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Occupy Rousseau. La sfida del M5s a Casaleggio sulla democrazia diretta

Luciano Capone e Valerio Valentini

Cosa succederebbe se tutti i parlamentari, gli eletti e gli iscritti chiedessero di diventare soci dell'Associazione attraverso cui Casaleggio controlla il partito? La classe dirigente del M5s dovrebbe sfidare Davide sul suo stesso terreno: portare la democrazia diretta dove viene solo predicata

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Rousseau è l’entità attraverso cui si sviluppa la “democrazia diretta” del M5s, ma è anche un luogo dove democrazia non ce n’è affatto. Lo raccontiamo da circa tre anni, ovvero da quanto abbiamo rivelato la genesi e lo statuto, fino ad allora segreto, dell’associazione fondata dai Casaleggio padre e figlio: dato che il presidente può essere solo uno dei due “Soci fondatori”, e considerato che uno (Gianroberto) è deceduto pochi giorni dopo la fondazione, ecco che l’altro (Davide) è presidente a vita dell’associazione che gestisce la vita del M5s. Perché secondo il nuovo statuto del partito, scritto da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, il M5S deve obbligatoriamente affidare varie funzioni politiche ed economiche a Rousseau.

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Rousseau è l’entità attraverso cui si sviluppa la “democrazia diretta” del M5s, ma è anche un luogo dove democrazia non ce n’è affatto. Lo raccontiamo da circa tre anni, ovvero da quanto abbiamo rivelato la genesi e lo statuto, fino ad allora segreto, dell’associazione fondata dai Casaleggio padre e figlio: dato che il presidente può essere solo uno dei due “Soci fondatori”, e considerato che uno (Gianroberto) è deceduto pochi giorni dopo la fondazione, ecco che l’altro (Davide) è presidente a vita dell’associazione che gestisce la vita del M5s. Perché secondo il nuovo statuto del partito, scritto da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, il M5S deve obbligatoriamente affidare varie funzioni politiche ed economiche a Rousseau.

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E insomma Casaleggio, mediante la sua associazione, controlla le principali attività del partito, mentre il partito non sa nulla di cosa e come accade nell’Associazione Rousseau. Perché quello che dovrebbe essere il tempio della democrazia diretta è in realtà un club ristrettissimo, composto da sole tre persone: Davide Casaleggio, che è il dominus, il suo braccio destro Enrica Sabatini e il fido Pietro Dettori, già dipendente della Casaleggio Associati. Loro tre sono l’Assemblea e Casaleggio è il presidente-tesoriere-amministratore. E anche per questa asimmetria democratica, oltre che per meri motivi economici, tanti parlamentari del M5s sono riluttanti a versare l’obolo mensile da 300 euro nelle casse di una conventicola refrattaria a qualsiasi controllo dal basso. Questo conflitto sotterraneo è emerso durante gli Stati generali: e ora gli eletti del M5s tentano di ridimensionare il potere di Casaleggio e Casaleggio cerca, attraverso nuovi strumenti su Rousseau, di spostare il potere dagli eletti agli iscritti, che lui riesce meglio a controllare e influenzare. In questo scontro Casaleggio ha dalla sua un’importante arma ideologica: la “democrazia diretta”, che è un valore fondante del grillismo, e che nella pratica vuol dire che il centro decisionale deve essere Rousseau coi suoi metodi e i suoi riti. Ogni deviazione da questo principio si presta all’accusa di “tradimento”, di “abiura”.

 

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In questa dialettica scombiccherata, una novità interessante arriva dalla corrente del M5s “Parole guerriere”, che ha chiesto di entrare a far parte dell’Associazione Rousseau. “Non avendo trovato alcun meccanismo d’ingresso in rete”, i deputati grillini hanno inviato a Casaleggio una richiesta di ammissione in “questa associazione che, attraverso la piattaforma omonima e il Blog delle stelle, incide di fatto sulla vita del M5s”. Secondo le norme che regolano l’associazione, (art. 6 dello Statuto), è Casaleggio che decide chi entra e chi esce da Rousseau. Naturalmente per lui sarà facile ignorare le richieste d’iscrizione di qualche militante, ma cosa succederebbe se tutti i parlamentari, gli eletti e gli iscritti chiedessero di diventare soci di Rousseau? I vertici del M5s, anziché subire il pressing di Casaleggio e Alessandro Di Battista, potrebbero lanciare la sfida della trasparenza e della partecipazione dentro Rousseau. Come può Casaleggio dare lezioni di democrazia diretta se gestisce tutto da un feudo ereditato dal padre che esclude la base degli eletti e degli attivisti?

 

In questi giorni, tra l’altro, Casaleggio ha lamentato mancati introiti per circa 175 mila euro, dovuti ai contributi non versati dagli eletti del M5s, e per questo motivo ha avviato una campagna di autofinanziamento tra gli iscritti. L’apertura di Rousseau risolverebbe anche i problemi economici, perché da un lato salirebbero gli introiti dovuti alle iscrizioni (150 euro è quanto ha versato Casaleggio) e dall’altro verrebbero meno i motivi politici usati dai parlamentari per non versare i 300 euro. Certo, Casaleggio non aprirà mai le porte di Rousseau di sua iniziativa, a meno che non venga costretto, perché per lui vuol dire perdere il controllo totale sul suo giocattolo. Ma è proprio questo il terreno su cui dovrebbe sfidarlo la classe dirigente del M5s: portare la democrazia diretta dove viene solo predicata. Occupy Rousseau.

 

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