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dove porta la mossa del cavallo

Conte ter, ma non solo. Ecco la strategia di Renzi per provare a sostituire Giuseppi

Le strambate di Palazzo Chigi ricompattano Iv. La riunione dei quattro dissidenti in mattinata, poi la svolta. I ministri del M5s si arrendono nella caccia ai responsabili: "Bisognerà tornare a parlare con Renzi". E dal Pd: "Nessuno, adesso, è insostituibile"

Valerio Valentini

I contatti con Franceschini, le lusinghe a Guerini. Bettini cede: "Bisognerà allargare la maggioranza, per togliere a Iv potere di ricatto". Ma nel rodeo delle prossime ore, la riconferma del premier non è scontata. Così il leader di Iv tenta il Pd per un governo semi-Ursula

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Ora che le dimissioni di Giuseppe Conte sono una conquista acquisita, ci sarebbe quasi da cantare vittoria (“Due settimane fa ci prendevano per matti. Oggi, forse, un po’ meno”, sorride Ivan Scalfarotto). Se non fosse che poi, conoscendo i vizi e le virtù dell’uomo, l’esultanza si trasforma in dubbio: e un po’ tutti, amici e nemici, si chiedono se a Matteo Renzi basterà l’avere vinto, per accontentarsi, o se piuttosto non tenterà l’azzardo per stravincere. Perché certo la strada verso il Conte ter apparirebbe la più scontata, per sbrogliare la matassa in cui il premier s’è avvolto. Ma non è detto che sia la più percorribile. 

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Ora che le dimissioni di Giuseppe Conte sono una conquista acquisita, ci sarebbe quasi da cantare vittoria (“Due settimane fa ci prendevano per matti. Oggi, forse, un po’ meno”, sorride Ivan Scalfarotto). Se non fosse che poi, conoscendo i vizi e le virtù dell’uomo, l’esultanza si trasforma in dubbio: e un po’ tutti, amici e nemici, si chiedono se a Matteo Renzi basterà l’avere vinto, per accontentarsi, o se piuttosto non tenterà l’azzardo per stravincere. Perché certo la strada verso il Conte ter apparirebbe la più scontata, per sbrogliare la matassa in cui il premier s’è avvolto. Ma non è detto che sia la più percorribile. 

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E non soltanto per questioni che hanno a che vedere con l’indole  del senatore di Scandicci. C’è che Conte non se l’è giocato benissimo, questo tempo sospeso della crisi, se è vero che ieri, esasperati dai suoi continui tentennamenti ("Siamo stati fino a stamane appesi a una riunione dei tre senatori dell'Udc, che poi ci hanno sbattuto la porta in faccia come era prevedibile"), i ministri grillini che fino a qualche giorno contattavano i parlamentari renziani per indurli all’abiura, hanno alzato il telefono per suggerire una strategia opposta: “Conte passa dal ‘mi dimetto’ al ‘gliela faccio pagare, a Renzi’. Noi glielo stiamo dicendo che senza Renzi non ne viene fuori, ma se lo dichiarassimo pubblicamente finiremmo ostracizzati”. E lui, il leader di Italia viva, se la ride. Un po’ perché queste continue strambate di Palazzo Chigi hanno finito col ricompattare le sue truppe. E così, se ancora ieri mattina tre senatori e un deputato di Iv si sono visti per una videocall carbonara per meditare eventuali insubordinazioni, a tarda sera anche questo allarme era rientrato. “Grazie a tutti per aver resistito alle lusinghe”, si compiaceva allora Davide Faraone. E Renzi confermava il vertice previsto tra stasera e domani per decidere sul da farsi.

 

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Tutto infatti si consumerà nelle (non molte) ore che Sergio Mattarella potrebbe concedere a Conte. Che il trapasso dal “bis” all’eventuale “ter”, però, l’ha preparato con una certa approssimazione, se è vero che con Renzi non ha più avuto alcun contatto, e se è vero che anche lo stato maggiore del Pd è rimasto col fiato sospeso per l’intero pomeriggio di ieri prima di scoprire dalle agenzie le intenzioni del premier.  Così,  la missione in cui per  settimane Conte ha profuso invano ogni sforzo, offrendo agli alleati dem garanzie puntualmente smentite dai fatti,  andrà compiuta in poche ore, con un premier dimissionario e  tutti i rischi del caso. Ed ecco allora Goffredo Bettini porre l’imperativo categorico dell’allargamento: “Noi facciamo un grande appello a tutti - ci dice - perché vogliamo un governo che non sia sotto ricatto di un partito: va bene a Iv, ma non solo con Iv”. E certo, però, che neppure il piccolo sabotaggio  darebbe garanzie di stabilità. “Se si porrà il tema di un allargamento della maggioranza  - ci spiega il seatore dem Dario Stefano, presidente della commissione Affari Ue -  lo sia faccia con una prospettiva solida: lo si dovrà fare con un patto di legislatura, e non agitando veti strumentali o tabù inviolabili. Tutto sarà rimesso in discussione, tranne il fatto che insieme alla destra sovranista non si governa”.

 

Tutto, dunque, perfino il premier? Di certo c’è che, se si vorrà lavorare a una maggioranza Ursula (e il Cav. ancora ieri esortava a telefono un paio di suoi parlamentari a non fossilizzarsi sulla linea sovranista, e a osservare le svolte dialoganti nelle ultime dichiarazioni di Antonio Tajani), Conte potrebbe diventare più un ostacolo, che non una risorsa. “Conte non è niente, né europeista né sovranista: un uomo per tutte le stagioni. Esattamente quello che non serve oggi all’Italia”, sentenzia il senatore Andrea Cangini, esponente di quell’area carfagnana di Forza Italia  da cui potrebbe arrivare la prima spinta verso una maggioranza più trasversale. E allora Renzi pare accarezzarla davvero, l’ipotesi di un premier espressione del Pd. Del resto gli sono arrivate alle orecchie le parole che un dirigente dem ha instillato nelle orecchie di un senatore di Iv, per annunciare la tregua: “Questo paese ha fatto a meno di De Gasperi, saprà fare a meno anche di Conte”. E allora ecco, nei disegni di Renzi, la suggestione di Lorenzo Guerini, o quella di Dario Franceschini con cui i contatti, nelle ultime ore, sono tornati assai frequenti. O magari quella di Nicola Zingaretti, che ieri ha invocato “un governo autorevole e con una base parlamentare ampia”. Con Conte alla guida? “Conte deve dimostrare di essere all’altezza, e di saper ricucire”, sibilava a sera Matteo Orfini. Come a dire che nessuno può sentirsi troppo sereno. 

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