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la fine dell'epoca Conte

Così Renzi abbatte Conte, e Mattarella convoca Draghi (bocciando le elezioni)

Valerio Valentini

Le trame tra il leader di Iv e il centrodestra, i contatti di Salvini con l'ex governatore della Bce, che domani alle 12 va al Colle. Franceschini tenta l'ultima mediazione, ma su Bonafede salta tutto. Il Quirinale fa appello a tutti i partiti ed esclude le urne. E ora il M5s rischia di esplodere

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La sentenza di morte arriva a ridosso delle 18, al termine di una proroga che Roberto Fico ha concesso, con l’aria di chi non si rassegna ancora, alle trattative tra i capigruppo di una maggioranza che di fatto non c’è già più. “Così è semplicemente irricevibile”, dice Matteo Renzi. Un segnale, e tanto basta perché Maria Elena Boschi e Davide Faraone s’impuntino per l’ultima volta. La scusa è il verbale. Ma che tutto riguardi la firma del resoconto di due giorni di confronti inconcludenti, è ovviamente la scusa. “Una barzelletta”, dirà il senatore di Scandicci. Perché il negoziato vero si giocava altrove.

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La sentenza di morte arriva a ridosso delle 18, al termine di una proroga che Roberto Fico ha concesso, con l’aria di chi non si rassegna ancora, alle trattative tra i capigruppo di una maggioranza che di fatto non c’è già più. “Così è semplicemente irricevibile”, dice Matteo Renzi. Un segnale, e tanto basta perché Maria Elena Boschi e Davide Faraone s’impuntino per l’ultima volta. La scusa è il verbale. Ma che tutto riguardi la firma del resoconto di due giorni di confronti inconcludenti, è ovviamente la scusa. “Una barzelletta”, dirà il senatore di Scandicci. Perché il negoziato vero si giocava altrove.

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Il negoziato, quello sugli assetti di governo, correva sul filo di telefonate e vertici online tra Renzi e Dario Franceschini, Vito Crimi e Roberto Speranza. E certo, nel frattempo nella Sala della Lupa tutto s’arenava: dal Mes al reddito di cittadinanza, dalla prescrizione all’alta velocità, di pretesti per  la rottura ce n’erano. Se Renzi ha deciso di usarli per ribaltare il tavolo, lo ha fatto innanzitutto perché è convinto che “comunque non esiste l’ipotesi del voto anticipato”. Esisterebbe, invece, almeno sull’altro filo sottile delle trattative convulse che legano Renzi al centrodestra, la prospettiva di un governo istituzionale su cui, stando a quanto il senatore di Scandicci confida, anche Forza Italia, perfino Matteo Salvini sarebbe pronto a muoversi, se è vero che ieri ha telefonato, privatamente, all’ex governatore della Bce. Perché la convinzione resta sempre quella: Mario Draghi. Ed ecco, allora, il senso dell’azzardo  di Renzi. Che alla fine respinge anche l’ultima offerta, la più vantaggiosa, che Franceschini riesce a mettere sul tavolo: a metà pomeriggio gli viene concesso anche quel terzo ministero che lui rivendicava: oltre alle Infrastrutture e all’Agricoltura, avrà anche il Lavoro. Da affidare a un tecnico di sua scelta, però. “Perché i grillini - riferirà poi Renzi - sono disposti a mollare la Catalfo solo se al suo posto non va Teresa Bellanova”. Che  incoraggia, pure lei, il suo leader: “La politica è la ricerca della mediazione. Ma questa è un’umiliazione”. “Sì, francamente stanno esagerando”, conferma Renzi, che a quel punto inizia a sindacare anche lui sui ministri degli altri.

 

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E qui sarebbe impossibile tentare di stabilire chi abbia iniziato per primo, a incaponirsi. Sta di fatto che se il M5s ha deciso di arrivare alla resa dei conti, è perché da quelle parti sono convinti che convenga forzare. Per questo hanno difeso fino all’inverosimile, fino cioè a lasciare interdetti anche i pontieri del Pd, Alfonso Bonafede. Che fino a ieri sera sarebbe dovuto restare a Via Arenula. Poi, sotto le minacce renziane, sarebbe stato addirittura promosso vicepremier, quindi spostato al Viminale, con  Fraccaro vice di Giuseppe Conte e Di Maio agli Esteri. Perfino Ettore Rosato, che perora la causa del Conte ter tra i colonnelli di Iv, tenta un’ultima mediazione con Bonafede: “Non posso lasciare la Giustizia”, gli dice il Guardasigilli. E a quel punto pure Rosato capitola: “Così è tutto troppo in continuità”. 

 

Il punto è che anche dentro il M5s c’è  stato chi ha imposto la linea della fermezza. “Gli abbiamo già concesso troppo, a Renzi”, spiega da giorni  ai suoi senatori Stefano Patuanelli, uno che di solito interveniva per sedare i focolai di integralismo nella pattuglia grillina di Palazzo Madama e che invece ieri sera ha preso parte alla riunione degli oltranzisti che al Senato chiedevano di non cedere su Bonafede. Era la linea di chi, a Palazzo Chigi, tifava per la resa finale, che sarebbe dovuta passare da un reincarico a Conte da parte di  Mattarella, con la conseguente conta in Aula. Solo che Matteralla suona un’altra campana: riceve Fico, prende atto della morte della maggioranza rossogialla, e si appella a tutti i partiti perché facciano nascere in tempi rapidi un governo di alto profilo, istituzionale. L’ipotesi delle elezioni non la esclude in teoria, il capo dello stato, ma di fatto la boccia, la rende impraticabile a chi, nel Pd come nel M5s, la vagheggiava. “La partita inizia ora”, dice Renzi a ora di cena. Mentre dal Colle diramano la notizia: a mezzogiorno, oggi, Draghi arriva davvero.

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