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Dove va il M5s dopo gli Stati generali. La sintesi di Crimi

Valerio Valentini

Niente terzo mandato, sì alla gavetta. Contratto di servizio per la nuova Rousseau: lo sfregio a Casaleggio. Alleanze territoriali con tutti, prima e dopo il voto. La mancata apertura al Pd e la nuova guida collegiale. Il grillismo si rinnova, tra abiure e conferme. Intanto la deputata Siragusa lascia i Cinque stelle e passa al gruppo Misto

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Conferma del limite dei due mandati, guida collegiale bipartita, aperture ambigue sulle alleanze con altre forze politiche, e un sostanziale ridimensionamento di Rousseau. E’ questo, ridotto all’essenziale, il senso del documento di sintesi che Vito Crimi ha prodotto, all’esito degli Stati generali del M5s. Un riassunto snello, di tre paginette scarse, che tiene conto dei dibattiti sviluppatisi nel corso dello pseudo congresso grillino per quel che riguarda la struttura e le regole interne, e che il reggente ora dovrà sottoporre, per parti separate, al voto degli iscritti in Rete. Seguiranno poi nuovi tavoli di lavoro per definire meglio alcuni aspetti delle riforme approvate, nonché un nuovo confronto dei vari organismi interni per la riscrittura di Statuto, codice etico e regolamenti.

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Conferma del limite dei due mandati, guida collegiale bipartita, aperture ambigue sulle alleanze con altre forze politiche, e un sostanziale ridimensionamento di Rousseau. E’ questo, ridotto all’essenziale, il senso del documento di sintesi che Vito Crimi ha prodotto, all’esito degli Stati generali del M5s. Un riassunto snello, di tre paginette scarse, che tiene conto dei dibattiti sviluppatisi nel corso dello pseudo congresso grillino per quel che riguarda la struttura e le regole interne, e che il reggente ora dovrà sottoporre, per parti separate, al voto degli iscritti in Rete. Seguiranno poi nuovi tavoli di lavoro per definire meglio alcuni aspetti delle riforme approvate, nonché un nuovo confronto dei vari organismi interni per la riscrittura di Statuto, codice etico e regolamenti.

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Resta il limite dei due mandati. E sulle elezioni provinciali l’ennesima abiura

Alcuni big arrivati al loro ultimo giro di giostra c’hanno provato, più o meno apertamente. Ma alla fine la regola resta. “Fatto salvo il limite dei due mandati come vigente, si propone di valorizzare, all’atto della prima candidatura alle istituzioni regionali, nazionali o europee, chi ha effettuato uno o più mandati da consigliere comunale”, si legge nel documento di Crimi. E questo, al netto della scelta di valorizzare quella gavetta sempre snobbata in passato (“Il ministro dell’Economia perfetto? Una mamma con quattro figli che sa far tornare i conti a fine mese”, diceva Beppe Grillo), pone un problema per tanti big, veri o presunti, del M5s. Durante i dibattiti degli Stati generali si era proposto di concedere una deroga: chi aveva già fatto due mandati con posizioni di rilievo, poteva magari candidarsi nei comuni di residenza. Il "mandato meno uno", insomma. Un’altra novità, poi, riguarda le elezioni provinciali. Quelle, ancora due anni fa, il SacroBlog descriveva come “il festival delle correnti e degli accordi nei partiti, tra i partiti. Il MoVimento 5 Stelle, coerentemente con quanto ha sempre sostenuto, non parteciperà a queste elezioni”. Ebbene ora, sempre coerentemente, Crimi cambia idea. “In attesa di una revisione del sistema delle province, prevedere modalità di presentazione di candidature alle elezioni provinciali”, sta scritto nel documento.

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Guida collegiale. E doppia

Addio al capo politico unico e solo. Si torna all’antico: una segreteria e una direzione, come è per quasi in tutti i partiti. “Trasferire le funzioni oggi attribuite al Capo politico ad un organo collegiale, che combini rapidità ed efficienza nell’azione politica”, scrive Crimi. Che, oltre a quest’"organo collegiale", pensa anche a un’altra struttura più allargata: “Attribuire alcune funzioni di indirizzo politico, nonché di convocazione dell’assemblea degli iscritti, ad un organo collegiale ad ampia rappresentatività dei livelli istituzionali, territoriali, anagrafici e di genere”.

 

Lo sfregio a Casaleggio e alla sua Rousseau

Dopo tanto rumore, finalmente la decisione è arrivata: il rapporto esclusivo tra M5s e Rousseau viene almeno parzialmente sciolto, e si passerà a un contratto di servizio. Il che, però, porrà non poche complicazioni a livello burocratico, dal momento che il legame indissolubile tra il partito e la piattaforma di Davide Casaleggio è sancito all’articolo 1 dello Statuto del M5s del 2017. In ogni caso, “la piattaforma tecnologica è uno strumento di servizio a supporto dell’azione politica decisa dagli organi del Movimento e per l’esercizio della democrazia diretta nelle forme e nei modi previsti dallo Statuto”, si legge nel documento di sintesi. “I rapporti con il gestore della piattaforma – prosegue il testo – devono essere regolati da apposito contratto di servizio o accordo di partnership che definisca i servizi delegati, ruoli, doveri reciproci. Tutti i processi relativi a votazioni, bilanci, comunicazione, supporto ai territori devono essere improntati a massima trasparenza e imparzialità”.

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Alleanze sì, ma con cautela

L’aureo isolazionismo, che tanto aureo non era se era di fatto già stato archiviato nella prassi, viene superato. Sia pure “in via eccezionale”, e “in relazione ai singoli sistemi elettorali”, il documento sancisce che “possono essere autorizzate, prima o dopo le votazioni, specifici accordi con altre forze politiche, prioritariamente con liste civiche”. Dunque non solo cartelli elettorali, ma anche accordi a urne chiuse. Quelli che un tempo, dalle parti del SacroBlog, si chiamavano “inciuci”. Non c’è alcun ancoraggio esplicito del M5s al campo del centrosinistra, come previsto, ma solo un vago riferimento all’opportunità a tenere conto delle dinamiche politiche nazionali nel valutare eventuali accordi locali. La alleanze territoriali, infatti, secondo il documento di sintesi possono “avvenire solo sulla base di accordi chiari e percorsi stabiliti di condivisione di programmi, idee e obiettivi, che tenga conto prioritariamente dei livelli territoriali coinvolti ma con un’autorizzazione che avvenga a livello nazionale che tenga conto degli interlocutori e del contenuto degli accordi”. Non è granché, per chi voleva fare del grillismo la quinta colonna del progressismo.

 

La deputata Siragusa lascia il Movimento

Poco dopo la fine degli Stati generali, Elisa Siragusa ha deciso di uscire dal partito, passando al gruppo Misto. Affidato a Facebook il suo lungo sfogo. "Oggi, non a cuor leggero, ho scelto di lasciare il sentiero percorso finora, e di intraprendere una strada nuova, che si allontana definitivamente dal MoVimento 5 Stelle - si legge nel post - Mi sono iscritta al MoVimento 5 Stelle nel 2012, e in tutti questi anni l’ho sempre sostenuto e appoggiato. L’ho fatto perché mi sentivo parte di qualcosa di nuovo, di una rivoluzione culturale, di una speranza di cambiamento per il nostro Paese. La gestione del MoVimento 5 Stelle da parte dei vertici è stata a mio giudizio disastrosa. Abbiamo svenduto un po’ d’anima ogni giorno. Sono tante, troppe, le ragioni e le dinamiche che mi hanno portato a questa scelta, ormai inevitabile. Riponevo negli Stati Generali la mia ultima speranza per veder rinascere il MoVimento, ma sono ormai convinta che nulla cambierà davvero", chiosa la deputata, in rotta con il partito già dal referendum costituzionale, quando si era schierata per il "no". La sua decisione aveva causato un provvedimento disciplinare da parte dei probiviri del MoVimento nei suoi confronti.

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