PUBBLICITÁ

Cosa accomuna Conte, il Cav. e Renzi?

Giuliano Ferrara

 Una costante antropologica: la corsa mediatica ad azzoppare chi può farcela a tagliare un traguardo

PUBBLICITÁ

Non è che sono innamorato dei presidenti del Consiglio, come suggerisce il languoroso imbecille twitterato. A parte Craxi il decisionista, il mattocchio liberaleggiante e pop, l’imberbe rottamatore, tre campioni di una autentica riforma politica combattuti a morte da fastidiose accozzaglie, nessuno degli altri che a un certo punto ho politicamente difeso o compreso era il mio tipo. Figuriamoci Conte, che come Conte1 mi faceva direttamente schifo, come BisConte mi è piaciuto abbastanza per ragioni ovvie (lockdown e Recovery), e come TrisConte gli faccio in bocca al lupo.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Non è che sono innamorato dei presidenti del Consiglio, come suggerisce il languoroso imbecille twitterato. A parte Craxi il decisionista, il mattocchio liberaleggiante e pop, l’imberbe rottamatore, tre campioni di una autentica riforma politica combattuti a morte da fastidiose accozzaglie, nessuno degli altri che a un certo punto ho politicamente difeso o compreso era il mio tipo. Figuriamoci Conte, che come Conte1 mi faceva direttamente schifo, come BisConte mi è piaciuto abbastanza per ragioni ovvie (lockdown e Recovery), e come TrisConte gli faccio in bocca al lupo.

PUBBLICITÁ

 

   

 

PUBBLICITÁ

E’ piuttosto l’esperienza delle cose italiane, ormai di molti decenni o semisecolare, a suggerirmi prudenza quando avrei un evidente vantaggio a giocare allo scassaquindici in consorteria con politici rampanti, retroscenisti e commentatori ambiziosetti, potenti e mezzi potenti, direttori tenorili e signorotti del video sempre a caccia della stessa novità: l’azzoppamento del primo che può farcela a tagliare un traguardo. E’ vero, ero berlusconiano ipermilitante ma il Prodi dell’euro mi era piaciuto. Il D’Alema della Bicamerale per le riforme (uno che però si era messo a trattare con Fini, imperdonabile) mi sarebbe piaciuto capo dello stato, quando espose qui, a sorpresa e per la prima volta, il suo programma di candidato alla riforma dell’architettura di sistema. Monti con la sua provvidenziale lavagnetta tutta cifre e grafici mi gasava fino alla scrittura di un rap, in un paese di little donkey, per dirla con Ibra. Eccetera. Potrei fare altri esempi.

 

Fatto si è che nella mia vita politica, quella giornalistica e oratoria ne è una dipendenza fedele, ho notato qualcosa di importante. Direi una costante antropologica italiana, che una volta era legata al complicato e ricco sistema dei partiti, dal 1993 a oggi è legata al semplicistico moralismo della casta, dell’uomo solo al comando e altre fesserie. La costante è semplice, trasparente, sotto gli occhi di tutti. Appena un uomo politico, di rango o raffazzonato non importa, e quale che sia la sua collocazione nell’arco destra-sinistra, appena uno che ha in mano le leve dell’esecutivo minaccia di avere non dico un programma sanificatore, ma anche solo una gittata temporale e di governo interessante, utile, ecco che lo azzoppano.

 

Craxi stava trasformando l’Italia, e Natta e De Mita patrocinati da Biagi si misero d’accordo per fotterlo. Berlusconi aveva realizzato un pezzo dell’alternanza, e con la scusa dei suoi amorini donizettiani (Elisir d’amore) e della crisi del 2008, si affumò tra le contorsioni del ceto politico (e le convulsioni di Tremonti). Anche Prodi e D’Alema un po’ promettevano, in un’altra scala, ma si provvide alla bisogna. Renzi aveva fatto il Macron in anticipo e di successo, per farla breve, e fu sfidato e battuto da un’accozzaglia paralepenista di esimi costituzionalisti della mutua. Spesso, quasi sempre, gli azzoppati concorrono in proprio al loro affossamento, ma che volete, se in amore un intero paese, quello che piace e si piace nel disdoro dell’ingovernabilità, ti rigetta, bè, diventi un po’ pazzo.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

Il mio caro e affezionato collega, Marco Travaglio, quello che sulla scia si è fatto con pochi amici un giornale suo, di questi tempi è nervoso e se la prende con i “poteri marci” che assediano il suo beniamino Conte, lui che è così bravo da riuscire dove a me non riesce avere successo, amare sia il Conte1 sia il BisConte, che sarebbero direi un po’ diversi. Ma non è così, da noi l’unico potere marcio è quello mediatico-giudiziario, e Marcolino lo conosce bene, intrinsecamente. Per il resto siamo solo dei riottosi, che sfidano il senso comune utile pur di sbarazzarsi di uno che potrebbe arrivare alle politiche del 2023 avendo alle spalle (corna, bicorna) la pandemia e un pezzo del Recovery, quello possibile non il capolavoro impossibile sognato da sognatori esperti. Un film già visto e da me non apprezzato.

PUBBLICITÁ