PUBBLICITÁ

Ecco perché il M5s deve scegliere se riabilitare il Cav. o ingoiare il Mes

Sono una decina alla Camera e cinque o sei al Senato. Sono gli oltranzisti della truppa grillina, quelli che si oppongono sia alla collaborazione con Berlusconi ("Amico dei mafiosi!") sia al nuovo Fondo salva stati. Ma nel vietnam parlamentare, arriverà la strettoia

Valerio Valentini

Lunedì l'audizione del ministro Gualtieri, prima dell'Ecofin che darà il via libera al nuovo Fondo salva stati. Poi, il 9 dicembre il voto in Aula. E a metà gennaio la ratifica del nuovo trattato. E gli integralisti grillini potrebbero aprire la strada all'ingresso di Forza Italia in maggioranza

PUBBLICITÁ

Non è vero che non si sia preoccupato. A Federico D’Incà, ministro per i Rapporti col Parlamento e conoscitore degli isterismi della truppa, glielo ha chiesto esplicitamente, Giuseppe Conte: “Quanti sono a rischio, sul Mes?”. Rapido consulto coi capigruppo, e poi il responso: “Una decina alla Camera, forse cinque al Senato”. Tanti sarebbero, insomma, i deputati e i senatori grillini che, sull’approvazione alla riforma del Fondo salva stati, il 9 dicembre, potrebbero ammutinarsi. E forse già lunedì, quando Roberto Gualtieri riferirà alle commissioni Finanze, Bilancio e Affari europei congiunte, la consistenza di queste previsioni si farà più solida.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Non è vero che non si sia preoccupato. A Federico D’Incà, ministro per i Rapporti col Parlamento e conoscitore degli isterismi della truppa, glielo ha chiesto esplicitamente, Giuseppe Conte: “Quanti sono a rischio, sul Mes?”. Rapido consulto coi capigruppo, e poi il responso: “Una decina alla Camera, forse cinque al Senato”. Tanti sarebbero, insomma, i deputati e i senatori grillini che, sull’approvazione alla riforma del Fondo salva stati, il 9 dicembre, potrebbero ammutinarsi. E forse già lunedì, quando Roberto Gualtieri riferirà alle commissioni Finanze, Bilancio e Affari europei congiunte, la consistenza di queste previsioni si farà più solida.

PUBBLICITÁ

 

Perché è vero che si è fatto in modo che il ministro dell’Economia venga solo a riferire, senza cioè alcuna conta. Ma è pur vero che un chiarimento servirà, al titolare del Mef, prima di volare a Bruxelles e sedersi a un tavolo delle trattative coi suoi colleghi europei da cui dovrà alzarsi dicendo già una parola di verità. Perché le distanze di merito, sulla ridefinizione dell’architettura del Mes, sono minime: e dunque a Via XX Settembre credono che l’Ecofin di lunedì pomeriggio arrivi già a un’approvazione informale dell’accordo. Per questo Gualtieri vuole ricevere un mandato chiaro, e per il ministro non può che essere uno: “Vedrete che si ammorbidiranno”, ha ripetuto ancora ieri il ministro ai deputati del Pd. Poi però, coi colleghi di governo del M5s che s’impuntavano (“Finché M5s in maggioranza il Mes non sarà usato”), è stato più netto: “Non è che possiamo andare a porre veti come Orbán”.

 

PUBBLICITÁ

Perché in effetti, tra i grillini, la tentazione ci sarebbe. Raphael Raduzzi, della crociata contro la riforma del Mes ne ha fatto una ragione di vita. E certo non demorde adesso. Ma anzi, alla sottosegretaria grillina agli Affari europei, quella Laura Agea che pur condividendo tutte le sue obiezioni specifiche, predica però realismo (“Dobbiamo chiederci se conviene far prevalere gli aspetti tecnici o quelli politici”), insiste nel dire che no, non si può cedere al ricatto del Pd. E insieme a lui c’è il collega Alvise Maniero, e c’è Davide Zanichelli: e insieme si portano dietro buona parte della truppa della commissione Finanze. Il cui capogruppo, Giovanni Currò, rigetta la palla nel campo di Gualtieri: “ché se lunedì verrà a difendere una riforma che risale a prima della pandemia, qualche critica se la sentirà fare”. E del resto alle critiche di merito si sommano i tatticismi strumentali. E alla fronda degli anti-Mes si potrà aggiungere quella di chi, sobillato dal verbo integralista di Dibba e Casaleggio, spera nel caos: e allora ecco Emanuela Corda, Paolo Romano, Giulia Grillo e Francesco Berti. Eccoli, tutti insieme, i dieci deputati che a Palazzo Chigi osservano con preoccupazione. Senza dimenticare, poi, che al Senato i margini sono più risicati: e dunque, se pure a minacciare sfracelli sul Mes è una manciata di eletti  (Alberto Airola, Emanuele Dessì, Barbara Lezzi, Gianluca Ferrara), la situazione non è affatto rassicurante. 

 

Né lo sarà il 9 dicembre, quando la conta dell’Aula ci sarà: perché quel mercoledì a riferire alle Camere verrà Conte, alla vigilia del Consiglio europeo che la riforma del Mes dovrà varare ufficialmente. Certo, il capitombolo della maggioranza non è affatto scontato, visti i consueti equilibrismi nelle risoluzioni più delicate e visto anche il probabile soccorso azzurro. “Ma i numeri contano”, dice Giorgio Mulè, deputato di FI. “E dunque sì, sul Mes noi non potremo che essere coerenti con quel che il Cav. va dicendo da mesi. Ma se i nostri voti risultassero determinanti, si produrrebbe un fatto politico”.

 

E forse è proprio nella consapevolezza che il tabù del Mes si lega a quello di un allargamento di fatto della maggioranza a FI, che nel M5s la questione diventa ingestibile, e i malumori si sommano e s’aggravano. Ieri, mentre si votava tutti insieme sullo scostamento, al Senato il grillino Mattia Crucioli si alzava come a volersi opporre al corso degli eventi, scagliandosi contro quanti, in maggioranza, vorrebbero contaminarsi con un partito “fondato da chi porta avanti le istanze mafiose”. Ma dopo il voto del 9 dicembre, a metà gennaio il Parlamento sarà chiamato a ratificare il nuovo trattato del Mes. E a quel punto, nella strettoia in cui si troveranno, gli oltranzisti del M5s saranno costretti a scegliere tra il votare col Pd ingoiando il rospo, e il sottrarsi agli obblighi di maggioranza spianando la strada al soccorso azzurro. Legittimare il Mes o riabilitare il Cav.?

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ