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gli impatti sul pil e quelli su conte

Ecco le nuove bozze del Recovery, che agitano le manovre parlamentari di Conte

Spenderemo 196 dei 209 miliardi del Next Generation Eu. Le sovvenzioni saranno 65 miliardi, il resto prestiti, di cui 90 per progetti già pianificati. I tre scenari sull'aumento pil

Valerio Valentini

Il piano e i progetti presentati dal premier ai partiti di maggioranza. Il documento conferma la convenzienza del Mes, ma sulla Sanità restano 9 miliardi. Rispunta la fondazione per la Cybersecurity, tra i malumori del Pd. E intanto crescono le voci su un nuovo partito di Giuseppi per rimpiazzare Renzi

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Follow the money. Per capire dov’è che s’aggroviglieranno le discussioni tra i partiti e tra i ministri sempre pronti a reclamare più risorse, bisogna guardare le tabelle coi numeri che Giuseppe Conte ha fornito alle delegazioni di maggioranza. E così è difficile che Lorenzo Guerini riuscirà a tenere a bada l’industria della difesa, se dei 12 miliardi richiesti si vede assegnare appena 236 milioni. E quando Stefano Patuanelli saprà che i fondi per la filiera per l’idrogeno gli sono stati quasi dimezzati (puntava a 2 miliardi, se ne ritroverà 1,3), pure lui s’irrigidirà. Ma oltre che per una questione contabile, le bozze del Recovery rinfocoleranno anche due polemiche mai davvero sopite: quella sul Mes e quella sui servizi segreti.

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Follow the money. Per capire dov’è che s’aggroviglieranno le discussioni tra i partiti e tra i ministri sempre pronti a reclamare più risorse, bisogna guardare le tabelle coi numeri che Giuseppe Conte ha fornito alle delegazioni di maggioranza. E così è difficile che Lorenzo Guerini riuscirà a tenere a bada l’industria della difesa, se dei 12 miliardi richiesti si vede assegnare appena 236 milioni. E quando Stefano Patuanelli saprà che i fondi per la filiera per l’idrogeno gli sono stati quasi dimezzati (puntava a 2 miliardi, se ne ritroverà 1,3), pure lui s’irrigidirà. Ma oltre che per una questione contabile, le bozze del Recovery rinfocoleranno anche due polemiche mai davvero sopite: quella sul Mes e quella sui servizi segreti.

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Sull’intelligence, infatti, il dossier consegnato dal premier ai partiti di maggioranza tradisce una certa rischiosa caparbietà nel perseverare, da parte di Conte. Il quale, a pagina 48 del fascicolo del nuovo Pnrr, torna sul luogo del delitto. “Sarà istituito un centro di sviluppo e ricerca sulla Cybersecurity – vi si legge – che opererà attraverso la costituzione di partenariati pubblici-privati (...) e il lancio di spin-off/startup”. E’ descritta con parole nuove, ma è di nuovo quella famigerata Fondazione per la sicurezza cibernetica che tanto aveva alimentato le baruffe politiche. Il premier aveva provato a inserirla con un blitz in legge di Bilancio, e s’era visto stoppato da mezzo Pd e da Matteo Renzi. Ora ci riprova col Recovery: e a meno che non chiarisca che si tratta, in sostanza, di un qualcosa a metà tra un centro di ricerca e un dipartimento universitario, otterrà grosso modo la stessa reazione dai partiti di maggioranza. 

 

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Sempre che non sia proprio questo l’obiettivo, come malignamente si vocifera in queste ore nei corridoi del Transatlantico, dove pare prendere consistenza l’ipotesi che Conte potrebbe utilizzare le tensioni politiche al rientro dalle vacanze per arrivare allo scontro frontale con Iv e sostituirla con un gruppo che sembra pronto a manifestarsi a inizio gennaio: solite chiacchere, forse, ma ieri sia alle orecchie del capogruppo del Pd Delrio, sia a quelle del ministro grillino D’Incà, queste chiacchiere sono arrivate molto nitide. 

 

E a proposito di tensioni, c’è il Mes.  Anche su questo le bozze  distribuite da Palazzo Chigi offriranno nuovo ossigeno alla protesta. Perché i tecnici del Mef, d’intesa col ministero degli Affari europei, nel documento spiegano la ratio seguita nell’utilizzo delle risorse messe a disposizione dal Next Generation Eu. Dei 209 miliardi, l’Italia ne spenderà 196. Di questi, 65 miliardi saranno  sovvenzioni (grants) per investimenti “additivi” e il resto saranno prestiti (loans), dei quali circa  40 verranno usati per finanziare nuovi progetti mentre il grosso (85-90 miliardi) andrà a coprire “il finanziamento di investimenti e di altre misure che sarebbero altrimenti state supportate da risorse nazionali”. Fondi sostitutivi, dunque: anziché prenderli dell’indebitamento statale, li si reperirà attraverso i prestiti del  Recovery. Il motivo? E’ scritto nel dossier: “Per i fondi erogati attraverso prestiti, si considerano costi di indebitamento più bassi rispetto a quelli applicati sui titoli di Stato italiani”. Tutto cristallino. Se non fosse che questa è esattamente la logica secondo cui converrebbe prendere i prestiti offerti dal Mes per le spese sanitarie: allo stesso modo si risparmierebbero, grosso modo, 300 milioni all’anno per dieci anni grazie a tassi di interesse più bassi. Insomma: un documento licenziato da Palazzo Chigi conferma che la posizione  del governo sul Mes è illogica, almeno a voler stare alla cruda evidenza dei numeri.

 

La stessa che, peraltro, dovrebbe portare il governo a essere cauto sul fronte dell’indebitamento. Perché le tabelle offerte da Conte alle delegazioni di maggioranza fotografano un andamento del debito pubblico non proprio incoraggiante: il rapporto debito/pil salirà infatti al 160 per cento a fine 2020, per poi discendere lentamente di circa  dieci punti fino al 2023. Quanto agli effetti espansivi del piano, il governo ipotizza tre scenari. Partendo da un incremento del pil legato al Recovery di mezzo punto nel 2021, poi la proiezione si biforca: nell’ipotesi più rosea, il pil aumenterà di 2,3 punti entro la fine del 2026, mentre nella peggiore ci si fermerà a un più 1,1 per cento. Nel mezzo, una stima di crescita dell’1,7 per cento nei prossimi sei anni

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Quanto alla sanità, la bozza conferma i 9 miliardi totali. Il che rende questo il cluster meno cospicuo. Cinque miliardi andranno all’assistenza territoriale e alla telemedicina (di cui 560 milioni alla sicurezza alimentare), 4 miliardi a innovazione e ricerca. Il più corposo dei cluster è invece quello della digitalizzazione. Et pour cause, visto che a pagina 42 del dossier viene incluso un grafico desolante, che vede l’Italia quartultima in Europa nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società, davanti solo a Romani, Grecia e Bulgaria. Semmai sorprende che, a fronte di questo ritardo, la voce di spesa più gravosa nel capitolo “Digitalizzazione, innovazione e sicurezza della PA” sia il cashback, con quasi 5 miliardi già stanziati in legge di Bilancio e pronti a essere sostituti coi fondi del Recovery. Due miliardi andranno invece a finanziare la promozione del lavoro agile, 750 milioni all’innovazione organizzativa della Giustizia, 2,5 miliardi serviranno poi per infrastrutture digitali (annunciato un cloud nazionale per la Pa) e sicurezza cibernetica. Il grosso lo drenerà invece il piano 4.0 del Mise (24,8 miliardi), mentre 3,5 miliardi serviranno per il potenziamento della banda larga. 

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