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Lo scenario

"Te piace o' direttorio?". Natale in casa M5S: Crimi tratta sul futuro di Rousseau

Dibba non si candiderà e forse nemmeno Di Maio. A fari spenti il capo politico prova a limitare il potere dell'azienda informatica senza arrivare a uno strappo clamoroso. E Grillo si scopre sì-vax

Simone Canettieri

Mancano ancora i quesiti da far votare agli iscritti. Al di là della guida collegiale il vero braccio di ferro è sulla piattaforma di Davide Casaleggio

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Te piace o’ direttorio? Il Natale in casa M5s è stato tutto un fare e disfare il presepe del nuovo organo collegiale che verrà. Si rincorrono così strategie e tattiche: Alessandro Di Battista, il grande oppositore, è pronto a non candidarsi; così come Luigi Di Maio, il capo politico che non se n’è mai andato, deciderà il da farsi solo all’ultimo. Al contrario, vogliono partecipare alla festa il presidente della commissione antimafia Nicola Morra (che al Foglio ha anticipato le sue intenzioni), ma anche la pasionaria Paola Taverna e il pragmatico Stefano Buffagni.

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Te piace o’ direttorio? Il Natale in casa M5s è stato tutto un fare e disfare il presepe del nuovo organo collegiale che verrà. Si rincorrono così strategie e tattiche: Alessandro Di Battista, il grande oppositore, è pronto a non candidarsi; così come Luigi Di Maio, il capo politico che non se n’è mai andato, deciderà il da farsi solo all’ultimo. Al contrario, vogliono partecipare alla festa il presidente della commissione antimafia Nicola Morra (che al Foglio ha anticipato le sue intenzioni), ma anche la pasionaria Paola Taverna e il pragmatico Stefano Buffagni.

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E poi chi vivrà vedrà: dal sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia al leader dei giovani turchi grillini Luigi Iovino, portavoce dei parlamentari al primo giro di giostra che non vogliono che si tocchi la regola del secondo mandato, passando per la rinvigorita Virginia Raggi e l’europarlamentare Dino Giarrusso, seppur sotto responso dei probiviri per la vicenda dei finanziamenti  ricevuti dalle lobby. E Barbara Lezzi e Danilo Toninelli?  Tutto può succedere. Perché è ancora tutto molto prematuro. 

In questi giorni, infatti, a fari spenti tra Roma e Ivrea si sta giocando il vero futuro del M5s. Il capo politico Vito Crimi e il presidente dell’associazione Rousseau Davide Casaleggio stanno trattando il grosso della partita: il ruolo della piattaforma digitale che da sempre scandisce la vita del mondo grillino.  Si litiga e si tratta dunque per la lista degli iscritti a Rousseau, la base del Movimento: a chi andrà il server? Rimarrà a Milano? Si smussano angoli e si va allo scontro per capire cosa ne sarà del cervellone nato con l’utopia della democrazia diretta: diventerà un gestore di un servizio regolato da un contratto? E a quanto? E per quanto tempo?  Non solo: Crimi e Casaleggio in questo divorzio all’italiana stanno pensando anche alla cassa. A chi andranno i contributi dei parlamentari che prima venivano versati direttamente all’associazione creata dal rampollo? Passeranno comunque da Rousseau o saranno stornati dal partito? 


La vicenda non è banale e segna la vera sfida di queste ore. Il motivo per cui gli Stati generali, al di là degli annunci, procedono a singhiozzo.  La prossima tappa del congresso meno appassionante della storia politica italiana riguarda proprio la modifica dello statuto del M5s. Entro la fine dell’anno, pare, dovranno essere annunciati i quesiti ed entro due settimane messi ai voti degli iscritti. Si tratta delle modifiche allo statuto: oltre al superamento del capo politico che sarà sostituito da un organo collegiale, c’è proprio da ridefinire il ruolo del figlio di Gianroberto e della sua società. 

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Ancora una volta, però, si sta creando questa anomalia: le modifiche al ruolo di Rousseau dovranno essere votate sulla piattaforma Rousseau e così si spiega la durezza di una trattativa che stenta a vedere la luce. Potrà mai Casaleggio jr dire al Movimento: fate di me quello che volete sapendo che la decisione passerà dal suo giocattolo magico? 

Certo che no. Da qui nasce il lavorìo che in questi giorni Crimi e Roberta Lombardi hanno messo in piedi con la società di consulenza informatica per cercare punti d’intesa che sembrano difficili da immaginare. Molti parlamentari rimproverano a Crimi “una mancanza di coraggio” perché, raccontano al Foglio, adesso “servirebbe un atto forte di cesura con il passato come accadde con il Pci e con il Msi”. Ma potrà essere così in un partito post ideologico per eccellenza finora gestito da una società privata? Chi ha parlato con Crimi racconta che alla fine tra i quesiti messi al voto non ci saranno strappi con Rousseau, ma “una graduale cornice di ridimensionamento”.  

Il resto, anzi il grosso del lavoro toccherà al nuovo organo collegiale che nascerà forse a febbraio. Quando ci saranno il nuovo statuto (forse) e i nuovi componenti del board grillino. Il presepe pentastellato, appunto. Che potrebbe essere composto dalla componente più barricadera e ortodossa di un partito che continua a cambiar pelle lasciando per strada squame di consensi elettorali e parlamentari (47 addii dall’inizio della legislatura).  Un Natale litigioso, sì proprio da parenti serpenti. Con il vecchio zio e garante Beppe Grillo che, dopo anni di battaglie anti-scientifiche, si  scopre sì-vax, pronto a farsi iniettare una siringata di tutti i vaccini. Lui si evolve e se ne frega, mentre i nipotini litigano per la roba.

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