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la trattativa

La crisi di governo s'attorciglia intorno a Bonafede. E Renzi avverte: "Così non posso starci"

Sette ministeri al Pd, undici al M5s, uno a Leu: questo sarebbe lo schema. A Renzi andrebbero due ministeri. Lui ne chiede un terzo, ma il nodo è soprattutto il veto sulla Bellanova, che Iv vorrebbe al Lavoro. La Boschi toglie alibi al M5s: "Mi faccio da parte io, non si dica che sono io il problema"

Il Guardasigilli viene proposto dal M5s come vicepremier, insieme a Orlando. Per il leader di Iv è una provocazione. I grillini difendono anche Parisi, i suoi navigator e il commissario Arcuri. "Se ci si arrocca sui propri tabù, non si trova un accordo", dice il senatore di Scandicci

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Quando l'ultimo granello nella clessidra sta per scivolare nel vaso di sotto, Roberto Fico concede i supplementari: "Continuiamo a discutere fino alle 18". E così la trattativa che doveva chiudersi alle 15, viene prolungata di tre ore. Una proroga imposta col parere unanime di tutti i leader di partito. E non perché sia lì, nella sala della Lupa dove pure tutto è abbastanza impantanato nei bisticci su giustizia e dintorni, lo stallo. Il problema è che la negoziazione vera, quella che si gioca nei contatti telefonici tra Matteo Renzi, Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Vito Crimi e Luigi Di Maio, è ferma. Bloccata dai veti reciproci, in attesa di improbabili interventi risolutori. 

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Quando l'ultimo granello nella clessidra sta per scivolare nel vaso di sotto, Roberto Fico concede i supplementari: "Continuiamo a discutere fino alle 18". E così la trattativa che doveva chiudersi alle 15, viene prolungata di tre ore. Una proroga imposta col parere unanime di tutti i leader di partito. E non perché sia lì, nella sala della Lupa dove pure tutto è abbastanza impantanato nei bisticci su giustizia e dintorni, lo stallo. Il problema è che la negoziazione vera, quella che si gioca nei contatti telefonici tra Matteo Renzi, Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Vito Crimi e Luigi Di Maio, è ferma. Bloccata dai veti reciproci, in attesa di improbabili interventi risolutori. 

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(E qui parte una ricostruzione che non pretende d'essere esaustiva, ma che è inevitabilmente un punto di sintesi tra le varie versioni che circolano ai piani alti dei vari partiti.)

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Ma insomma, la sostanza è che a Renzi vengono concessi due ministeri. Lui ne chiede almeno tre, di cui uno senza portafoglio, e poi Infrastrutture e Lavoro. E pretende chiarezza anche sul viceministro e sui due sottosegretari che dovrebbero spettargli, e su cui invece il M5s preferisce rimandare la discussione. Ma non è tanto qui, il nodo. Il punto è che sul Lavoro i grillini si sono impuntati: non vogliono Teresa Bellanova. Chi ha fatto cadere il Conte bis, è la tesi, non può occupare un ruolo così improtante nel ter. Anche su Maria Elena Boschi c'è un veto a cinque stelle: questioni giudiziare (la capogruppo di Iv alla Camera è indagata nella vicenda Open) ma soprattutto mediatiche: "Con Meb al governo, Dibba ci asfalta", filtra dai vertici del M5s. E allora è lei stessa a farsi da parte, a comunicarlo ufficialmente ai suoi colleghi parlamentari: "Che non si usi il mio nome per bloccare le trattative e imputarci il mancato accordo". 

 

E poi, ancora più inaccettabile per Renzi, c'è la questione della giustizia. Il lodo Orlando - la mediazione proposta dal vicesegretario del Pd al tavolo di Montecitorio, che consiste sostanzialmente in un rinvio di sei mesi della risoluzione del problema sulla prescrizione - viene giudicata più che altro una mezza provocazione dal senatore di Scandicci: "E' l'ennesimo rinvio, così poi a luglio ci ritroviamo ancora qui a litigare su una questione che, fosse stato per noi, avremmo affrontato un anno fa". E insieme con l'agenda, deve cambiare anche il titolare di Via Arenula. E qui sorge il dilemma: che fare con Alfonso Bonafede? "Noi possiamo accettare che voi poniate un veto su di lui alla Giustizia - sbuffano i pontieri grillini coi colleghi di Iv - ma non possiamo accettare che Renzi lo voglia completamente fuori dal governo. E' il nostro capodelegazione uscente, è l'uomo più vicino a Giuseppe Conte: liquidarlo sarebbe un'abiura". E certo, c'è una logica in quest'impuntatura. Se non fosse che il ruolo di ripiego che il M5s e Palazzo Chigi pretendono per Bonafede è più importante di quello che ha già: il Guardasigilli attuale andrebbe infatti a ricoprire l'incarico di vicepremier, in tandem proprio con Andrea Orlando (ma qui c'è chi dice: meglio orlando a Via Arenula e Franceschini, o Bettini, vicepremier). Il punto è insomma che Bonafede, l'uomo su cui pende l'anatema di Renzi, uscirebbe da questa crisi rafforzato, anziché ridimensionato. E non sta bene. 

 

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Anche perché nel M5s s'incapricciano nelle difese meno raccomandabili. Persino la richiesta di silurare Mimmo Parisi, "il papà dei navigator", l'italopugliese arrivato dall'Università del Mississippi a combinare guai intorno al reddito di cittadinanza, viene considerata irricevibile da Crimi. Così come pure, insistendo sull'inopportunità di indebolire la catena di comando sulla campagna vaccinale, i grillini respingono qualsiasi richiesta di ridiscutere l'onnipresenza di Domenico Arcuri, il supercomissario benedetto da Conte. 

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Nel Pd provano a mediare, stretti come sono al centro della mischia, interpretando il solito ruolo di chi canta e porta lo croce. Franceschini e Zingaretti avrebbero concordato su uno schema che prevede che ai dem vadano sette ministri, con un vicepremier. Leu conserverebbe allora il suo presidio sulla Sanità, col solito Roberto Speranza. 

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Ma la quadratura del cerchio non si trova. Tanto più che le richieste di mettere nero su bianco il contratto di governo avanzata da Italia viva viene respinta al mittente. E così, quando Renzi riunisce i suoi parlamentari, subito dopo pranzo, lo fa in sostanza per mandare un avviso ai naviganti: "Così, su un Conte ter che è in realtà un Conte bis-bis, non si chiude". Rassicura i suoi, l'ex premier: garantisce che l'ipotesi di un governo politico resta quella "su cui tutti siamo d'accordo". Al punto che quando Roberto Giachetti interviene per dire che "no, io ritengo invece preferibile un governo istituzionale", Renzi chiosa: "Allora siamo tutti d'accordo, tranne la mozione Giachetti". Solo che poi illustra gli ostacoli lungo il sentiero: "Se sentite i vostri colleghi di pd e M5s - dice rivolto ai suoi deputati e senatori - fategli capire che noi vogliamo chiuderlo questo accordo. Ma loro devono mollare su qualcosa. Soprattutto i grillini non possono difendere a oltranza i loro tabù". 

 

Tutto s'ingarbuglia, insomma. E allora sul tavolo della trattativa marginale, quella condotta dai capigruppo di maggioranza a Montecitorio, Fico è costretto a fischiare l'extra time. Si tratta fino alle 18. Poi il presidente della Camera dovrà salire al Quirinale per riferire al capo dello stato sull'esito del suo mandato esplorativo. E poi si vedrà. 

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