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Il governo traballa. Ma Di Maio pensa alla conta interna nel M5s

Domenico Di Sanzo

All'indomani dell'annuncio del voto contrario di Forza Italia alla riforma del Mes, Luigi Di Maio rilancia sulla legge sul conflitto di interessi. "È un pizzino a Berlusconi per farlo collaborare", spiegano gli azzurri. Ma l'avvertimento sembra più rivolto alla base dei Cinque Stelle, con l'obiettivo di arginare Di Battista, in cima alla classifica dei like degli attivisti

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Di sicuro c'è solo che la mossa ha un tempismo alquanto sospetto. All'indomani dell'annuncio del voto contrario di Forza Italia alla riforma del Mes, Luigi Di Maio rilancia sulla legge sul conflitto di interessi. Proprio lui, magnificato dal deputato azzurro Renato Brunetta, che in una intervista-lettera al Foglio il 28 novembre lo aveva paragonato niente meno che a se stesso. "Caro Luigi tu mi somigli", scriveva l'ex ministro berlusconiano. E ora, tutto ad un tratto, la corrispondenza di amorosi sensi tra gli ex nemici sembra dissolta d'incanto. È bastata la dichiarazione di Silvio Berlusconi, pronto a votare insieme a Giorgia Meloni e Matteo Salvini sulla riforma dell'ex Fondo Salva Stati per far svanire l'incanto. Ed ecco che lo studente prediletto del professor Brunetta di buon mattino prende carta e penna per sovvertire il clima da larghe intese. "Serve in tempi rapidi una legge sul conflitto di interessi. È da 30 anni che l'Italia aspetta", scrive sui social Di Maio indossando di nuovo i panni del grillino.

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Di sicuro c'è solo che la mossa ha un tempismo alquanto sospetto. All'indomani dell'annuncio del voto contrario di Forza Italia alla riforma del Mes, Luigi Di Maio rilancia sulla legge sul conflitto di interessi. Proprio lui, magnificato dal deputato azzurro Renato Brunetta, che in una intervista-lettera al Foglio il 28 novembre lo aveva paragonato niente meno che a se stesso. "Caro Luigi tu mi somigli", scriveva l'ex ministro berlusconiano. E ora, tutto ad un tratto, la corrispondenza di amorosi sensi tra gli ex nemici sembra dissolta d'incanto. È bastata la dichiarazione di Silvio Berlusconi, pronto a votare insieme a Giorgia Meloni e Matteo Salvini sulla riforma dell'ex Fondo Salva Stati per far svanire l'incanto. Ed ecco che lo studente prediletto del professor Brunetta di buon mattino prende carta e penna per sovvertire il clima da larghe intese. "Serve in tempi rapidi una legge sul conflitto di interessi. È da 30 anni che l'Italia aspetta", scrive sui social Di Maio indossando di nuovo i panni del grillino.

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Riecheggiano le parole d'ordine dei Cinque Stelle di qualche tempo fa: "Non possiamo più permettere che la democrazia di questo paese sia condizionata dagli interessi di qualcuno". Touché. Puntuale lo sbandamento di Forza Italia. I parlamentari della truppa azzurra guardano sugli smartphone il post del ministro degli Esteri. Lo interpretano alla stregua di una dichiarazione ad orologeria, come la giustizia dei tempi andati. E così succede che una posizione che solo qualche mese fa sarebbe apparsa scontata, adesso coglie di sorpresa la politica. Di Maio vuole una legge sul conflitto di interessi? "È un pizzino a Berlusconi per farlo collaborare con il governo", spiegano da Forza Italia. Anche se il no alla riforma del Mes è pur sempre l'orientamento ufficiale del M5s, ma poco importa nei tatticismi di Palazzo.

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Tra gli stellati però l'esegesi della fuga in avanti sul conflitto di interessi è diversa. Secondo questa lettura il freno alla collaborazione tra Fi e la maggioranza sarebbe poco più di un danno collaterale della lotta intestina al M5s. Sono fonti vicinissime all'ex capo politico a chiarire il senso del messaggio lanciato da Di Maio. Un avvertimento, sì. Ma rivolto alla base dei Cinque Stelle, con l'obiettivo di arginare Alessandro Di Battista e la sua possibile ascesa elettorale nella competizione interna per l'elezione del nuovo organo collegiale che guiderà il Movimento. Ascoltando i suoi, abbiamo l'impressione di un ministro degli Esteri più impegnato a "serrare le fila in vista della votazione su Rousseau per eleggere la segreteria del M5s" che a immaginare quel futuro che aveva disegnato nella sua ambiziosa lettera in dieci punti inviata venerdì scorso al Foglio. Riappropriarsi del totem del conflitto di interessi è funzionale alla conta tra i Cinque Stelle, dunque.

 

L'ipotesi della necessità di ricompattare i ranghi in ottica interna è suffragata dai numeri della lotteria dei "mi fido", iniziativa lanciata una settimana fa dall'Associazione Rousseau. Secondo quanto risulta al Foglio, Di Battista guida la classifica dei like degli attivisti con 624 "mi fido". Di Maio è a 326, preceduto dal senatore e presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, al secondo posto con 329 "mi fido" nonostante le polemiche per le frasi sulla defunta presidente della Giunta regionale calabrese Jole Santelli. Alla roulette russa partecipano tutti gli iscritti, così spunta anche Davide Casaleggio con 227 preferenze. Tra i big si piazza bene Virginia Raggi (313) e il capo politico Vito Crimi si ferma a 100 "mi fido". Con questa geografia interna, il risultato di Dibba in una votazione per l'organo collegiale potrebbe scombinare i piani dei cosiddetti "governisti". Da questo punto di vista non è un caso nemmeno un altro post di Di Maio, condiviso sui social martedì. "O vanno via i Benetton, oppure subito la revoca", il testo di una card con la foto dell'ex capo politico in primo piano e tanto di firma: Luigi Di Maio. "Governista", ma non troppo.

 

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