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Al VisConte mancano le idee, non i numeri

Claudio Cerasa

La fiducia, il primo round e quella sfida proibitiva per Conte e Zinga: capire che per camminare non basta stare in piedi

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Per il momento i numeri sono quelli che sono (i sì ieri al Senato per il governo Conte sono arrivati a quota 156, maggioranza relativa, ma non maggioranza assoluta), ma alla fine dei conti il succo della due giorni di crisi parlamentare si può riassumere così: il governo Conte, anche senza Renzi, riesce a stare in piedi, ma senza Renzi non ha ancora idea di come si possa camminare.

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Per il momento i numeri sono quelli che sono (i sì ieri al Senato per il governo Conte sono arrivati a quota 156, maggioranza relativa, ma non maggioranza assoluta), ma alla fine dei conti il succo della due giorni di crisi parlamentare si può riassumere così: il governo Conte, anche senza Renzi, riesce a stare in piedi, ma senza Renzi non ha ancora idea di come si possa camminare.

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Per il momento, Renzi ha perso la sua sfida con Giuseppe Conte e ha dato la possibilità al presidente del Consiglio di dimostrare che, almeno per quanto riguarda i numeri in Parlamento, si può governare anche senza i voti di Italia viva. Renzi voleva provare a spaccare i gruppi del Pd e del M5s per cercare un equilibrio politico diverso da quello attuale, facendo leva su un amore per Conte da parte del Pd e del M5s infinitamente inferiore rispetto a quello messo in mostra in questi giorni dai leader dei partiti di maggioranza, ma alla fine lo schema si è ribaltato. E ora sarà proprio il suo avversario, Conte, che proverà a spaccare in Parlamento i gruppi europeisti (compreso quello di Renzi) per rafforzare la sua maggioranza “anti sovranista, anti nazionalista e anti populista”.

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Nelle prossime ore molta attenzione verrà dedicata al tema del pallottoliere (il rimpasto aiuterà a rinforzare le file della maggioranza) e la strategia suggerita a Conte da Goffredo Bettini, braccio destro di Nicola Zingaretti e braccio sinistro del presidente del Consiglio, è quella di puntare sullo schema della terza gamba: trasformare cioè il gruppo dei così detti responsabili in un piccolo polo europeista capace di accogliere al suo interno tutti i parlamentari desiderosi di non far deragliare l’Italia dalla sua traiettoria europeista (compresi quelli renziani), nell’attesa di capire se sarà possibile o no ricucire il rapporto con Renzi e nell’attesa di capire se sarà possibile o no costruire con i pezzi di opposizione più europeisti un rapporto che non si limiti all’approvazione dello scostamento di bilancio ma che arrivi a immaginare la creazione di un tavolo per le riforme (ieri al Senato Conte ha dedicato al tema della legge elettorale proporzionale, che Forza Italia vorrebbe, il doppio del tempo dedicato allo stesso tema il giorno prima alla Camera).

 

Per il VisConte dimezzato i numeri possono essere un problema (nella storia della Repubblica i governi durati meno di 150 giorni sono stati 15: uno ogni quattro). Ma un esecutivo desideroso oltre che di stare in piedi anche di camminare e magari di correre più che del pallottoliere e dei numeri oggi dovrebbe preoccuparsi del paniere delle idee. E senza il motorino di Matteo Renzi, quel ruolo oggi non può che finire nelle mani del segretario del Pd: Nicola Zingaretti. Fino a oggi, il leader del Pd si è mosso più da silenzioso e spesso immobile mediatore che da vivace metronomo del governo ma da questo momento in poi la sua leadership dovrà essere misurata più per quello che saprà fare (riforme, Recovery) che per quello che è stato in grado di evitare (uscire dall’Europa).

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E dire “fare” oggi significa intendere alcune cose precise. Significa capire che essere europeisti non significa solo saper dire di sì ai soldi dell’Europa ma  anche creare le condizioni affinché l’Italia sia in grado di evitare quello che sarebbe il colmo dei colmi, ovverosia chiedere all’Europa del denaro per attuare delle riforme che si è incapaci di realizzare. Significa capire che essere europeisti non significa solo usare tutta la flessibilità concessa dall’Europa per statalizzare l’economia ma significa ascoltare l’Europa anche quando chiede di dedicare più investimenti alla ricerca, di puntare sull’efficienza della Pubblica amministrazione, di affrontare le restrizioni della concorrenza, di ridurre la durata dei processi civili, di non giocare più con la spesa pubblica per ridurre l’età delle pensioni. Significa capire che un paese che vuole guardare al futuro non può far finta di non sapere che la pandemia non ha congelato ogni problema relativo all’aumento del debito ma ha soltanto rinviato quei problemi nel tempo. Significa capire che, specie in una stagione proporzionalistica, occuparsi di allargare il perimetro del Pd (riportando tutti sotto un’unica tenda: da Renzi a Bersani) non è un’operazione meno importante rispetto a quella di occuparsi di come allargare il perimetro della maggioranza. Il pallottoliere sarà naturalmente un problema per il VisConte ma da oggi in avanti il vero problema del governo avrà a che fare con un tema ben più importante che riguarda le idee e che riguarda la capacità di saper stare in piedi non per rimanere immobili per provare a correre e magari anche a camminare. Sarà dura.

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