Draghi c’è stato uno scambio di vedute su vari temi specificatamente in virtù del ruolo che ha ricoperto ai vertici della Banca centrale europea. E’ stato un incontro cordiale e proficuo, mi ha fatto un’ottima impressione”. Una dichiarazione dal finale un po’ comico, certo, ma che può essere una buona spia delle mosse del ministro degli Esteri, chirurgicamente perfetto in questa crisi: mai un passo falso, mai toni da capo ultras del San Paolo. Di Maio è tra quelli che dicono  “non bisogna far cadere l’appello di Mattarella” e che se nascesse un governo semipolitico il M5s dovrebbe prendersi le sue responsabilità. Come lui la pensano Stefano Buffagni (“Draghi ha un profilo inattaccabile”), ma anche Sergio Battelli (“ragazzi, non è Monti”). 

 

Tuttavia il ministro degli Esteri è un personaggio, seppur centrale, in una commedia più che mai popolata. Eh sì, perché c’è un pezzo di M5s maggioritario oggi (ma domani chissà) che vuole far saltare questa operazione benedetta dal Colle e pensa, addirittura, che Conte, come Cincinnato, possa tornare. Si salda così l’ala di Di Battista con gran parte del gruppo parlamentare, per non parlare dei ministri uscenti (Stefano Patuanelli: “Non abbiamo bisogno di supereroi, ma della politica”).

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Per motivi diversi tutto questo magma spera nel finale a sorpresa. E anche chi sta intorno a Conte lavora per sabotare “il banchiere”, com’è chiamato con disprezzo nelle stanze del governo. Addirittura da Palazzo Chigi a metà mattina fanno battere un’agenzia di stampa Beppe Grillo avrebbe detto ai “suoi” no a Draghi, leali con Conte. Sarà mica una casalinata, si chiedono i più smaliziati. L’agenzia non viene smentita dal Garante, ma chi gli sta vicino racconta al Foglio la rabbia di Grillo per essere stato strumentalizzato: “Ho detto che non volevo parlare, se ho qualcosa da dire faccio un post sul mio blog”. In questa guerra, dove nessuno alla fine sa che piega prenderà la faccenda, si usano tutte le armi a disposizione. Chiaro. Ma il Movimento è spaccato, diviso nell’approccio, impacciato. Basta seguire gli interventi durante l’assemblea congiunta che si celebra via Zoom. “Siamo alle corde, e super Mario può darci il colpo del ko”, dice per esempio Lele Dessì, senatore-pugile convinto che un governo a guida dell’ex numero uno della Bce non avrebbe i numeri a Palazzo Madama. Ma una linea comune non c’è. Carla Ruocco, presidente della commissione Banche, è contraria “a no prematuri”.

 

Davide Crippa, capogruppo alla Camera, vuole mettersi seduto e ascoltare Draghi. Emerge nelle discussioni private di tanti big, a partire da Vito Crimi, una certa insofferenza (eufemismo) nei confronti del Colle per il tempismo con il quale è uscito subito il nome di Draghi, dopo il flop dell’esploratore Fico. D’altronde un certo complottismo è nel Dna dei grillini. In molti vogliono un governo politico. Da Alessandra Maiorino a Paola Taverna (“i tecnici? Sono un insulto ai cittadini”). E Crimi: “Proviamoci ancora una volta”, dice il capo politico. Che nel caos butta in mezzo anche l’ipotesi di un voto su Rousseau (ve li ricordate Rousseau e Casaleggio?). La riunione su Zoom diventa uno sfogatoio. Nessuno parla di scissioni. Dibba da fuori scatena Toninelli e la Lezzi contro “l’apostolo delle élite”. Che spasso. Vale tutto. Silenzio, alla fine parla Di Maio: “Serve un governo politico. Non bisogna attaccare Draghi. Dobbiamo pensare al Recovery”. Un pertugio c’è, lo vedono in pochi, ma c’è.

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