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Spazio okkupato

Il Draghi Reale alle prese con il dilemma della rappresentanza democratica

Giacomo Papi

Il deus ex machina invocato da Mattarella ha cancellato il residuo politico che ancora questo Parlamento esprimeva: riuscirà a coniugare una nuova maggioranza con un elettorato ormai sempre più lontano dallo specchio di Palazzo Chigi?

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C’è una canzone degli Imagine Dragons, un famoso gruppo rock americano, che si intitola “Whatever It Takes”. Tradotto: gli Immaginare Draghi cantano “Tutto quello che è necessario”, le parole esatte con cui il 26 luglio 2012 il Draghi Reale immaginò di salvare l’Europa, o almeno la sua moneta. Nel video la band suona mentre il tetto crolla e la stanza viene progressivamente sommersa dall’acqua. La coincidenza non vuole menare iella – spoiler: il povero cantante Dan Reynolds prima finisce annegato e poi canta tra le fiamme – o sollevare dubbi sulla scelta di Mario Draghi, la migliore possibile. Ma segnalare che la mossa con cui il presidente della Repubblica ha accelerato una crisi impantanata su se stessa conferma che le procedure ordinarie della democrazia parlamentare non sembrano più in grado di produrre compromessi politici e sempre più spesso devono essere aggirate. L’incarico a Mario Draghi ripete, cioè, uno schema che negli ultimi dieci anni abbiamo visto andare in scena in molte varianti, non solo in Italia.

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C’è una canzone degli Imagine Dragons, un famoso gruppo rock americano, che si intitola “Whatever It Takes”. Tradotto: gli Immaginare Draghi cantano “Tutto quello che è necessario”, le parole esatte con cui il 26 luglio 2012 il Draghi Reale immaginò di salvare l’Europa, o almeno la sua moneta. Nel video la band suona mentre il tetto crolla e la stanza viene progressivamente sommersa dall’acqua. La coincidenza non vuole menare iella – spoiler: il povero cantante Dan Reynolds prima finisce annegato e poi canta tra le fiamme – o sollevare dubbi sulla scelta di Mario Draghi, la migliore possibile. Ma segnalare che la mossa con cui il presidente della Repubblica ha accelerato una crisi impantanata su se stessa conferma che le procedure ordinarie della democrazia parlamentare non sembrano più in grado di produrre compromessi politici e sempre più spesso devono essere aggirate. L’incarico a Mario Draghi ripete, cioè, uno schema che negli ultimi dieci anni abbiamo visto andare in scena in molte varianti, non solo in Italia.

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Di fronte al pantano, mentre il tetto crolla e l’acqua sale, le democrazie non sanno più a che santo votarsi. Quindi si affidano a un deus ex machina, o almeno a un dominus. “Whatever It Takes”, appunto. Accade da anni e continua ad accadere, in un’oscillazione continua e aperiodica tra la soluzione istituzionale rassicurante in grisaglia e la soluzione di “alto profilo” “competente” o “nuova”, che poi sono modi gentili per non dire “uomo forte”. Il primo fu Mario Monti, nel 2011. La situazione da cui nacque il governo dei tecnici e dei loden e il decreto “Salva Italia” è quella più simile all’attuale, sempre che Draghi riesca nell’impresa. Lo spread si volatilizzò e le borse volarono. Proprio come oggi. Il professor Monti durò un anno e mezzo, fino al Natale 2012, e quando nel 2013 finalmente si votò, tutti confidavano nel fatto che le urne avrebbero semplificato il quadro, dando al paese una chiara indicazione politica. Invece il Movimento 5 stelle prese il 25 per cento e in Parlamento nessuno ottenne la maggioranza. Proprio come oggi.

 

Giunse Enrico Letta che tirò avanti per un po’, mentre Matteo Renzi scalpitava. Proprio come oggi. Il pendolo stava oscillando di nuovo verso il “dominus ex machina”. E infatti, all’inizio del 2014, Renzi acchiappò governo, campanella e 40 per cento alle Europee. Sembrava l’inizio di un’epoca, invece andò a schiantarsi contro il referendum del 2016. Il pendolo della democrazia oscillava di nuovo verso e infatti, nel Natale 2016, ad acquietare le acque arrivò Paolo Gentiloni. Altro rimbalzo: alle elezioni della primavera 2018 trionfarono Salvini e Di Maio, anche se sfortunatamente, per l’ennesima volta, in Parlamento una coalizione vincente non c’era. Per disperazione qualcuno estrasse dal cilindro uno sconosciuto ed educatissimo avvocato pugliese, Giuseppe Conte, che nei due suoi governi riuscì nell’impresa di rappresentare in successione entrambe le oscillazioni del pendolo. Nel primo fu il cuscinetto che attutiva le smanie dell’uomo forte. Nel secondo ci prese gusto, posò una mano sulla spalla di Salvini e dimostrò al paese che quello forte era lui.

 

E adesso? La scelta del Quirinale ha scompaginato quel poco di politico che ancora questo Parlamento esprimeva. L’incarico a Draghi spacca i partiti in due, ridisegnando le coalizioni secondo schemi ancora invisibili. Può essere un bene, ovviamente, ma denota comunque la difficoltà della democrazia italiana di trovare la strada. Una parte degli italiani, come legittimo, invoca le elezioni appellandosi al fatto, per esempio, che il Pd è stato al governo per otto degli ultimi undici anni, pur avendo pareggiato un’elezione e perso quella successiva. Il problema è che le elezioni non sono più un lavacro democratico e non chiariscono nulla. Non sembrano più in grado da anni di produrre maggioranze politiche, ma nemmeno ideologiche o culturali. Capita così che lo stesso presidente del Consiglio possa presiedere in successione il governo più di destra dal Dopoguerra, quello più di sinistra e, per poco, quello più di centro. E può capitare, come ha scritto il Foglio parlando di miracolo, “che il Parlamento più anti europeista della storia d’Italia possa incoronare Draghi come premier”. E’ il paradosso dell’eterogenesi dei fini, che però in politica è rischioso, a prescindere dalla soddisfazione e dalla stima per Draghi. La democrazia è un animale elastico che cambia forma e si adatta ai tempi nuovi, inventando strategie per sopravvivere. Ma la democrazia è, prima di tutto, come ogni sistema politico, una forma di rappresentazione. Un metodo che trasforma in azione politica la volontà e l’emozione delle persone. E’ uno specchio che può essere impreciso e sfumato, ma non ribaltare programmaticamente l’immagine che deve riflettere.

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