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rallentare stanca

L'avviso di Amendola: "Sul Recovery, a febbraio, ci giochiamo 20 miliardi con l'Ue"

Le delegazioni di M5s e Pd a Palazzo Chigi. L'idea di Conte: disinnescare il Recovery puntando sulla riforma della giustizia e sulle semplificazioni. Marcucci al premier: "Per non apparire immobile, non devi stare immobile"

Valerio Valentini

Il ministro degli Affari europei indica la scadenza. Senza i 20 miliardi di anticipo da Bruxelles, è a rischio anche il piano 4.0 del Mise messo in legge di Bilancio. Le nuove consultazioni di Conte, mentre Renzi va in cerca di firme per il Mes

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Proprio lui che ha sempre sminuito gli allarmismi sul ritardo, ora indica una scadenza chiara: “A inizio febbraio ci sarà l’autorizzazione all’anticipo dei fondi del Recovery plan”, ricorda, col tono di chi catechizza gli sprovveduti, Enzo Amendola. Che poi di solito, nei colloqui di queste ore coi parlamentari che lo interpellano come si fa con gli oracoli (“Ma ci dobbiamo  preoccupare?”), puntualmente aggiunge: “E non possiamo rischiare di arrivare impreparati”, aggiunge il ministro per gli Affari europei. Anche perché garantirsi quell’acconto, che vale oltre 20 miliardi, servirà non solo a evitare una figuraccia internazionale, ma anche a scongiurare il rischio di dover smantellare la legge di Bilancio. Che, per finanziare l’ambizioso piano del Mise sul 4.0, conta proprio sul bonifico che dovrebbe arrivare al Mef da Bruxelles a febbraio. E senza quello, tutto rischierebbe di andare a ramengo. 

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Proprio lui che ha sempre sminuito gli allarmismi sul ritardo, ora indica una scadenza chiara: “A inizio febbraio ci sarà l’autorizzazione all’anticipo dei fondi del Recovery plan”, ricorda, col tono di chi catechizza gli sprovveduti, Enzo Amendola. Che poi di solito, nei colloqui di queste ore coi parlamentari che lo interpellano come si fa con gli oracoli (“Ma ci dobbiamo  preoccupare?”), puntualmente aggiunge: “E non possiamo rischiare di arrivare impreparati”, aggiunge il ministro per gli Affari europei. Anche perché garantirsi quell’acconto, che vale oltre 20 miliardi, servirà non solo a evitare una figuraccia internazionale, ma anche a scongiurare il rischio di dover smantellare la legge di Bilancio. Che, per finanziare l’ambizioso piano del Mise sul 4.0, conta proprio sul bonifico che dovrebbe arrivare al Mef da Bruxelles a febbraio. E senza quello, tutto rischierebbe di andare a ramengo. 

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E insomma si confermerebbero non solo i pregiudizi che in Europa si coltivano sull’italica approssimazione di fronte ai problemi, ma anche le perplessità che i funzionari della Ragioneria dello stato avevano segnalato al ministro  Stefano Patuanelli a proposito del suo piano, che andrà appunto finanziato con un mezzo azzardo contabile, con coperture virtuali che diventerebbero concrete solo dopo l’arrivo dei fondi europei per il 2021. E certo un mese fa, quando la manovra era stata licenziata dal Cdm, certi dubbi dovevano apparire istigati dalla solita pignoleria dei guardiani del Mef. E però quando ieri il ministro Amendola s’è sentito chiedere dai suoi colleghi del Pd se ci sono motivi di essere ottimisti, a proposito di un accordo sul Recovery, ha risposto, col volto teso: “Sono realista”.

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E sarà per eccesso di realismo, allora, che lo stesso Amendola, e con lui i ministri che più condividono le ansie di Dario Franceschini, nei giorni scorsi hanno fatto moral suasion sui colleghi di governo del M5s, rasentando quasi il terrorismo psicologico verso i parlamentari ritenuti più vicini al potenziale regicida Luigi Di Maio, per raccomandare loro di “non scherzare col fuoco”, perché “Matteo Renzi stavolta fa sul serio e se si fa fuori Conte nella speranza di avere un altro premier del M5s si finirà col precipitare verso le urne”.

 

E che faccia davvero sul serio non è escluso, Renzi. Ma è innegabile che negli ultimi due giorni abbia provato a stiepidire i bollori dei suoi miliziani più scalmanati. E così, quando Ettore Rosato ha evocato una sfiducia di fatto già consumatasi ai danni del premier, il senatore di Scandicci è intervenuto per evitare che altri lo seguissero: “E’ vero, da Chigi oggi hanno fatto l’ennesimo pastrocchio  sul Recovery, convocandoci a una riunione via agenzie”, ha spiegato ai suoi parlamentari.  “Ma poi Conte ha recuperato telefonando a Teresa. Eviterei le polemiche di metodo e starei sul merito. Noi adesso teniamola bassa e stiamo sui contenuti”. Su uno in particolare, a giudicare dalla richiesta, fatta pervenire ai suoi, di promuovere la petizione online a favore del Mes lanciata da Italia viva a metà ottobre: “Ora ci sono 9 mila firme a favore. Portiamole a 15 mila entro Natale”. 

 

Il che dimostra come l’intenzione di Renzi sia quella di tenere alta la tensione su Palazzo Chigi, stimolando il Pd su una battaglia cara anche al Nazareno (“Era stato proprio Zingaretti a indicarla come una priorità dell’agenda dopo le regionali”, insiste il leader di Iv), non offrendo al premier facili compromessi che gli permettano di archiviare questa crisi a intermittenza. L’idea che è trapelata negli incontri di ieri tra il premier e le delegazioni di Pd e M5s è di sospendere momentaneamente le ostilità sulla struttura di governance del Recovery per concentrarsi sulle riforme normative che devono accompagnarlo: “Un poderoso piano di semplificazioni che comprenderà anche la riforma della giustizia”, ha spiegato il premier, confidando nel fatto che, una volta che si siano definiti insieme i limiti dei poteri sostitutivi da utilizzare per evitare ritardi e lungaggini, sarà meno problematico individuare le figure che quei poteri dovranno esercitare. Il che, peraltro, permetterebbe di dare comunque all’Europa il segnale atteso: “Dobbiamo dimostrare, al di là dei dettagli sui progetti, che siamo in grado di spendere bene quella mole di risorse che ci arriverà”, ripete Amendola. 

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Sempre che questo basti a convincere non solo Bruxelles, dove spetterà proprio al commissario Paolo Gentiloni giudicare sul corretto operato dei paesi in preparazione al Recovery, ma anche Renzi. E Andrea Marcucci, che l’ex premier lo conosce bene e che ha imparato a conoscere anche quello attuale, di premier, poco prima d’iniziare la sua riunione telematica con Conte, si lasciava andare a un consiglio: “Per evitare che lo si attacchi sullo scarso coinvolgimento del Parlamento, il presidente del Consiglio non ha che da coinvolgere il Parlamento. Sul serio, a tutti i livelli. Perché il modo migliore che Conte ha per evitare di scivolare sulle accuse di immobilismo, è, semplicemente, non essere immobile”. 

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